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Title
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Un laboratorio politico culturale nell'Europa del Seicento: I "Clamores Eliae" di Comenio
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Creator
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Giuseppe Cengiarotti
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Date Issued
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1995-10-01
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Is Part Of
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Studi Storici
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volume
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36
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issue
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4
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page start
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1099
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page end
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1123
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Publisher
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Fondazione Istituto Gramsci
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Language
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ita
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Format
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pdf
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Relation
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Le parole e le cose: un'archeologia delle scienze umane, Italy, Rizzoli Ed., 1967
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Rights
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Studi Storici © 1995 Fondazione Istituto Gramsci
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Source
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https://web.archive.org/web/20230921153353/https://www.jstor.org/stable/20566744?searchText=Foucault&searchUri=%2Faction%2FdoBasicSearch%3FQuery%3DFoucault&efqs=eyJsYV9zdHIiOlsiYVhSaCJdfQ%3D%3D&sd=1975&ed=2000&pagemark=eyJwYWdlIjoxMiwic3RhcnRzIjp7IkpTVE9SQmFzaWMiOjI3NX19&groupefq=WyJjb250cmlidXRlZF90ZXh0Iiwic2VhcmNoX2NoYXB0ZXIiLCJjb250cmlidXRlZF9hdWRpbyIsInJlc2VhcmNoX3JlcG9ydCIsInNlYXJjaF9hcnRpY2xlIiwicmV2aWV3IiwibXBfcmVzZWFyY2hfcmVwb3J0X3BhcnQiXQ%3D%3D&ab_segments=0%2Fbasic_search_gsv2%2Fcontrol&refreqid=fastly-default%3A5c8970f25c75e82a89f0c4262de63f2f
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Subject
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identity
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culture
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archeology
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archive
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discourse
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commentary
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author/artist
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extracted text
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UN LABORATORIO POLITICO CULTURALE NELL’EUROPA DEL SEICENTO: I «CLAMORES ELIAE» DI COMENIO
Giuseppe Cengiarotti
Nel 1920 Aby Warburg decideva di pubblicare alcuni studi su Divinazione antica pagana in testi ed immagini dell'età di Lutero nella cui avvertenza preliminare annotava che «l’antichità astrologica trova in Germania una rinascita peculiarissima, finora non abbastanza studiata: i simboli astrali sopravviventi nella letteratura profetica (soprattutto i sette pianeti dall’aspetto umano) traggono infatti da quell’epoca dilaniata da lotte sociali e politiche nuovo vigore al loro sangue, e diventano quasi le divinità del momento politico». Allegava una lettera di Melantone all’astrologo e storico Johann Carion di Bietigheim che citava alcuni detti del profeta Elia1. Si tratta della Vaditio Domus Eliae che «suddivide il corso della storia universale in tre periodi di 2000 anni»2 in cui la profezia politica era riferita alle vicende del conflitto tra la lega di Smalcalda e Carlo V, a testimonianza del «tenace perdurare della prassi astrologica pagana» che coinvolse astrologi italiani quali Gaurico e Cardano. Nel suo ampio saggio Warburg documenta tale presenza ben oltre l’età luterana, fino al secondo Cinquecento e oltre. A suo giudizio «la concezione storica del tardo Medioevo, condizionata cosmologicamente e schiettamente ellenistica, era per l’appunto, nella sua teoria delle età, legata in modo cosi decisivo al verificarsi, a certi intervalli, di determinate congiunzioni planetarie, che un nuovo profeta poteva ottenere la sua consacrazione cosmologica soltanto dall’incontro di pianeti superiori, anzitutto di Saturno e di Giove»3. In area tedesca tale concezione interpretava i monstra non più in senso divinatorio pagano, bensì
1 I saggi sono raccolti in A. Warburg, Gesammelte Schriften, trad. it., La rinascita del paganesimo antico. Contributi alla storia della cultura, Firenze, La Nuova Italia, 1980, p. 316.
2 Ivi, p. 319.
3 Ivi, pp. 350-351. Su questi temi si vedano anche gli studi di W.E. Peuckert, Astrologie, Stuttgart, Kohlhammer, 1960 (trad. it. Roma, 1973); Die Rosenkreutzer. Zur Geschi-chte einer Reformation, Jena, 1928 (nuova edizione, Das Rosenkreuz, hrsg.v. R.C. Zim-mermann, Berlin, 1973). Per un quadro storico cfr. Kònigsberger-Mosse, L'Europa del Cinquecento, trad. it. Roma-Bari, Laterza, 1974, in particolare pp. 153 sgg.
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cristiano-escatologico4 e la profezia si collegava alla cronologia biblica grazie all’apporto della scienza astrologica consentendo in tal modo un’interpretazione delle vicende storiche e politiche. Secondo la Chronica di Canon, prima storia universale tedesca, sul «detto della casa d’Elia» si dice che «sei mila anni esisterà il mondo e poi crollerà. Due mila anni il vuoto. Due mila la legge. Due mila l’età di Cristo. E se il tempo non si compirà del tutto, accadrà per colpa dei nostri peccati che sono grandi»5. L’interpretazione tedesca della storia si fonda pertanto sulle cronologie profetiche, benché Lutero si discostasse dal Melantone a proposito della veridicità degli oroscopi, e il luteranesimo assorbisse in questo modo alcuni temi della cultura umanistica congiungendoli col biblicismo6.
La riflessione che Comenio conduce nel quinquennio 1665-1670 e che si concentra negli scritti noti come Clamores Eliae rimanda ad una fase ormai tarda del difficile trapasso all’età moderna e presuppone un quadro culturale in cui il modello gnoseologico ed epistemologico meccanicistico si andava ormai affermando nelle istituzioni accademiche del mondo riformato con implicazioni devastanti non solo per i modelli culturali che vi si opponevano, ma anche per le prospettive di rigenerazione universale e anche politica da essi derivanti7. L’affermazione di quel modello implicava infatti l’abbandono dei progetti di riforma generale ispirati alla cronologia biblica e alla profezia politica che Comenio aveva condiviso per tutta una vita e che sulla base dei signa interpretati credevano alla necessità di un accordo politico di tutte le forze riformate per riportare in Europa l’ordine perduto e ridare cosi anche una patria agli esuli boemi e moravi sperduti nel labirinto del mondo. L’esperienza rosacrociana già aveva rappresentato in effetti ai primi del Seicento l’estrema sintesi di quel processo che si era rivelato in crisi sin dall’età rodolfina; tuttavia, il progetto successivo di
4 A. Warburg, op. cit., p. 351.
5 Ivi, p. 367. Nell’edizione latina curata da Melantone segue il commento: «Hoc modo Elias de duratione generis humani vaticinatus est, et praecipuas mutationes distinxit [...]».
6 Ivi, p. 352: «la storiografia protestante posteriore, nelle Lectiones memorabiles di Johannes Wolf, era ancora immersa tanto profondamente e paganamente in una devozione superstiziosa davanti ai monstra, da far decorrere la storia universale quasi su binari, lungo i quali stanno come casette di cantoniere i miracoli dell’universo». Delio Cantimori ha studiato l’«uso politico di materiale religioso nelle profezie» in Aspetti della propaganda religiosa nell'Europa del Cinquecento che sta in D. Cantimori, Umanesimo e religione nel Cinquecento, Torino, Einaudi, 1975, pp. 164-181.
7 Cfr. almeno E. Garin, Rinascimento e rivoluzione scientifica, in Rinascite e rivoluzioni. Movimenti culturali dal XIV al XVIII secolo, Roma-Bari, Laterza, 1976, pp. 299-326 in cui discute gli studi più significativi sull’argomento; P. Rossi, Clavis universalis. Arti della memoria e logica combinatoria da Lullo a Leibniz, Bologna, Il Mulino, 1983, opera che ha aperto la strada all’individuazione di tradizioni di pensiero diverse e «occulte».
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riforma universale mirante alla edificazione di un «collegium lucis» accompagna gli anni del lunghissimo esilio comeniano - che ha inizio nel 1627 e si conclude nel 1670 con la sua morte - e ne caratterizza l’estrema produzione. Si comprenderà meglio il senso delle sue proposte collegandole al clima politico successivo al conflitto 1618-1648 e poi soprattutto all’esito dei trattati di pace che lasciarono inalterata la situazione dei paesi cechi. Questo spiega il nesso strettissimo tra la venuta del nuovo Elia, l’esortazione ai politici e la proposta di riforma scientifica e culturale: «mocnè, mocnè, mocnè musis ukàzati kràlùm a pànùm, ze bohatsi budou (i s pod-danymi svymi) tohoto fortele uzivajfce, nez by vsecky indické poklady mèli ... [forte, forte, forte dovrai mostrare a signori e re che saranno più ricchi (loro e i loro sudditi) usando questa astuzia che se avessero tutti i tesori dell’India ...]»8.
La storiografia recente si è ampiamente dedicata allo studio delle resistenze manifestate nei confronti di un paradigma scientifico fondato sul meccanicismo riscoprendo, anche attraverso un fecondo rapporto con altre discipline, modelli epistemologici alternativi non basati su presupposti quantitativi e matematizzanti. Gli assunti di fondo della ricerca di Vincenzo Ferrone sui Profeti dell’Illuminismo appaiono particolarmente rispondenti alla lettura che verrà condotta del testo comeniano laddove egli, ricostruendo il modello epistemologico empirico-divinatorio, riscontrava che assai meno scandagliato è stato invece in età moderna il contrasto tra le scienze della tradizione empirico divinatoria e l’affermarsi del meccanicismo fisico-matematico galileiano con le sue matrici platoniche e archimedee. Nel crogiuolo di idee, di immagini e di metodi che opposero gli uni agli altri maghi, profeti, scienziati, artigiani e filosofi, tutti variamente protagonisti del decisivo mutamento segnato dalla rivoluzione scientifica, le arti divinatorie in quanto tali subirono un collasso apparentemente definitivo. E tuttavia, pur perdendo le proprie originarie e specifiche connotazioni, che si traducevano in discipline dalle antiche tradizioni, il modello epistemologico di quelle arti non ebbe difficoltà a confluire nel nuovo sperimentalismo empirico-baconiano, in quelle nuove scienze qualitative e classificatorie che sembravano perpetuare la radicale opposizione alle scienze classiche, razionali e di tipo matematico9.
8 Cfr. J.A. Komensky, Opera omnia, voi. 23, Clamores Eliae, Praha, Academia, 1992, vyd. J. Novàkovà (d’ora in avanti CE), p. 24 (ho tradotto tutte le parti in ceco tra parentesi quadre, lasciando l’originale latino). Sul conflitto si veda J.V. Polisensky, La guerra dei trentanni, Torino, Einaudi, 1982, e, più recente, K. Repgen, hrsg.v., Krieg und Politik 1618-1648, Mùnchen, R. Oldenbourg Verlag, 1988; sulla «questione ceca» cfr. Sindelar, Vestfalsky mir a ceskd otazka, Praha, 1968.
9 V. Ferrone, I profeti dell’Illuminismo. Le metamorfosi della ragione nel tardo Settecento italiano, Roma-Bari, Laterza, 1989, p. 71. L’autore fa anche il punto sul dibattito sto-
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Si può allora intendere questo testo10 come un laboratorio, un diario intellettuale in cui, oltre che trovare giudizi che in pubblico prudentemente resterebbero inespressi o dissimulati, si rivela per cosi dire dall’interno la fase estrema di questo processo, quando il razionalismo cartesiano, che già a Parigi si era imposto sul naturalismo redivivo di Campanella, si impone con tutta la sua forza e che in questa prospettiva assume un carattere rivelatore proprio in quanto tarda11. Esso ci consente di inquadrare entro coordinate culturali più precise il pensiero di Comenio relativo agli anni 16651670, al periodo trascorso ad Amsterdam - di cui mostra di apprezzare il repubblicanesimo -, divenuta negli anni Sessanta punto d’incontro dei radicali dissidenti12, dato che in questi appunti, non pensati per la immediata pubblicazione, che tuttavia riprendono convinzioni di tutta una vita, egli esprime le proprie concezioni (culturali e profetico politiche) in modo più libero e chiaro, assumendo esplicitamente posizioni di condanna nei confronti delle chiese riformate «ortodosse», che gli costarono il sostegno del patriziato più tollerante e moderato13. Tra i diversi percorsi possibili, si in-
riografico richiamando e discutendo criticamente le maggiori tendenze interpretative. Nei CE questa opposizione di atteggiamenti epistemologici cui fa riferimento Ferrone è ampiamente presente e documentata e come vedremo si può ricondurre anche alla cultura enciclopedistica dei «teatri» che è stata oggetto degli studi di Paolo Rossi e di Frances A. Yates; maturata nel secondo Cinquecento in area tedesca grazie a figure quali Theodor Zwinger o Johannes Alsted, su cui hanno fatto luce gli studi di Carlos Gilly, essa ha profondamente influito, come si vedrà, anche sulla cultura di Comenio.
10 II titolo stesso Clamores Eliae è discusso insieme a quello di Clamores ultimi seculi e a molti altri all’interno dell’opera stessa che comprende annotazioni, appunti, citazioni, in lingua latina e ceca, che rivelano il carattere provvisorio della redazione e che, in quanto «skarty» (appunti) sono aggiunti nell’edizione critica, si veda al riguardo lo scritto informativo a cura di J. Novàkovà, pp. 306-335, con una bibliografia aggiornata. Esiste un’altra edizione dei CE curata dalla stessa Novàkovà (Kastellaun-Hunsrùck, 1977, n. 8 delle «Veròffentlichungen der Comenius Forschungsstelle im Institut fùr Pàdagogik der Ruhr-Universitàts Bochum»). Si veda inoltre il saggio di J.V. Polisensky, Politica Ko-menského Clamores Eliae, in «Pedagogka», 29, 1979, pp. 165-172; J. Novàkovà, Le der-nier pian réformateur de Coménius, in «Communio viatorum», 20, 1977, pp. 1-16.
11 CE, p. 36: «Cartesio evertendo omnes adhibeat vires Elias - zvlàsté ze [in particolare per il fatto che] rerum fines rejecit, se et alios exoculans piane». E ancora: «Cartesianis lana detrahenda, ze [in quanto] sub praetextu amovendi praejudicia solidissimas etiam veritates evertere quaesivit, egregiaque impostura successit».
12 CE, pp. 74 e 102, dove sostiene che «bezpecnèji zaciti [è più sicuro iniziare] in repu-blica nez pod monarchou, kràlem neb kmzetem, jeden umirà, obec neumirà [che sotto una monarchia, con un re o un principe, lui muore, la comunità non muore]», ma anche 235: «Cives Tui omnes professionem faciunt serviendi mammonae -opibusque inhiando mundi extremos currunt ad Indos et per omnes maris et terrae angulos [...]». 15 Patroni di Comenio furono Laurent e Gerhard de Geer; egli si inimicò questo ambiente richiamandosi a posizioni considerate da queste chiese come ereticali, come si vede so-
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tende pertanto isolare, all’interno dell’opera, alcuni blocchi tematici che può essere utile considerare separatamente dato anche il carattere frammentario della composizione: in primo luogo quello della riforma generale del sapere (ovvero la «pansofia»)14 nel contesto intellettuale boemo ed europeo al fine di individuarne le matrici costitutive; quindi i rapporti tra questa profezia politica di riforma e la vita religiosa del suo tempo, per analizzare successivamente la posizione di Comenio nel dibattito culturale e politico con temporaneo, con particolare riferimento da una parte al naturalismo tardorinascimentale e dall’altra, infine, al cartesianesimo.
1. Il materiale originario - la tradizione biblica e il mito di Elia - appartiene alla tradizione riformata ceca attraverso Matèj di Janov15. Nella tradizione veterotestamentaria gli ebrei attendevano il ritorno di Elia che, oltre a liberare il popolo lo avrebbe anche riformato: «kazdy Elias ma byti bofi-tel vèzi babelskych, jichz plny svèt [ciascun Elia dovrà essere demolitore delle torri di Babele di cui il mondo è pieno]». Il mito si sviluppò successivamente nella diaspora e si trasmise quindi al cristianesimo: gli oppositori del papato videro il nuovo Elia nei vari riformatori, e infatti anche secondo Matteo di Janov il profeta non ritornerà nel corpo, ma nello spirito, incarnato nei predicatori e nei maestri. Questa credenza si trasmise per questa via alla Jednota bratrù (l’Unione dei fratelli) e il mito di Elia si lega pertanto alle prospettive apocalittiche e profetiche (Ap. 20,3), ma anche alle interpretazioni del Talmud, secondo cui il mondo sarebbe durato seimila anni: «Prvny Elias pfisel s ohnem, druhy s vodou, tfeti s duchem a moci tèch obou [il primo Elia venne con il fuoco, il secondo con l’acqua, il terzo con lo spirito e con i poteri dei suoi predecessori]». Egli «musi vsecky prattutto attraverso la polemica contro Daniel Zwicker e des Marets, ma anche Fausto Soz-zini, cfr. infra. Su questi temi si veda l’inquadramento storico fornito da M. Fattori in Introduzione a Comenio, Opere, Torino, Utet, 1970, in particolare pp. 73-80. Sul soggiorno di Comenio ad Amsterdam si veda C. Gilly, «Via Lucis» im Zeichen des Rosenkreuzes, in «Pentagramm. Lectorium rosicrucianum», 14. Jahrgang, n. 5, pp. 22-36.
14 La pansofia era una sintesi di concezioni tardo rinascimentali che fanno capo a vari autori e correnti di pensiero che vanno dalla filosofia della natura (Paracelso, Lauten-sack, Haslmayr), alla imitatio Christi (Valentin Weigel, Schwenkfeld, J.V. Andreae), alla cultura magico ermetica dell’enciclopedismo, della mnemotecnica e dei «teatri del mondo» (Alsted, Zwinger, Khunrath). Si veda al riguardo Rossi, op. cit., pp. 199-219; F.A. Yates, The Art of Memory, London, Routledge & Kegan Paul, 1966 (trad. it., Carte della memoria, Torino, Einaudi, 1972), ma anche W.E. Peuckert, Pansophie. Ein Versuch zur Geschichte der weissen und schwarzen Magie, Stuttgart, 1936.
15 Matthias Pragensis o Parisiensis (1350ca.-1394), autore di Regulae Veteri et Uovi Testamenti cui si riallacciarono il senior dell’Unione dei fratelli Lucas Pragensis (1458ca.-1328) in Obnoveni cirkve [Il rinnovamento della Chiesa] del 1510, Vavfinec Krasonisky nel O ucenych [Degli intellettuali] del 153 0 e Jan Blahoslav (1523-1571).
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tajnosti Mesiàsovy vsemu svètu ukazovati a prokazovati, aby vsechen svét v nèho uvèfil [dovrà mostrare e dimostrare tutti i segreti del Messia a tutto il mondo, affinché tutto il mondo creda in lui]»16. Da questa evidenza scaturisce la necessità della riforma, una riforma universale, del sapere e politica insieme, che insistentemente viene ribadita nel testo: «Si restitutio omnium dicitur TtaÀiyYEVCOta - requiretur igitur ab omnibus in terra RENASCI - facere sibi cor novum, et spiritum novum, et omnia -»17. E ancora: «Reformatio piena mundi non erit, nisi doli et fraudes (satanae artificia) tol-lentur in universum - ut omnes, qui remanebunt (a plagis Dei, novi Christi regni cives) sint quasi modo geniti infantes»18.
Le influenze del neoplatonismo, che Comenio deriva dalla cultura umanistica dell’enciclopedismo, si innestano su queste profonde convinzioni chi-liastiche alimentando le speranze in un rinnovamento e nell’avvento di una nuova età dell’oro:
Neuciniti-li zminky pfedchudcù a pfedhlasatelu zlatého vèku - co jich koli vis - z nichz bude [per non fare menzione dei predecessori e dei primi annunziatori dell’età dell’oro - sai quali a loro ruota - dai quali verrà] (superiori seculo) Postellus - jehoz aspon titule knih polozis [di cui porrai almeno i titoli dei libri] - ut Frankenberg - a od toho casu ze mnozi byli [...] az i Jakob Bóhm [e da quel tempo che ve ne furono molti [...] fino anche a Jakob Bòhm]19.
Esse consentivano di inquadrare tali aspettative entro un disegno storico provvidenziale e armonico, come attestano anche le opere spesso citate di Guillaume Postel («Postellus»), con i suoi richiami «ad reconciliationem generis humani», di Jacob Bòhme e del Frankenberg20. L’irenismo e l’universalismo, che si spingono fino a coinvolgere il mondo ebraico attraverso la
16 CE, p. 81.
17 CE, p. 97, ma anche p. 64.
18 CE, p. 42.
19 CE, p. 39. Il suo platonismo emerge in svariate occasioni, cfr. pp. 36, 30. Jakob Bòhme (1575-1624) è fonte più volte menzionata nei CE, in particolare per Mysterium ma-gnum oder Erkldrung ùber das erste Buch Mosis [...] auch vom Ursprung der Welt and der Schopfung, darinnen das Reich der Natur und das Reich der Gnaden erkldrt wird, stampato nel 1623 e con un’edizione di Amsterdam del 1682. Altro riferimento necessario è quello a Sebastian Castellio (1515-1563), sia per il De haereticis an sint persequendi (s.a.s.l.) sia per l’opuscolo Quinque impedimentorum, quae mentes hominum et oculos a veri in divinis cognitione abducunt, succinta enumeratio, Goudae, 1613.
20 Abraham Frankenberg (1593-1652), editore, curò la pubblicazione del volume di Postel Absconditorum a constitutione mundi clavis [...] una cum appendice Pro pace religio-nis Christianae (Amsterdam, 1646). Il riferimento alla «Turris Babel» (p. 38) rimanda alla figura e alle varie opere di Johann Valentin Andreae (1586-1654), tra cui il Menip-pus, Enenkelius (che costituisce parte della Mythologia Christiana) e il Theophitus, frequentemente richiamate nel testo.
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figura di Sabbatai Zevi, appartengono all’organicismo proprio di questa cultura di matrice neoplatonica per cui «scopus Eliae est jungere omnia, inter quae Deus divortia non fecit: srovnati vsecko vysoké nizkym, veliké s malym, hory sniziti a vyzdvihnouti udoli - aby byla rovnost [appianare ogni cosa, l’alto con il basso, il grande con il piccolo, ridurre le montagne e alzare le valli - affinché vi sia uguaglianza] et harmonia rajské podobnà [simile a quella celeste]»21. Gli uomini dovevano perciò adoperarsi per favorire l’avvento di questa nuova età con un attivo movimento riformatore nella Chiesa, nella politica, nell’educazione e nella cultura: «Inter primaria Eliae munera erit [...] ostendere omnibus omnes hactenus particularia egis-se et agere: jam autem venisse totum perfectum [...] Ergo everrendum jam, quicquid fuit ex parte in philosophia, politia, religione»22.
Comenio tuttavia modifica il messaggio biblico originario quando, enumerando i tre Elia chiama il primo Thesbita, il secondo Baptista e il terzo Artista. Quel che nella stessa tradizione riformata ceca era «duch», spirito, diventa «artista». Ciò si deve all’innesto di una tradizione culturale diversa, rappresentata qui da Julius Sperber (+1616?) («O tfech Eliasich nemà-li Sperber? [sui tre Elia non c’è qualcosa in Sperber?]»). Di questo oscuro autore Comenio potè trovare alcuni scritti nella biblioteca del suo protettore e punto di riferimento politico, Karel di Zerotin. Si tratta di opere rosacrociane: una, anonima, reca il titolo Echo der von Gott hocherleuchtenen Fraternitat, des loblichen Ordens R.C., (Gedani, 1615), un’altra porta il nome falso di Julian de Campis ed è intitolata Sendbrief oder Bericht an alle, welche von der neuen Brùderschaft des Ordens vom Rosen Kreutz ge-nannt etwas gelesen oder von andern per modum discursus der Sachen Be-schaffenheit vernommen (Frankfurt, 1615). Sul tema del terzo Elia Sperber scrisse inoltre un trattatello, Ein gebeimer Eractatulus von den dreien secu-lis oder Hauptzeiten, von Anfang bis zum Ende der Welt, pubblicato, come del resto la maggior parte dei suoi scritti, ad Amsterdam nel 1660. L’identificazione del terzo Elia con l’«artista» si trova invece negli scritti di un altro maestro, Johann Heinrich Alsted (1588-1638) il quale però a sua volta lo mutuava da uno scritto paracelsiano, De tintura physicorunFL Que-
21 CE, p. 20, dove aggiunge che «conciliandi omnia omnibus medium efficacissimum erunt IDEAE» che «imaginem Dei eandem omnes, in qua omnia (tota aeternitas) simili-ter splendent, indelebiliter impressa - ale rozruzneni zàstera jest [ma la differenziazione è un pretesto]» «h.e. similis de omnibus in omnibus persvasio». Sugli ebrei e sulla figura di Sabbatai Zevi, p. 66.
22 CE, p. 24. Su questo tema si veda E. De Mas, L'attesa del secolo aureo (1603-1625), Firenze, Olschki, 1982.
23 Di Alsted cita nei CE la Diatribe de mille annis apocalypticis, edita a Francoforte nel 1627; di Paracelso (Theophrastus von Hohenheim Paracelsus, 1493-1541) Johann Rudolph Glauber stava proprio in quegli anni pubblicando gli scritti ad Amsterdam.