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Title
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STORIA DELLE DONNE E STORIA DI GENERE IN AUSTRIA: «L'HOMME – ZEITSCHRIFT FÜR FEMINISTISCHE GESCHICHTSWISSENSCHAFT» (1990-1995)
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Creator
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Marina Cattaruzza
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Date Issued
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1996-08-01
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Is Part Of
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Quaderni Storici
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volume
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31
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issue
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92 (2)
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page start
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495
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page end
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504
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Publisher
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Società editrice Il Mulino S.p.A.
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Language
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ita
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Format
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pdf
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Relation
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La volontà di sapere, Italy, Feltrinelli, 1968
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Rights
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Quaderni storici © 1996 Società editrice Il Mulino S.p.A.
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Source
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https://web.archive.org/web/20230920152850/https://www.jstor.org/stable/43778908?searchText=Foucault&searchUri=%2Faction%2FdoBasicSearch%3FQuery%3DFoucault&efqs=eyJsYV9zdHIiOlsiYVhSaCJdfQ%3D%3D&sd=1975&ed=2000&pagemark=eyJwYWdlIjoxMCwic3RhcnRzIjp7IkpTVE9SQmFzaWMiOjIyNX19&groupefq=WyJzZWFyY2hfY2hhcHRlciIsIm1wX3Jlc2VhcmNoX3JlcG9ydF9wYXJ0IiwiY29udHJpYnV0ZWRfdGV4dCIsInJldmlldyIsInNlYXJjaF9hcnRpY2xlIiwicmVzZWFyY2hfcmVwb3J0IiwiY29udHJpYnV0ZWRfYXVkaW8iXQ%3D%3D&ab_segments=0%2Fbasic_search_gsv2%2Fcontrol&refreqid=fastly-default%3Ace0607b41e96b8f02813115f0bf6c36b
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Subject
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the arts of existence
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sexuality
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extracted text
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STORIA DELLE DONNE E STORIA DI GENERE IN AUSTRIA: «L’HOMME - ZEITSCHRIFT FÙR FEMINISTISCHE GESCHICHTSWISSENSCHAFT» (1990-1995)
1. Circa cinque anni £a, ad opera di un gruppo di storiche e filosofe austriache, vedeva la luce il primo numero de «L’Homme - Zeitschrift fur feministische Geschichtswissenschaft», destinata ad affermarsi rapidamente come una delle riviste più prestigiose nel campo della gender history e della storia delle donne, oltre a rappresentare la pubblicazione più autorevole in lingua tedesca per tali ambiti disciplinari1.
Nel primo editoriale del 1990, «L’Homme» dichiarava di aderire a quella prassi storiografica che, attraverso Fapplicazione sistematica della categoria del «genere», si proponeva di sottoporre a revisione paradigmi ed interpretazioni storiche consolidate2. Tale riconsiderazione critica si situava in un più ampio processo di verifica, esteso anche al di là delle scienze umane: «Senza dubbio - si affermava programmaticamente3 - l’equiparazione semantica tra persona (Mensch) e uomo (Man) e il suo generale radicamento in tutti i campi sociali, nonché la sua pretesa di dominio complessivo e sconfinato, sono destinate a subire un processo di erosione. Le scienze, il diritto, l’economia ed altri ambiti sociali ricevono due facce, due corpi, dove finora ne era visibile uno solo» (p. 4). Tale passo contribuisce, tra l’altro, a chiarire la scelta - che può apparire sconcertante - del titolo della nuova rivista: rhomme è categoria tutta da costruire, collocata, non a caso, sotto la cornice vuota del celebre disegno di Leonardo sulle proporzioni della figura umana, esemplificate attraverso un modello maschile. Se e con quale immagine lo spazio all’interno del cerchio e quadrato leonardeschi possa essere riempito, si deciderà in futuro, sembra voler suggerire la cornice vuota. Nella scelta dei contenuti, la rivista si propone di privilegiare in primo luogo il dibattito teorico all’interno della storiografia femminista, la storia sociale delle donne e l’antropologia storica.
Il contributo d’apertura del primo numero, ad opera della filosofa Herta Nagl-Docekal4, è dedicato alla messa a fuoco concet-
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tuale della categoria di «storiografia femminista» e, di conseguenza, al problema del rapporto tra scienza e politica.
Nagl-Docekal, autrice, tra l’altro, di un importante saggio sullo «status scientifico della storiografia»5, sviluppa la propria argomentazione partendo da due diversi presupposti: da una parte evidenziando la ricchezza di elaborazione teorica del femminismo riguardo a possibili forme non gerarchiche di rapporti tra i sessi, dall’altra mettendo in luce come nello stesso discorso illuminista fossero presenti implicazioni egalitarie che a tutt’oggi non hanno trovato applicazione nella riflessione e nella prassi politica6. A partire da tali considerazioni, la «scienza femminista» (feministische Wissenschaft) viene intesa come strumento euristico, valido in ambito interdisciplinare. Persino in contesti scientifici caratterizzati da paradigmi forti, quali la farmaceutica, la biologia o la psicologia sperimentale, rileva Nagl-Docekal, l’approccio femminista ha messo in luce come risposte di laboratorio di soggetti maschili vengano estese arbitrariamente ad ambedue i sessi7.
Nella parte conclusiva di questo affascinante contributo, Nagl-Docekal affronta il problema del rapporto tra storiografia femminista e obiettività scientifica. E questa forse la parte meno convincente e risolta del saggio: certo, i risultati della storiografia femminista devono reggere ad una verificabilità intersoggettiva. E pure vero che le motivazioni (politiche o meno) a monte della scelta di un tema di ricerca, vanno distinte dai risultati della ricerca stessa. AI tempo stesso, l’argomentazione di Nagl-Docekal sembra esprimere una forte preoccupazione rispetto ad una prassi extracognitiva (leggi: impegno politico), oltre ad un’esigenza di ridefinizione radicale dei tradizionali parametri di «vero» e «falso». L’autrice si rifà qui, in primo luogo, alla lezione decostruzionista, volta a mettere in discussione la tradizionale idea di conoscenza ereditata dalla tradizione illuminista, alla base della quale ci sarebbe una ragione di carattere universale, propria a tutti gli uomini e operante nei diversi campi del sapere secondo leggi costanti. Dal punto di vista decostruzionista, invece, la conoscenza dipenderebbe a sua volta da una complessa rete di rapporti di potere e verrebbe elaborata in ambiti fortemente connotati dal punto di vista culturale, sociale, etnico, sessuale, ecc. Smontare i meccanismi di produzione della conoscenza, mettendone in luce il carattere relativo e parziale, rappresenta il compito principale della critica decostruzionista. In un tale ambito argomentativo, viene sottoposta a profonda revisione la stessa idea di «verità storica»8.
Convinta assertrice di un approccio pluralista nell’ambito della storiografia femminista, Nagl-Docekal ne individua l’elemento unifi-
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cante nell’«interesse alla liberazione della donna». Per cui, un criterio extra-disciplinare, viene a fungere da discrimine principale nella caratterizzazione di uno specifico filone di ricerca. Tuttavia, una commistione così stretta tra finalità politica e delimitazione di un ambito disciplinare suscita scarsi consensi anche tra gli esponenti di quel decostruzionismo a cui pure Nagl-Docekal sembra richiamarsi 9.
Sull’annoso tema di come le convinzioni dello studioso influenzino i risultati della ricerca, rimangono, a mio parere, ancora insuperate le osservazioni dello storico tedesco Thomas Nipperdey, prematuramente scomparso alcuni anni fa e convinto assertore del principio di «verità» come ideale normativo. In un saggio del 1979, intitolato «Può la storia essere obiettiva?», Nipperdey affermava:
H problema se un’affermazione sul passato sia vera, è sostanzialmente diverso dal problema di come si sia giunti ad essa. Per esempio, si può arrivare allo stesso giudizio a partire dai motivi più diversi: per convinzioni di tipo dogmatico, per volontà politica, per polemica critica, sulla base di intenzioni puramente conoscitive o sulla base di una certa dose di fantasia. Tutto ciò è pienamente legittimo. Storici con diversi obiettivi politici utilizzano gli stessi concetti; storici che condividono gli stessi punti di vista politici pervengono a risultati diversi. Conservatori in politica possono essere progressisti in storiografia e progressisti in politica conservatori come storici. (...) I motivi e gli interessi, i concetti di valore e le prospettive degli storici sono importanti per il processo attraverso il quale essi giungono ad un giudizio sul passato. L’affermazione stessa sul passato, prescinde però compieta-mente da esso. (...) La sociologia di una scienza è qualcosa di diverso dalla sua logica .
2. «L’Homme» si articola per numeri monografici a cadenza semestrale ed è strutturata in un comparto saggistico, in brevi relazioni sul rapporto donne - istituzioni scientifiche, di carattere più propriamente politico (Aktuelles und Kommentare), ed in una rubrica di recensioni, attinenti per lo più al tema del rispettivo quaderno.
Tra i molti pregi della pubblicazione, mi sembra importante sottolineare in primo luogo il respiro internazionale dei contributi e dei dibattiti11, assieme ad una ricca e meditata riflessione sul rapporto tra donne e istituzione universitaria, in Austria e nel resto d’Europa12.
Pur nell’estrema varietà dei temi trattati nei singoli quaderni-(dall’alimentazione, alla guerra, al commercio, all’omosessualità femminile), la rivista riesce a mantenere una felice continuità ed organicità di ambiti di riflessione, frutto di scelte redazionali meditate e coerenti, attraverso le quali «L’Homme» ha assunto rapidamente una propria originale, inconfondibile fisionomia.
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Detto assai schematicamente, il «grande» tema de «L’Homme» è dato dalla costruzione della polarità sessuale nel passaggio cruciale alla modernità. Tale problematica viene affrontata da diversi punti di vista e con diversi approcci metodologici: dalla costruzione del soggetto maschile pseudouniversale, portatore di diritti di cittadinanza politica, al formarsi di spazi pubblici e privati nettamente separati e connotati sessualmente, al rapporto fra partecipazione (maschile) alla guerra e accesso ai diritti politici, fino ad ambiti di riflessione decisamente «di confine», come quelli relativi alla costruzione semantico-culturale di una corporeità sessuata13. Nell’insieme, tali saggi rappresentano un corpus organico di acquisizioni sulla modernità - con particolare attenzione alla costruzione del discorso simbolico sessuale, operante nei settori più diversi della realtà ad organizzarne i dati e ad attribuirvi significato - la cui portata va assai oltre un contributo meramente «compensativo»14 sulla presenza delle donne nella storia.
A questo robusto filone metodologico-tematico, aperto a recepire le sollecitazioni più nuove degli womens studies in ambito internazionale, si intreccia un percorso di ricerca di storia regionale in area austro-tedesca, caratterizzato soprattutto da contributi di storia sociale.
Un bilancio sulla storia delle donne in Austria è offerto da un limpido saggio di Edith Saurer15 in cui l’autrice, oltre a ricostruire le linee di ricerca percorse e i risultati conseguiti in tale settore negli ultimi quindici anni, affronta alcune questioni di fondo, quali il rapporto tra storia delle donne e storia generale, nonché tra la storia delle donne e le recenti aperture a nuovi campi di indagine (storia della vita quotidiana, antropologia storica, ecc.).
H quadro che ne esce risulta alquanto differenziato. In accordo con le valutazioni di Gianna Pomata16, Edith Saurer considera con scetticismo la possibilità di integrare la storia delle donne in una storia generale di tipo tradizionale. Infatti, secondo la storica austriaca, le «appendici» aggiunte di volta in volta alla storia generale, come il commercio e i traffici, la letteratura o la scienza, non intervengono a modificare, quali elementi costitutivi, una dimensione «generale» ad essi preesistente. Non si può, perciò, auspicare, che la storia delle donne venga a sommarsi, in un analogo rapporto di subordinazione, al corpus principale delle conoscenze storiche. «La rinuncia ci viene resa più facile - afferma Edith Saurer - per il fatto che la storia generale non è altro, di solito, che una formula semplificata per la storia politica, all’interno della quale(non solo) le donne non possono trovare alcuna collocazione»17. E quindi la categoria stessa di «storia generale» che andrebbe messa in discus-
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sione. Ciò, paradossalmente, sebbene proprio in Austria la storia delle donne presenti uno spiccato carattere politico-istituzionale e privilegi temi come le diverse correnti del movimento femminista, la posizione della donna in ambito giuridico, la lotta per la depenalizzazione dell’aborto, l’accesso delle donne all’istruzione superiore, ecc.
Più fruttuoso è risultato lo scambio nell’ambito della storia sociale, in cui, soprattutto sotto l’impulso di Michael Mitterauer e della sua scuola, già a partire dagli anni ’70 sono state affrontate ricerche sulla famiglia, sulla realtà contadina, sulla condizione dei servi o sulle nascite illegittime18. Nel corso di tali ricerche, gli storici si sono trovati a confrontarsi con le condizioni di vita e con la mentalità di uomini e donne appartenenti per lo più ai ceti subalterni, sviluppando quindi una certa sensibilità per la problematica del «genere».
Analizzando i punti di contatto tra storia sociale e storia delle donne, Edith Saurer affronta, sia pure di sfuggita, il grosso nodo del rapporto tra storia delle donne e rispettive storiografie nazionali: infatti, la fruttuosa contaminazione tra storia sociale e storia delle donne in Austria è stata in larga misura facilitata dalla debole valenza politica di tale ambito disciplinare. Nella Repubblica Federale Tedesca, dove la neue Sozialgeschichte ha manifestato fin dall’inizio una forte ed esplicita finalità politica e pedagogico-nazionale, le donne vi sono rimaste a lungo pressoché invisibili. Tali spunti sarebbero meritevoli di ulteriori riflessioni ed elaborazioni, allargate alle diverse tradizioni storiografiche nazionali e alle loro influenze (anche in senso puramente negativo) per il rispettivo configurarsi della storia delle donne19.
Nonostante la funzione pionieristica svolta dalla scuola di Michael Mitterauer nel portare alla superfìcie della conoscenza storica anche soggetti di genere femminile, non si è verificata, in Austria, negli ultimi anni, un’integrazione sistematica tra la storia delle donne e le tendenze più innovative della disciplina, quali la storia della vita quotidiana o l’applicazione di modelli antropologici. La storia delle donne è rimasta assente dalle discussioni di metodo sul primato della struttura, o rispettivamente del «quotidiano», della «società» o della «cultura», sull’ottica macro- o microstorica. Ad una maggiore sinergia tra tali ambiti di ricerca e di dibattito metodologico e la storia delle donne si opporrebbe, secondo Edith Saurer, il carattere «pervasivo» di quest’ultima, che costituisce certo un importante versante della storia sociale, ma che è pure presente nei settori più tradizionali della storia politica e istituzionale.
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3. Per quel che riguarda i contributi più propriamente monografici, su diversi aspetti di storia delle donne in Austria, essi trattano per lo più temi di storia sociale o socio-istituzionale, dal ruolo delle donne nel commercio urbano a Salisburgo, a diverse istituzioni assistenziali (es. orfanatrofi per gli illegittimi), all’impiego femminile in attività di supporto al fronte durante la prima guerra mondiale, al rapporto tra donne e cibo, ecc.20.
Non sempre tali saggi rispecchiano la ricchezza del dibattito metodologico condotto sulle pagine della rivista. E invece spesso riscontrabile un divario - probabilmente inevitabile - tra tesi elaborate in un ambito di riflessione fortemente teorica e ricerche che si muovono entro percorsi metodologici collaudati.
Per organicità ed equilibrio tra riflessione teorica e ricerca empirica si segnala il quaderno intitolato «All’amica?»21, dedicato al lesbismo. Accanto al saggio di Sabine Hack, che prendendo le mosse da Michael Foucault elabora una stimolante riflessione sull’identità sessuale di tipo «binario» (etero- o omosessuale) come funzionale ad una logica di normalizzazione (e quindi di potere), il numero offre numerosi contributi su modelli di amicizia tra donne e esempi di controcultura femminile nel XIX e XX secolo in area tedesca, in alcuni dei quali viene dimostrato in modo convincente come lo stesso concetto di «omosessualità femminile» sia il risultato di un processo di costruzione culturale22. Tra questi spicca una godibilissima ricostruzione dell’attività artistica e dei rapporti personali di un gruppo cabarettistico di Brema, composto da insegnanti donne durante la Repubblica di Weimar23. I saggi raccolti nel quaderno rappresentano effettivamente uno degli esempi migliori di «storiografia femminista» come allargamento del campo di indagine storiografico e di riuscita applicazione al tema dell’omosessualità femminile delle teorizzazioni più recenti sul «genere» come costruzione semantico-culturale. «Solo in via eccezionale - sottolinea qui con orgoglio la redazione - le metodologie applicate nei contributi di questo quaderno avrebbero avuto e hanno una possibilità (per lo meno in Austria) di essere prese in considerazione per tesi di laurea, tesi di libera docenza o per altri riconoscimenti accademici di carattere simbolico e materiale. D’altro canto, lamentare l’esistenza di una discriminazione si scontrerebbe con la pretesa di contribuire all’elaborazione teorica e alla ricerca di base ben al di là di un “posizionamento” tra i “gruppi marginali”» (p. 4).
L’ultimo quaderno de «L’Homme» è dedicato al tema dell’in-terdisciplinarità. Nel saggio centrale del numero, Hilge Landweer e Gudrun-Axeli Knapp24 si confrontano sulla collocazione dell’approccio interdisciplinare nell’ambito degli women’s studies. Ad una
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posizione più pragmatica, sostenuta da Landweer, per cui l’interdi-sciplinarità rappresenterebbe uno dei modi di accesso alla conoscenza, senza assumere per questo carattere normativo, si contrappone la tesi di Knapp, che sostiene che solo un approccio di tipo interdisciplinare possa adeguatamente affrontare la complessità della condizione femminile, svolgendo una funzione critico-decostru-zionista nei confronti di discipline consolidatesi sull’esclusione del soggetto femminile e strutturate secondo un’arbitraria logica gerarchica.
Sembra ripresentarsi qui, a cinque anni dall’uscita del primo numero, quell’ambiguità presente già nel saggio di apertura: la «storiografia femminista» è destinata ad integrarsi - certo criticamente - nel proprio specifico ambito disciplinare, agendo in direzione di un ampliamento dei limiti tematici e metodologici dati, o la sua funzione è piuttosto quella di sovvertire i paradigmi scientifici e le delimitazioni tra le diverse discipline, mettendo in luce la logica di potere ad esse sottesa? Riguardo a tale dilemma, Hilge Landweer fa notare come proprio la pretesa di interdisciplinarità della ricerca orientata in senso femminista possa ostacolarne la recezione da parte delle rispettive discipline di riferimento, producendo una logica di esclusione da una parte e di autoreferenzialità dall’altra, e contribuendo, paradossalmente, a dar vita ad una nuova disciplina: quella degli women’s studies interdisciplinari25.
H confronto con le tesi decostruzioniste e postmoderne, così come l’impostazione francamente politica di alcuni dibattiti, rappresentano comunque elementi «forti» nell’identità della rivista, aperta all’interdisciplinarità26, anticonvenzionale e al tempo stesso rigorosa per quel che riguarda la qualità dei contributi, cosmopolita nel senso migliore, che occupa oggi un posto inconfondibile nell’ambito della riflessione - storica e teorica - sulla realtà femminile e sulle relazioni «di genere», svolgendo, del pari, una preziosa funzione di collegamento tra i risultati della storia delle donne nell’area di lingua tedesca e le elaborazioni sviluppatesi in contesti nazionali e culturali diversi.
Marina Cattaruzza
Università di Trieste
Note al testo
1 Nel 1983 Gisela Bock rilevava come nel panorama internazionale di riviste di storia delle donne, sorte numerose a partire dagli anni ’70, negli Stati Uniti e in Europa, mancassero esempi di corrispondenti progetti editoriali per la Repubblica Federale Tedesca. Cfr. G. Bock, Historische Frauenforschung. Fragestellungen und Perspektiven, in K Hausen (a cura di), Frauen suchen ihre Geschichte, Munchen 1983, pp. 22-60, in particolare pp. 22 ss., 50. A
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partire dal secondo numero del 1995, la redazione - fino allora esclusivamente austriaca -de «L’Homme» è stata integrata con Susanna Burghartz da Basilea, Ute Gerhard-Teuscher da Francoforte, Regina Schulte da Bochum, Karin Hausen e Claudia Ulbrich da Berlino. In seguito a tale integrazione del comitato di redazione, «L’Homme» è, a tutti gli effetti, la principale rivista di storia delle donne e gender history per i paesi di lingua tedesca.
2 Fondamentale, sulle implicazioni teoriche ed epistemologiche dell’uso del gender in storiografìa, il saggio ormai classico di J. Wallace Scott, Gender: a Use fui Category of Hi-storical Analysis, ora in Id., Gender and thè Politics of History, New York 1988, pp. 28-52. Ma vedi al riguardo anche gli altri saggi pubblicati nella raccolta. Sulle tematiche legate al gender esce dal 1981 la rivista storica «Gender & History».
3 Editorial, in «L’Homme ZFG», I (1990), 1, pp. 3-5.
4 H. Nagl-Docekal, Feministische Geschichtswissenschafs - ein unverzichtbares Projekt, in ibid., pp. 7-18.
5 Id., Die Objektivitàt der Geschiehtswissensehaft. Systematische Untersuchungen zum wis-senschaftlichen Status der Historie, Wien-Mùnchen 1982.
6 Sul rapporto contraddittorio e ricco di tensione tra i valori emancipatori universali dell’illuminismo e la costruzione del soggetto femminile nella società borghese dell’Ottocento europeo cfr. per es. U. Frevert (a cura di), Bùrgerinnen und Bùrger. Geschlechterver-haltnisse im 19. Jahrhundert, Gòttingen 1988.
7 Nagl-Docekal, Feministische Geschiehtswissensehaft cit., pp. 14 s. Riflessioni analoghe, sviluppate tenendo presenti le tesi di Michael Foucault sui modi in cui una specifica forma di conoscenza si afferma come assoluta e neutrale, in J. Flax, Postmodemism and gender relations in feminist theory, in «Signs: Journal of Women in Culture and Society», 12 (1987), 4, pp. 621-643.
8 Una buona sintesi dei capisaldi del «discorso» postmoderno pure in Flax, Postmodemism and gender relations cit.
9 Sull’opportunità dell’astinenza della storiografìa (e, più latamente, della cultura) rispetto alla politica, cfr. le convincenti argomentazioni di F.R. Ankersmit, formulate a partire da quel punto di vista postmoderno, che Nagl-Docekal sembra condividere: «Along with poetry, literature, painting, and thè like, history and historical consciousness belong to culture, and no questions can meaningfully be asked about thè usefulness of culture. Culture, of which historiography is a part, is rather thè background from which or against which we can form our opinion concerning thè usefulness of, for example, certain kinds of scientifìc research or certain politicai objektives. For that reason Science and politics do not belong to culture; if something can have a use or a disadvantage or enables us to manipulate thè world it is not a part of a civilization. Culture and history defìne use, but cannot themselves be defìned in terms of usefulness. They belong to thè domain of thè “absolute presupposi-tions”, to use Collingwood’s terminology. This is also thè reason that politics should not interfere with culture». Da F.R. Ankersmit, Historiography and postmodemism, in «History and Theory», 2 (1989), p. 139.
10 Cfr. T. Nipperdey, Kann Geschichte objektiv sein?, ora in Id., Nachdenken ùber die deutsche Geschichte, Mùnchen 1986, pp. 218-234, in particolare p. 227.
11 La dimensione internazionale della rivista non si esprime solo nell’attenzione e tempestività con cui «L’Homme» riporta i dibattiti e le elaborazioni più significative prodotte nell’ambito degli women’s studies anglosassoni, francesi e italiani, ma pure nello sguardo «a tutto tondo», in cui vengono ad essere compresi anche fenomeni come l’emancipazione femminile in Turchia, la cultura maschile in Slavonia e Montenegro o gli studi sul lesbismo in Olanda. Cfr. per es., accanto alle interviste con «star» della storia delle donne come Natalie Zemon Davis e Michel Perrot, D. Kraakman, Im Westen nichts Neues? Lesbenfor-schung in den Niederlanden (IV/1, 1994); A. Durakbasa, Halide Ebid Adivars Memoiren. Der Werdegang einer tùrkischen Schriftstellerin und Intellektuellen (D/2, 1991); K Kaser, Hirten, Helden und Haiduken. Zum Mùnnlichkeitskult im jugoslawischen Krieg (ID/1, 1992).
12 Cfr. per es. A. Baldauf, A. Griesebner, K. Taschwer, Aufder Suche nach mòglichen Ursachen fur die Unterreprasentanz von Wissenschaftlerinnen im universitàren Feld Osterreichs (II/2, 1991); B. Mazohl-Wallnig, Einige Gedanken zum 38. Deutschen Historikertag in Bochum, 26.-29. September 1990 (D/l, 1991); Id., Ùn-gleichheit hinter dem Katheder. Ein kom-mentierter Situationsbericht ùber das stati(sti)sche Verhaltnis der Geschlechter an Osterreichs Uni-versitaten (1/1, 1990). Per un eccellente esempio di ricostruzione «genealogica» della presenza femminile nella professione storica negli Stati Uniti cfr. J. Goggin, Challenging Sexual
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Discrimination in thè Historical Profession: Women Historians and thè American Historical As-sociation, 1890-1940, in «American Historical Review», XCVII (1992-93), pp. 761-802. In Italia, riflessioni sulle tracce di presenze femminili nell’ambito della storiografìa novecentesca risultano quasi del tutto assenti (ove si eccettui il doveroso recupero dell’opera e della figura di Franca Pieroni Bortciotti). Ritengo significativo, al riguardo, che il volume collettaneo a cura della Società Italiana delle Storiche, Generazioni. Trasmissione della storia e tradizione delle donne (Torino 1993), sia concepito in un’ottica di completa separatezza rispetto alla cosiddetta «storiografìa ufficiale».
13 Cfr., senza pretesa di completezza, B. Mazhol-Wallnig, M. Friedrich, «... und bin doch nur ein einfàltig Màdchen, deren Bestimmung ganz anders ist...». Màdchenerziehung und Weiblichkeitsideologie in der burgerlichen Gesellschaft (D/2, 1991); C. Faure, Weibliche Intel-lektuelle und Staatsburgerschaft. Frankreich von der Revolution bis zum Zweiten Kaiserreicb (1781-1870) (ibid.); M. Rumpf, Staatliches Gewaltmonopol, nationale Souverànitàt und Krieg. Einige Aspekte des ‘mànnlichen Zivilisationsprozesses’ (DVl, 1992); C. Opitz, Von Frauen im Krieg zum Krieg gegen Frauen. Krieg, Gewalt und Geschlechterbeziehungen aus historischer Sicht (ibid.); S. Hark, Einsàtze im Feld der Macht. Lesbische Identitàten in der Matrix der Heterose-xualitàt (IV/1, 1993); L. Davidoff, «Alte Hùte». Òffentlichkeit und Privatheit in der feministi-schen Geschichtsschreibung (TV/2, 1993); B. Hey, Die Entwicklung des gender-Konzepts vor dem Hintergrund poststrukturalistischen Denkens (V/l, 1994); M.-L. Angerer, Zwischen Ekstase und Melancholie: Der Kòrper in der neueren feministischen Diskussion (ibid.); P. Thane, Woblfahrt und Geschlecht in der Geschichte: Ein partieller Uberblick zu Forschung, Theorie und Methoden (V/2, 1994).
14 Sulla problematica dell’approccio «compensativo» cfr. G. Lerner, The Majority Finds its Past: Placing Women in History, New York-Oxford 1979.
15 E. Saurer, Frauengeschicbte in Osterreich. Eine fast kritische Bestandsaufnahme, in IV (1993), 2, pp. 3-63.
16 Cfr. G. Pomata, Storia particolare e storia universale: in margine ad alcuni manuali di storia delle donne, in «Quaderni storici», XXV (1990), pp. 341-3 87.
17 Saurer, Frauengeschicbte in Osterreich cit., p. 39.
18 Cfr. per una panoramica sulla storia sociale austriaca J. Ehmer, A. Mùller, Sozialge-schichte in Osterreich. Traditionen, Entwicklungsstrànge und Innovationspotential, in J. Kocka (a cura di), Sozialgeschichte im intemationalen Uberblick. Ergebnisse und Tendenzen der Forschung, Darmstadt 1989, pp. 101-140. Cfr. inoltre, a titolo esemplificativo, M. Mitterauer, R. Seder, Vom Patriarchat zur Partnerschaft, Mùnchen 1977; E. Bruckmùller, Sozialgeschichte Ósterreichs, Wien 1985; M. Mitterauer, Ledige Mùtter; zur Geschichte illegitimer Geburten in Europa, Mùnchen 1983; J. Ehmer, Familienstruktur und Arbeitsorganisation im fruhindustriellen Wien, Wien 1980; R. Sandgruber, Die Anfànge der Konsumgesellschaft. Konsumgùterverbrauch, Lebensstandard und Alltagskultur in Osterreich im 18. und 19. Jabrbundert, Wien 1982; M. Mttteràuer, Sozialgeschichte der ]ugend, Frankfurt 1986; R. Seder, Geschichte der Familie. Vom 18. Jahrhundert bis zur Gegenwart, Frankfurt 1987.
19 Ormai classica sulla finalità politico-pedagogica della Neue Sozialgeschichite la presa di posizione critica di Thomas Nipperdey. Cfr. T. Neperdey, Weblers «Kaiserreicb». Eine kritische Auseinandersetzung, ora in Id., Gesellschaft, Kultur, Theorie. Gesammelte Aufsàtze zur neueren Geschichte, Gòttingen 1976, pp. 360-389. Per un primo tentativo di comparazione tra trattazione della realtà femminile e tradizione storiografica limitatamente alla storia medioevale cfr. S. Mosher Stuard, Women in medieval history and historiography, Philadelphia 1987.
20 Cfr. per es. R. Sandgruber, Das Essen der Arbeiterfrauen. Geschlechtsspezifische Konsu-munterschiede in Arbeiterhaushalten (D/l, 1991); H. Schmidt-Waldherr, Emanzipation durch Kuchenreform? Einkiichenhaus versus Kuchenlabor (ibid.); I. Bandhauer-Schòffmann, E. Hor-nung, Von der Trummerfrau auf der Erbse. Emàhrungssicherung und Uberlebensarbeit in der unmittelbaren Nachkriegszeit in Wien (ibid.); C. Hàmmerle, «Wir strickten und nàhten Wàsche fur Soldaten...» Von der Militarisierung des Handarbeitens im Ersten Weltkrieg (10/1, 1992); R. Wall, Einige Ungleichheiten bei Gesundheit und Emahrung von Knaben und Màdchen in Eng-land und Wales im 19. und 20. Jahrhundert (V/l, 1994); S. Zimmermann, Das Geschlecht der Fùrsorge. Kommunale Armen- und Wohlfahrtspolitik in Budapest und Wien 1870-1914» (V/2, 1994); I. Matschinegg, V. Pawlowsky, R. Zechner, Mutter im Dienst Kinder in Kost. Das Wiener Findelhaus, eine Fùrsorgeeinrichtung fur ledige Frauen und deren Kinder (ibid.); S.B. Mittermeer, Die Jugendfursorgerin. Zur Professionalisierung der sozialen Kinder- und Jugendar-
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Marina Cattaruzza
beit in der Wiener stadtischen Fùrsorge von den Anfàngen bis zur Konstituierung des Berufsbildes Ende der 1920er Jabre (ibid.)-, G. Barth-Scalmani, Salzburger Handelsfrauen, Fràtschlerinnen, Fragnerinnen: Frauen in der Welt des Handels am Ende des 18. Jahrhunderts (Wl, 1995).
21 H titolo del quaderno (IV/1, 1993) esprime un’ambiguità semantica intraducibile in italiano. Può infatti essere letto sia al dativo (All’amica?), o come dissonante nominativo maschile (Lo amica?). H gioco di parole rimanda all’identità sessuale delle lesbiche - non necessariamente codificata come femminile - e, più generalmente, all’attribuzione sessuale come processo culturale.
22 Cfr. per es. il saggio di M. Gòttert sui rapporti di coppia e comunanza di vita (Le-bensgemeinschaft) tra militanti del primo movimento femminista tedesco «... als wùrde die geheime Krafi der Erde einem mitgeteilt!». Frauen, ibre Freundschaften und Beziehungen in der alten Frauenbewegung, in cui elementi del rapporto che oggi verrebbero interpretati in modo univoco come omosessuali non venivano tematizzati come tali. Il saggio è inoltre ricco di indicazioni sul potere di tipo carismatico esercitato dalle esponenti maggiori del movimento femminista.
23 H. Cyrus, «Es war herrlich, berrlich berrlicb». Ein weibliches Beziehungsgeflecht und Beziehungssystem am Beispiel bremischer Lehrerinnen und ibrer Kabaretts unter dem «Direktor» Meta E. Schmidt.
24 G.-A. Knapp, H. Landweer, «Interdisziplinaritàt» in der Frauenforscbung: Facetten einer Diskussion (Vl/2, 1995). Delle due autrici, nessuna ha una formazione specificamente storica. Gudrun-Axeli Knapp è infatti psicoioga sociale e sociologa, con interessi di filosofìa e comparatistica culturale, mentre Hilge Landweer è filosofa, con interessi per le scienze sociali e culturali.
25 Nell’ambito del contributo, non si arriva ad una vera e propria messa a fuoco concettuale di termini come Frauenforscbung (ricerca sulle donne) e feministiscbe Wissenschaft (scienza femminista), che vengono usati come sinonimi. Un’analoga, non risolta ambiguità, si riscontra, a mio parere, tra i termini feministiscbe Geschichtswissenschaft (scienza storica femminista), che funge da impegnativo sottotitolo della rivista, e Frauengeschichte (storia delle donne). Più pregnante risulta invece il concetto di gender history, in cui l’approccio di tipo relazionale tra i sessi è chiaro e dichiarato. Per un giudizio assai critico sul «feticcio dell’in-terdisciplinarità» cfr. poi A. De Clementi, Memoria und die Emeuerung der italienischen Hi-storiographie, in «L’Homme», V (1994), 1, pp. 138-140.
26 Alcuni aspetti del dibattito teorico che viene svolgendosi sulle pagine de «L’Homme» sono diffìcilmente riconducibili ad una dimensione specificamente storiografica, come nel caso della discussione delle tesi temerarie di Judith Butler sulla percezione del corpo sessuato, che avverrebbe in un ambito discorsivo-culturale, al di là di un sostrato biologico-anatomico incerto e inconoscibile. Sulle tesi di Judith Butler cfr. soprattutto i contributi pubblicati nel secondo numero del 1995, sotto la rubrica Identifikation und Phantasie. Zur Konstruktion von Geschlechtsdifferenz. Diskussion mit Judith Butler. Cfr. anche la recensione a cura di H. Nagl-Docekal: J. Butler, Das Unbebagen der Geschlechter, in «L’Homme», IV (1993), 1, pp. 141-148.