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Title
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DIECI ANNI DI STUDI AUSTRIACI DI STORIA DELLA CRIMINALITÀ E DEL DIRITTO PENALE
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Creator
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Edith Saurer
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Date Issued
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1982-04-01
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Is Part Of
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Quaderni Storici
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volume
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17
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issue
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49 (1)
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page start
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217
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page end
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225
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Publisher
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Società editrice Il Mulino S.p.A.
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Language
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ita
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Format
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pdf
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Relation
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Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Italy, Einaudi, 1976
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Rights
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Quaderni storici © 1982 Società editrice Il Mulino S.p.A.
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Source
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https://web.archive.org/web/20230921123827/https://www.jstor.org/stable/43777035?searchText=Foucault&searchUri=%2Faction%2FdoBasicSearch%3FQuery%3DFoucault&efqs=eyJsYV9zdHIiOlsiYVhSaCJdfQ%3D%3D&sd=1975&ed=1999&pagemark=eyJwYWdlIjozLCJzdGFydHMiOnsiSlNUT1JCYXNpYyI6NTB9fQ%3D%3D&groupefq=WyJzZWFyY2hfY2hhcHRlciIsIm1wX3Jlc2VhcmNoX3JlcG9ydF9wYXJ0IiwiY29udHJpYnV0ZWRfdGV4dCIsInJldmlldyIsInNlYXJjaF9hcnRpY2xlIiwicmVzZWFyY2hfcmVwb3J0IiwiY29udHJpYnV0ZWRfYXVkaW8iXQ%3D%3D&ab_segments=0%2Fbasic_search_gsv2%2Fcontrol&refreqid=fastly-default%3A1bed226de66286658e0c50b09b0336c6
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Subject
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surveillance
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institutions
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extracted text
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DIECI ANNI DI STUDI AUSTRIACI DI STORIA DELLA CRIMINALITÀ E DEL DIRITTO PENALE
1. Premessa
Il contributo austriaco alla storia della criminalità e del diritto penale è attualmente ancora molto modesto. Per esempio, un confronto con i risultati esposti da Victor Bailey in questa stessa rivista (n. 45, agosto 1980) lascia imo storico austriaco quasi rassegnato a lasciar cadere la penna e a risparmiarsi il poco che ha da dire. Resta però da ricordare che, di fatto, attraverso e all’interno di alcune pubblicazioni, si è avviata una discussione, che prima o poi dovrà esprimersi in veri e propri lavori.
Negli ultimi dieci anni la storia sociale è stata coltivata intensamente. È però vero che né l'interesse per i gruppi marginali né quello per il controllo sociale sono da attribuire primariamente o decisivamente a questa cultura storico-sociale. Troppo forte era in questi anni la discussione politica intorno al tema della criminalità e del diritto penale, andata al di là dei «romanzi gialli quotidiani» (Cfr. per questa espressione Kurt Langbein, nella «Kriminalsoziologische Bibliographie», n. 6). Nel corso degli anni Settanta c’è stata una escalation di dibattiti sulla «sicurezza», opportunamente collegata anche alle riforme della legislazione penale e alla connessa problematica della «umanizzazione» nell’esecuzione delle pene: si trattava però in questo caso, così come nel caso della depenalizzazione di determinati delitti (aborto, omosessualità) di. materie di discussione fra partiti politici. E in questo clima si rafforzava il problema del reale significato del crimine e della funzione del diritto penale.
Traduzione dal tedesco.
QUADERNI STORICI 49 a. XVII, n. 1, aprile 1982
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2. Concetti in discussione
La criminalità storica è stata a lungo dominata in Austria, e lo è tuttora in parte, da giuristi e da studiosi locali, e già verso la fine dell'Ottocento la situazione era più o meno questa (per i suoi esponenti, cfr. Pilgram, Kriminalitat), anche se non si può parlare di vera e propria continuità. Al contrario, come generalmente nel caso della storia economica e sociale, c'è piuttosto una frattura, causata dallo sviluppo politico dagli anni Trenta. Perciò anche il lavoro pubblicato nel 1924 da Max Adler, Fabrik und Zuchthaus (cioè Fabbrica e carcere: ma non si tratta di Adler teorico austromarxista) è rimasto del tutto dimenticato, benché in esso fossero discusse questioni estremamente attuali. Al di là di ima critica del moderno concetto di lavoro come pilastro della ricerca individuale di guadagno, egli analizza il crescente discipli-namento sociale, che definisce come «industrializzazione della vita». Il punto centrale della sua polemica è lo Stato-Moloch, responsabile della formazione del proletariato moderno: «il perno nel rullo compressore sussurrante», responsabile sia della fabbrica sia del sistema carcerario.
Oggi la discussione è stata animata dalla sociologia criminale. È del 1973 il primo numero della «Kriminalsoziologische Biblio-gnaphie», che all'inizio commentava criticamente soltanto la ricerca internazionale, ma che presto è diventata luogo di quei dibattiti sul diritto penale e sui fenomeni della criminalità, che hanno preparato, nel 1979, il primo numero della «Criminalogia storica». Pure nel 1973 comparve il primo grosso lavoro di storia criminale, Dos Wiener Kriminalgericht (Il tribunale penale di Vienna) del giurista Hartl. Egli tratta la criminalità sia come fenomeno naturale, sia sociale: «Nel delinquere, l'occhio avvertito scopre da un lato i duraturi, esterni problemi dell'umanità, dall'altro però anche le conseguenze della situazione politica, economica e sociale di un popolo» (p. 282). Più avanti Hartl si sofferma su di imo stretto legame fra miseria e delinquenza.
Per la sociologia, partendo dallo sviluppo della criminalità nella Seconda Repubblica, la situazione si è posta in modo diverso. L'aumento della delinquenza non risulta determinato da sfavorevoli condizioni economiche, ma è piuttosto «una conseguenza di un dato comportamento politico nell'affrontare il problema economico» (Pilgram, op. cit.r p. 186). Nei periodi di dura politica di stabilità, pagata da sicurezza e qualità di lavoro, la statistica criminale presenta una tendenza ascendente. Simili osservazioni si indirizzano già, come si vede, nel senso di ima
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«criminalizzazione», cioè verso la delinquenza come fenomeno di definizione sociale.
Un’elaborazione storico-sociale del diritto penale è tuttora carente: la critica alla classica opera di Rusche e Kircheimer su struttura sociale e pena (Sozialstruktur und Strafvollzug, 1974), nella misura in cui è stata svolta da parte austriaca, riguarda il fatto che la dimensione economica viene sopravvalutata a spese di quella politica (Steinert-Treiber). Al contrario viene sottolineato il significato del diritto penale quale «manifestazione di dominio» (come riflesso di ricerche inglesi: D. Hay). Si devono osservare certe tendenze al riapprezzamento del diritto penale àe\YAncien regime (cfr. Ogris, Maria Theresia: Hartl, Kriminalgeri-cht), specialmente come richiamo al potere assoluto di grazia del re e del procedimento inquisitoriale: due provocazioni per la teoria illuministica e liberale del diritto penale.
Michel Foucault, che affronta quei fenomeni dall’altro lato — soprattutto attraverso la critica del moderno sistema punitivo — è stato spinto nel suo libro Sorvegliare e punire (ed. tedesca, 1976) verso interessi critici (si veda il numero speciale della «Kriminalsoziologische Bibliographie», Foucault, 5, 1978). Probabilmente è soprattutto a questa tesi del disciplinamento che alcuni, che si occupano della storia della delinquenza e dunque del sistema penale, tendono l'orecchio: la storia dei carceri ritorna storia della società.
3. Alcuni risultati di ricerca
La storia dell’Austria, nella misura in cui venga compreso il suo assetto storico specifico, offrirebbe molti elementi per una analisi comparata dell’evoluzione della criminalità, a causa delle estreme differenze di sviluppo economico e sociale fra i suoi vari Lànder. Ma poiché in epoca moderna il materiale documentario non è stato elaborato, i risultati sono molto frammentari. Grazie alle statistiche pubblicate, la situazione per il XIX e XX secolo diventa molto migliore.
A Vienna dalla fine del Settecento e inizi dell’Ottocento il furto rappresentava 1’80% dei reati. La difesa della proprietà veniva perseguita con forza. Dal 1787 la pena di morte fu abolita, salvo che sotto la legge marziale: proprio per questo, il furto veniva denunciato con maggiore facilità, soprattutto quello ad opera di domestici. Non si può peraltro verificare la medesima tendenza per esempio nel Lombardo-Veneto (Hartl, Kriminal-gericht), dove significativamente il furto riguardava più di rado la
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categoria dì delitto. Il grande contributo delle donne alla criminalità (che era del 3096, mentre è di circa il 1396 neH'Austria di oggi), si spiega in gran parte con la rigorosa criminalizzazione dei reati commessi dalla servitù. Anche durante la rivoluzione del 1848 fu assicurata ima forte difesa della proprietà, della quale si occupavano sia la Legione accademica sia la Guardia nazionale (Hartl, Revolution). Sarebbe interessante esaminare l'evoluzione dei tipi di delitto nei decenni seguenti alla rivoluzione, cioè dopo lo scioglimento giuridico dei rapporti feudali fra Grundherren e Bauern, per chiedersi se al declino delle piccole pratiche illegali (come per es. il contrabbando, ma anche la resistenza violenta alle imposte) corrisponde una ancora più forte criminalizzazione dei furti (Saurer).
L'interesse degli storici austriaci si è appuntato già da molto tempo sull'esecuzione delle pene, mentre la storia del diritto penale e dei delinquenti è assente quasi completamente. Così una monografia ed alcuni saggi furono dedicati alle case di lavoro e di pena, che vennero stabilite in Austria dalla fine del XVII secolo. Sia l'obiettivo economico, sia quello del disciplina-mento di lavoro non risultavano. Stekl cita come spiegazione anche l'orario quotidiano negli istituti, che alternava lavori casalinghi, insegnamento religioso, attività manuali, senza lasciare spazio all'apprendimento di attività industriali. Era piuttosto l'intimidazione a contribuire al disciplinamento: «Labore et fame», stava scritto sull'ingresso delle case viennesi di lavoro e di rieducazione, un motto che indubbiamente sottolineava il loro carattere punitivo. Ne derivò che con la loro multifunzionalità questi stabilimenti oscillassero tra finalità diverse, dall'assistenza ai poveri all'utilizzo del lavoro come fattore produttivo, alla punizione, al recupero sociale, alla custodia e prevenzione (Stekl e Valentinitsch, Anfcinge). Solo verso la fine del Settecento iniziò una differenziazione in questo ventaglio di obiettivi ed emersero case di pena con esclusivo carattere punitivo. Assai caratteristico per la vita quotidiana nelle case di lavoro risulta il fatto che la casa di pena era molto preferita ai lavori forzati, dove non mancava mai l'idea del profitto, per cui l’alimentazione era molto peggiore che negli stabilimenti di rieducazione. Sulle storie di vita degli internati sappiamo purtroppo assai poco, anche se la loro vita quotidiana nelle case di lavoro è stata descritta con precisione (Stekl). Mendicanti e vagabondi erano infatti oggetto di innumerevoli ordinanze e leggi dello Stato, dalle quali apprendiamo solo la loro discriminazione come buoni a niente e fannul-
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Ioni nonché le misure che furono escogitate per la loro «eliminazione»: invece sappiamo ben poco sul loro contesto sociale, la loro vita per le strade, i loro rapporti con altri ambienti della società. È evidente comunque che nel tardo Ottocento la maggior parte degli internati di questi istituti erano in età fra i 21 e i 50 anni. Ciò lascia pensare che mendicità e vagabondaggio non avessero ima base sociale e che avessero molto peso fattori diversi dalla disoccupazione.
Nella legislazione correzionale austriaca del 1885 non si faceva alcuna differenza fra gente in cerca di lavoro e vagabondi (Stekl). Così nelle case di lavoro affluivano i disoccupati. Erano rappresentati anche alcolisti e senzatetto, gli unici che rimanevano volontariamente. Fino alla differenziazione fra case di lavoro e di pena, per farsi rinchiudere non bastava essere vagabondo. Così dimostrano almeno i protocolli d'assegnazione nella casa di Graz (Valentinitsch, Zuchthaus): questo delitto coincide con quelli del furto, contro il buoncostume e contrabbando di tabacchi. I mandati di cattura di quello stesso tempo, il Settecento, fanno apparire il vagabondo come un ladro (Roth). Ma attribuzioni stereotipate si troverebbero facilmente nei mandati di cattura. Si veda anche il vagabondo in gruppo, molto spesso (38%) accompagnato da donne, che dovevano aiutarlo a rubare.
Nel Seicento per i lavori di fortificazione non venivano chiamati solo criminali gravi, ma anche «bambini mendicanti» (Csen-des, Stadtgraben). Invece quelli ceduti alle galere della Repubblica di Venezia nel XVII secolo, oppure al principio del Settecento, a quelle del Regno di Napoli (nel periodo in cui rimase sotto il dominio austriaco) si prendevano dai condannati a morte o all'ergastolo. A Napoli i prigionieri dovevano mettere in movimento quattro galere imperiali (Posch). Questo tentativo era però condizionato dalla lunghezza del viaggio e dalle sue grosse difficoltà: spesso i destinati alla pena della galera fuggivano.
Sulla crudeltà del diritto penale delVAncien Regime fu scritto molto specialmente dai giuristi liberali dell'Ottocento; oggi rinasce Tinteresse su questo punto. Dati delle esecuzioni si trovano solo per caso. Il calcolo elaborato da Csendes per Vienna nel XVII secolo dà una media di 30,6 esecuzioni per anno, su di una popolazione intorno a 50.000 abitanti (Csendes, Strafgerichtsbar-keitf e Steinert, Treiber, nella loro discussione di Rusche-Kirch-heimer calcolano dati più bassi). Un punto nodale della storia criminale austriaca sta nella storia di come si effettuavano le pene, poiché essa implica gli orientamenti generali dello Stato.
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D'altra parte non esiste, o non esiste ancora, una storia sociale dei gruppi marginali.
4. Le fonti e i loro problemi
Le statistiche criminali vengono discusse di solito soprattutto in rapporto con la «cifra oscura»: sono vivissime le controversie suirinteipretazione di questa e sul suo significato. Pilgram ha accennato a quei «filtri sociali» che caratterizzano la costruzione di statistiche criminali (Pilgram, Kriminalitàf): le persone, la polizia, la magistratura penale, al posto dell'accaduto. In questo procedimento però non sempre si perde la realtà, anzi all'opposto si colgono per la prima volta alcuni fatti sociali. In questo senso il concetto di «cifra oscura» deve perdere completamente significato, poiché criminalità e criminalizzazione diventano equivalenti: così Pilgram per i suoi dati sulla «criminalità» della 2a Repubblica usa ugualmente il termine «criminalizzazione». Però in base a questa interpretazione viene messo in evidenza solo un aspetto della realtà.
L'indicazione della «cifra oscura» è collegata nella politica quotidiana con la richiesta di una più forte repressione. Per lo storico, che si confronta con i gruppi emarginati in quanto portatori di protesta sociale e indicatori di rotture sociali, la cifra oscura è necessariamente importante: risponde almeno parzialmente alla questione del successo di norme statali, del consenso sociale, della resistenza a queste norme. Un diritto penale che viene negletto da tutti, perde la sua validità. In alcuni casi è facile calcolare la magra riuscita di queste norme: così nel campo del diritto penale finanziario. I dati statistici vengono pubblicati dagli anni Quaranta dell'Ottocento; ma siccome sono anche noti i premi delle imprese assicurative per il contrabbando, spesso molto basso, si sa che i dati ufficiali riportano solo il 10-20% delle imprese illegali (Saurer).
Naturalmente le statistiche criminali austriache pongono ancora molti altri problemi pratici. Esse compaiono nella documentazione statistica a stampa, sia pure molto disordinatamente, fin dal 1828. Comunque, i cambiamenti istituzionali nel sistema legislativo e penale negli anni '40 e '50 dell'Ottocento complicano ima analisi settoriale prolungata. E qui si aggiungono i problemi della diversificazione amministrativa dei vari Lander della Monarchia austriaca. Per il periodo anteriore alle statistiche stampate esistono daU'ultimo terzo del Settecento tabelle mensili dei tribunali (Hartl, Kriminalgericht), a cominciare dai protocolli
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della Confraternita della morte, che era responsabile della sepoltura di cadaveri e del conteggio delle esecuzioni avvenute (Csen-des, Strafgerichtsbarkeif): questi ultimi dati consentono solo di calcolare il numero delle condanne a morte eseguite effettivamente.
I mandati di cattura, a stampa (Gaunermandaten), la cui vendita era proibita, sono interessanti, anche se stereotipati, per cogliere la tipologia dei ricercati. Si tratta oltre tutto di mandati cumulativi: uno di essi comprende (per la Stiria nel 1713) 294 nomi, relativi a 221 uomini e a 73 donne.
Non può esserci dubbio che gli archivi austriaci, anche quelli relativi alla giustizia patrimoniale, potranno aprire a loro volta ima quantità di strade al moderno storico della criminalità: presupposto che resti vivo l'interesse per i gruppi marginali e per il controllo sociale, c'è da aspettarsi che la storiografia criminale in Austria nei prossimi anni riuscirà a colmare parecchie lacune.
Edith Saurer
Università di Vienna
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