L'educazione totale

Item

Title
L'educazione totale
Creator
Claudio Milanesi
Date Issued
1982-10-01
Is Part Of
Studi Storici
volume
23
issue
4
page start
925
page end
930
Publisher
Fondazione Istituto Gramsci
Language
ita
Format
pdf
Relation
Storia della follia nell'età classica, Italy, Rizzoli, 1963
Rights
Studi Storici © 1982 Fondazione Istituto Gramsci
Source
https://web.archive.org/web/20230921132517/https://www.jstor.org/stable/20565141?searchText=Foucault&searchUri=%2Faction%2FdoBasicSearch%3FQuery%3DFoucault&efqs=eyJsYV9zdHIiOlsiYVhSaCJdfQ%3D%3D&sd=1975&ed=2000&pagemark=eyJwYWdlIjo1LCJzdGFydHMiOnsiSlNUT1JCYXNpYyI6MTAwfX0%3D&groupefq=WyJzZWFyY2hfY2hhcHRlciIsIm1wX3Jlc2VhcmNoX3JlcG9ydF9wYXJ0IiwiY29udHJpYnV0ZWRfdGV4dCIsInJldmlldyIsInNlYXJjaF9hcnRpY2xlIiwicmVzZWFyY2hfcmVwb3J0IiwiY29udHJpYnV0ZWRfYXVkaW8iXQ%3D%3D&ab_segments=0%2Fbasic_search_gsv2%2Fcontrol&refreqid=fastly-default%3A192d54ae35c0f2739afb1220ba309796
Subject
surveillance
discipline
confinement
pathological
normalization
extracted text
L’EDUCAZIONE TOTALE
Claudio Milanesi
La storia è ormai chiara: a fondare la riorganizzazione dello Stato moderno dopo la fine dell’antico ordine monarchico è un ampio movimento, composto di esclusione e moralizzazione, nel quale organizzazione istituzionale e scienze sociali hanno giocato a reggersi Luna sulle altre. Il movimento si compone di due ampi gesti: quello dell’esclusione/occultamento, attuato tanto nel luogo dell’immaginario quanto nella materiale fisicità degli spazi, e quello della moralizzazione, costruzione differenziata di tecniche positive finalizzate alla medicalizzazione e alla criminalizzazione di tutta quella parte di umanità che sta dalla parte sbagliata della linea di separazione che i nuovi saperi tracciano tra la Norma e la Trasgressione.
È, questo, un movimento che va di pari passo con l’affermazione della borghesia nella direzione della società occidentale, costituendone una delle piu intelligenti strategie. Se questa forma di società è centrata ideologicamente su due concetti, il lavoro e la proprietà privata, tutta quella parte di umanità che vi sfugge va, materialmente, circoscritta da istituzioni totali che ne curino l’inserimento nella stretta circonferenza centrale (il mondo del lavoro) o la perenne esclusione. Ospedali, Manicomi, Carceri, Case di Cura, Scuole. Negli appena trascorsi anni Settanta, un certo filone di studi storici ha messo a nudo questo meccanismo per quanto riguardava il sorgere della psichiatria moderna, e la parallela erezione degli alti muri di cinta dei manicomi. Oppure per quanto riguardava le coppie criminologia/carcere moderno, medicina/ospedale1. E persino il sorgere del cimitero, chiuso da alte mura e sistemato lontano dalle porte della città, sembra interno a questo movimento, dove insieme convivono igienismo, police médicale, razionalizzazione, tecniche apparentemente « neutre », ma evidentemente fondate sui nuovi interdetti morali che si introducono sotto forma di prescrizioni igieniche2.
1 A tracciare le linee di ricerca di questi studi è stato Michel Foucault. Vedi: M. Foucault, Histoire de la folie à Page classique, Paris, P.U.F., 1961 (ed. it. Storia della follia, Milano, V, ed. 1980); Id., Naissance de la clinique, Paris, P.U.F., 1963 (ed. it. Nascita della clinica, Torino, 1969 2) ; Id., Surveiller et punir, Paris, Gallimard, 1976 (ed. it. Sorvegliare e punire, Torino, 1978).
2 È abbastanza agile ricondurre in questa direzione l’interpretazione della nascita del



926 Claudio Milanesi
Dunque, se la Norma è data dall’intreccio tra il Lavoro e la Proprietà privata, la Normalità la capacità/volontà di svolgere ordinatamente il primo e di rispettare la seconda, il Normale; il lavoratore che possiede queste facoltà indispensabili, capacità-volontà-rispetto, tutto quello che devia da questa Norma va chiuso, recintato, reso innocuo, disciplinato dalle Istituzioni totali. Il cui fine è, a parte quello di un ordine pubblico in senso molto ampio, di volta in volta la preparazione all’inserimento nel centro della Norma, la guarigione, quindi il reinserimento, o l’esclusione del Deviante incapace, senza volontà, irrispettoso. Sullo sfondo, certo, di un modo che resta comune a tutto questo movimento, di esclu-sione-occultamento/razionalizzazione-moralizzazione. Come se quella che è, in definitiva, la debolezza della Ragione che fonda la Norma, andasse difesa dal contatto, persino fisico o visivo, con ciò che la contraddice, la tenta, tende a negarla e a corroderla, o a corromperla3. Follia, Malattia, Criminalità, Morte. Manicomio, Ospedale, Carcere, Cimitero.
In tutto questo la Medicina gioca un ruolo centrale. È abbastanza chiaro come l’avvicendarsi dei poteri nel corso di questi secoli porta la Medicina a sostituirsi alla Religione in certe funzioni di controllo e definizione della linea di demarcazione tra Norma e Trasgressione. Segno del progressivo affermarsi dello Spirito scientifico 4 sulla Religione. Cosi la morte, da problema religioso diventa problema medico, al capezzale del morente la figura più importante tende a diventare, più che il prete, il medico, i cimiteri non sorgono più in mezzo alle città in fianco alle chiese parrocchiali, ma fuori, lontano, e saranno semmai le chiese ad esservi costruite dentro. Allo stesso modo i vizi, da peccati giudicati da Dio e dai suoi rappresentanti, si mutano in malattie, curate e controllate dai medici. E cosi via.
All’indagine su questo meccanismo di esclusione-moralizzazione l’edizione italiana di una scelta dei testi di Daniel Gottlob Moritz Schreber, padre di quel Daniel Paul Schreber che diventerà famoso per le sue Memorie di un malato di nervi5, poi riprese e studiate da Freud, edizione corredata da un’introduzione di Ingeborg Walter su tutta l’opera di Schreber, e sui non secondari nessi tra questa e le nevrosi, sue e dii diversi componenti della sua famiglia (il già citato presidente Daniel Paul, suo terzo figlio, qualche anno dopo la pubblicazione delle suddette memorie, ricadrà nella malattia fino a morire in un manicomio, un altro figlio, Daniel Gustav, morirà suicida, e una loro sorella soffri per tutta la vita di disturbi cimitero moderno data da Philippe Ariès, in L'homme devant la mort, Paris, Seuil, 1977 (ed. it. L'uomo e la morte, Bari, 1979).
3 È ancora Philippe Ariès (op. cit., particolarmente nel paragrafo Le rempart contre la nature a deux points faibles: Lamour et la mort) a spingere fino a questo punto l’interpretazione dell’interdetto contro la morte, e la masturbazione, che si dispiega a partire dall’Ottocento.
4 Parliamo di quella che potremmo chiamare la Scienza Reale, che sta alla nozione ideologica di Scienza quanto il Socialismo reale sta al Socialismo tout court.
5 Daniel Paul Schreber, Denkwiìrdigkeiten eines Nervenkranken, a cura di P. Heili-genthal e R. Volk, Wiesbaden, 1973.



927 L'educazione totale
mentali) apporta un notevole contributo, per quanto riguarda il versante dedicato alla prassi pedagogica6.
Non sono forse, bambini e adolescenti, una parte di società esclusa dal suo Centro normale? È non sta forse in una educazione non centrata su « sani principi morali » la causa di future degenerazioni che sfoceranno nella Trasgressione (follia-debolezza dello spirito, criminalità-rifiuto delle norme di convivenza, malattia-debolezza del corpo)?
Recentemente, l’interesse per la figura di Schreber era rinato; l’antipsichiatria aveva analizzato la malattia mentale dei figli a partire dall’influsso dell’educazione impartita dal padre, rigida, austera, repressiva. Era cosi venuta chiaramente alla luce tutta la responsabilità di Schreber padre sulle nevrosi ossessive dei figli (Daniel Paul era perseguitato da allucinazioni imperniate su certe torture inflittegli da un Dio crudele), responsabilità su cui Freud non aveva certo insistito, forse, è un’ipotesi avanzata dalla Walter, per rispetto verso un personaggio tanto rispettato e famoso ancora agli inizi del Novecento. Cosi, si veniva a sapere che persino Schreber padre aveva sofferto di disturbi mentali, precisamente, di « idee ossessive con impulsi omicidi ».
A questo punto tutta l’opera di Schreber rischiava di essere liquidata come, semplicemente, l’opera di un pazzo. Approccio, si dice nell’introduzione, del tutto lecito, ma anche per certi versi poco fruttuoso. Invece di relegare l’opera di Schreber — scrive la Walter — nel giardino degli orrori della psicanalisi, o dell’antipsichiatria, proviamo a cercarne e la coerenza con la cultura della prima metà dell’Ottocento e l’effettiva incidenza sulla prassi pedagogica posteriore. Conclusioni molto interessanti ci aspettano alla fine di questo percorso.
Di famiglia colta, Daniel Gottlob Moritz Schreber si laurea in farmacologia nel 1833. Dopo tre anni di spostamenti per l’Europa in qualità di medico personale di un nobiluomo russo, ottiene, nel 1836, la libera docenza in Medicina e farmacologia a Lipsia. Leggendo i suoi scritti, è facile ritrovarci la cultura medica del primo Ottocento: fisiologia — la sua teoria sull’inestricabile intreccio tra corpo e spirito si basa sulla nozione di organismo —, interesse per Vigiene e la police médicale, clinica — progetta persino di fondare una clinica pediatrica, contro il parere delle autorità. I suoi interessi originari riguardano la diffusione dei principi di igiene pedagogica che la trattatistica igienistica trattava già da tempo. Fallito il progetto di clinica pedagogica, passa poi ad interessarsi di ortopedia. Interesse in linea, anche se a prima vista potrebbe sembrare il contrario, con i suoi studi pedagogici. L’ortopedia moderna era infatti concepita fin dalla sua nascita, circa un secolo prima della pubblicazione degli opuscoli ortopedici di Schreber, come « educazione alla rettitudine », disciplina igienistica che si rivolgeva ai genitori per guidarli sul modo di assicurarsi una prole sana e bella. Due sono i metodi principali che Schreber userà,
6 D.G.M. Schreber, L'educazione totale, a cura di Ingeborg Walter, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1981.



928 Claudio Milanesi
nella clinica ortopedica di cui sarà direttore fino alla morte, per la prevenzione e la terapia ortopedica: da una parte l’uso di strumenti di correzione appositamente creati7, dall’altra la ginnastica. Nello studio della ginnastica, altra disciplina che vantava una certa tradizione all’interno del-l’igienismo, Schreber riunisce tutte le sue conoscenze in materia pedagogica. Culminato il percorso igiene-pedagogia-ortopedia-ginnastica, Schreber approda infine all’esplicitazione di quello che fin dall’inizio è il segreto motore dei suoi interessi, il nesso tra educazione e politica. E cosi ritorniamo al quadro politico/istituzionale che abbiamo descritto all’inizio. Quella che Schreber chiama educazione popolare è un’istituzione coerente con le altre istituzioni dell’esclusione e della disciplina che si strutturano in questi anni. Anzi, ne è la prima e fondamentale, essendo finalizzata non alla guarigione o all’isolamento di Devianze già prodotte, ma alla prevenzione di ogni devianza. Secondo Schreber, il fine dell’educazione è il perfetto inserimento dell’individuo in un mondo di rapporti sociali già stabiliti, la ferrea organizzazione del consenso. Chiave di volta di questo inserimento, la Ginnastica, disciplina della totalità degli impulsi corporali, che plasma il corpo per edificare lo spirito. Uno spirito educato, fin dalla piu tenera età, all’obbedienza nei confronti dell’autorità, si chiami essa Padre o Maestro, che incarna la necessità della legge morale.
Schreber scrive e pubblica in un momento in cui la presa di potere della borghesia e, parallelamente, l’accumulo quantitativo di masse umane, coniugato con i progressi del modo di produzione industriale rendono necessario un totale rinnovamento dei modi di esercizio del potere. Da qui, il carattere di totalità dell’istituzione scolastica. Totalità nel senso che tutti gli aspetti dell’educazione devono essere coerenti col progetto disciplinare. Anche la Religione e la Famiglia (per certi versi ancora portatrice di valori e di comportamenti propri della cultura popolare) non devono piu avere nessuna influenza culturale autonoma sul bambino. La loro presenza è positiva solo in quanto funzionale al progetto educativo centrale. L’esclusione delle fiabe, prodotto della cultura popolare, dal programma educativo di Schreber, va vista in questa ottica, oltre che in quella, suggeritaci dalla Walter, della creazione di un mondo infantile senza conflitti, separato da quello degli adulti. .
Ma totalità anche nel senso che la finalità disciplinare va realizzata in tutti gli aspetti della vita dell’individuo, fino a determinarne la cultura, i gesti, l’atteggiamento verso il mondo esterno, il corpo. Totalità, infine, nell’intento di capillarità che il progetto di educazione popolare si propone. L’azio-
7 La Walter, nell’introduzione, accenna alla possibilità che questi strumenti ortopedici abbiano avuto come secondo fine quello di impedire la masturbazione, tabu principe della medicina fin dalla metà del Settecento, e ossessione di Schreber. In effetti, diversi strumenti atti ad impedire l’esercizio dell’onanismo erano stati inventati dai pedagoghi del tempo (si veda, a questo proposito, il libro di Aron-Kempf, citato piu sotto). A questo riguardo, sarebbe molto interessante uno studio organico delle centinaia di congegni di correzione che ortopedia, pedagogia e psichiatria hanno inventato in questi ultimi due secoli.



929 L'educazione totale
ne disciplinare deve raggiungere ogni membro del corpo sociale.
Cosi come per le altre istituzioni che stanno sorgendo, questo movimento di moralizzazione si basa, inoltre, sulla strategia dell’esclusione. Come si dice nell’introduzione, infatti, la rivendicazione che Schreber fa dell’autonomia dell’infanzia e della importanza del gioco altro non è se non il rovescio della definitiva separazione che questa nuova pedagogia traccia tra il mondo degli adulti e quello dei bambini.
Sembrerebbe, a questo punto, di essere arrivati alla fine del percorso. Dalla follia di Schreber siamo giunti alla constatazione dell’estrema coerenza della sua opera con la cultura e la prassi politica propria del suo tempo. Un altro tassello va a sistemarsi in quella archeologia della modernità che già gli studi di Foucault, Ariès, Aron-Kempf8, avevano iniziato, delineando la storia della costruzione del nostro corpo e, più in generale, del Soggetto, operata dalle grandi Istituzioni create dalle scienze sociali ottocentesche. Ma c’è dell’altro. Partiamo da due constatazioni, aiutandoci con una nota biografica e con una citazione. In*politica, Schreber è nazionalista. Da giovane infatti aveva praticato il Turnen, una forma di ginnastica — che sarà poi quella che più tardi propaganderà con i suoi scritti — organizzata da Friedrich Ludwig Jahn, la cui caratteristica era quella di accoppiare ginnastica ed esasperato nazionalismo tedesco. All’idea di ginnastica, Schreber associerà sempre il fine della formazione del carattere forte e virile della nazione tedesca.
In più, la sua posizione nei riguardi di qualsiasi moto di protesta delle masse è di aperta condanna. Se la società — scrive — è un organismo, le rivoluzioni sono le sue malattie9. La funzione dell’educazione è proprio quella di formare caratteri dove il vigore si accoppia al rispetto dell’autorità. « L’istruzione popolare generale è un fiume che, almeno ora, non può essere trattenuto da qualsiasi potere del mondo e che inarrestabilmente spinge in avanti, ma che deve essere indirizzato con sapienza per evitare che straripi e diventi pericoloso. E le guardie poste sulla riva di questo fiume sono, oltre ai genitori sui quali lo Stato non ha nessun potere diretto, prima di tutto gli insegnanti »10.
Ferma restando la differenza tra il nazionalismo dell’Ottocento e quello del nostro secolo, cosa possiamo leggere in questa miscela di autoritarismo, militarismo, nazionalismo, reazione, totalitarismo? E nell’effettiva incidenza sulla prassi pedagogica di una pedagogia fondata su simili caratteri? Nient’altro che il germe, volendo ritorcere contro Schreber l’abusata analogia Società/organismo, o, meglio, la base strutturale, di una malattia totalitaria che impiegherà quasi un secolo per trovare il suo drammatico compimento. Nella figura, coincidenza significativa, di un altro Grande
8 P. Ariès, L'enfant et la famille sous l'Ancien Régime, Paris, Seuil, 1973 (ed. it. Padri e figli nell'Europa Medievale e Moderna, Bari, Laterza, 1978) ; Jean-Paul Aron-Roger Kempf, Le pénis et la démoralisation de l'Occident, Paris, Grasset, 1978 (ed. it. Il pene e la demoralizzazione dell'Occidente, Firenze, 1979).
9 D.G.M. Schreber, op. cit., p. 141.
10 Ivi, p. 146.



930 Claudio Milanesi
Tedesco, cui toccherà in sorte di trasformare — cosi come fece Schreber — la sua follia nella, normale e razionale, prassi di uno Stato. Il percorso, circolare, stavolta si è chiuso davvero.
Per finire, un’ultima citazione, tratta da uno dei numerosi opuscoli propagandistici che Schreber pubblicò intorno alla metà del secolo, SulVeduca-zione popolare e del suo sviluppo adeguato ai tempi, mediante la promozione sociale del corpo degli insegnanti e ravvicinamento tra scuola e casa n, ma che potrebbe figurare benissimo tra i discorsi dell’Imbianchino che incendierà mezzo mondo un secolo più tardi:
Una nazione, educata nella sua maggioranza secondo principi naturali, vigorosi e nobili, con una vita familiare intima e dignitosa, è quella che più facilmente si governa all’interno e meglio di ogni altra si tiene in rapporto di equilibrio con le altre nazioni, in modo che possa proseguire indisturbata la strada della sua evoluzione storica. Anzi, le toccherà automaticamente, grazie a questo vigore e a questa vitalità sempre rinnovata, un certo predominio, un ruolo di avanguardia.
11 Ivi, p. 149.