Società maschile e sodomia. Dal declino della « polis » al Principato

Item

Title
Società maschile e sodomia. Dal declino della « polis » al Principato
Creator
Luciano Marcello
Date Issued
1992-01-01
Is Part Of
Archivio Storico Italiano
volume
150
issue
1 (551)
page start
115
page end
138
Publisher
Casa Editrice Leo S. Olschki s.r.l.
Language
ita
Format
pdf
Relation
Storia della sessualità, Italy, Feltrinelli, 1985
La volontà di sapere, Italy, Feltrinelli, 1968
Rights
Archivio Storico Italiano © 1992 Casa Editrice Leo S. Olschki s.r.l.
Source
https://web.archive.org/web/20230921183415/https://www.jstor.org/stable/26217682?searchText=Foucault&searchUri=%2Faction%2FdoBasicSearch%3FQuery%3DFoucault&efqs=eyJsYV9zdHIiOlsiYVhSaCJdfQ%3D%3D&sd=1975&ed=2000&pagemark=eyJwYWdlIjo5LCJzdGFydHMiOnsiSlNUT1JCYXNpYyI6MjAwfX0%3D&groupefq=WyJzZWFyY2hfY2hhcHRlciIsIm1wX3Jlc2VhcmNoX3JlcG9ydF9wYXJ0IiwiY29udHJpYnV0ZWRfdGV4dCIsInJldmlldyIsInNlYXJjaF9hcnRpY2xlIiwicmVzZWFyY2hfcmVwb3J0IiwiY29udHJpYnV0ZWRfYXVkaW8iXQ%3D%3D&ab_segments=0%2Fbasic_search_gsv2%2Fcontrol&refreqid=fastly-default%3A3a43a075ad8f9f2a9cbff42ff1912305
Subject
sexuality
surveillance
discipline
confinement
exclusion (of individuals and groups)
apparatus (dispositif)
biopower
extracted text
Società maschile e sodomia.
Dal declino della « polis » al Principato
1. Sodomia rinascimentale e declino della «polis». - Molte analisi storiche hanno insistito sulla libertà di costumi dell’epoca rinascimentale dandole un rilievo forse eccessivo, soprattutto se paragonato allo speculare oscurantismo secentesco, « terminus ad quem » del processo di riformulazione dei cardini morali e di riorganizzazione della Chiesa cattolica dopo la Con-troriforma.1
Nondimeno appare evidente l’attenzione particolare riservata da alcune « poleis » italiane verso il problema della sodomia,2 che sembra indicare la reazione di quei governi verso la diffusione di comportamenti, modi di vivere e manifestare scelte sessuali diverse da quella, unica e ferrea imposta dalla Chiesa.
La stretta connessione, proclamata da legislatori e predicatori, tra diffusione della sodomia e pratiche contronatura da un lato e l’evidente difficoltà nella ripresa dopo la catastrofe demografica causata dalla peste nera (1348) dall’altro, aveva contribuito ad affrettare la messa in opera di quell’indirizzo repressivo e di controllo della moralità e dell’ordine pubblico da parte delle città-stato nel tardo medioevo e nel rinascimento.
1 Classico della storiografia italiana in materia è P. Villari, Niccolò Machiavelli e i suoi tempi, Milano, Hoepli, 1927; del tutto assente un’analisi sulla sodomia nell’opera di J. Burchardt, La civiltà del Rinascimento in Italia, Firenze, Sansoni, 1952.
2 La legislazione sulla sodomia conobbe sviluppi originali in alcune repubbliche italiane fra XIV e XV secolo. Venezia giunse a creare un « Collegium Sodomitarum » nel 1418, seguita nel volgere di pochi anni dai fiorentini Ufficiali di Notte (1432) e dall’Ufficio dell’Onestà di Lucca (1448), tutte magistrature cittadine che avevano lo specifico incarico della repressione degli omosessuali.



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La città doveva con rammarico constatare come in « varie parti di essa » prosperassero commerci e rapporti illeciti, prostituzione e gioco d’azzardo, tutti focolai di disordine e turbamento per il « buono e onesto vivere della città »?
Una conferma di quanto fossero forti passione ed interessi intorno a questo problema si ebbe a Firenze nel periodo della supremazia savonaroliana (1494-1498) durante il quale vennero discussi cinque testi legislativi differenti sulla sodomia.4 Malgrado ciò le città toscane, Firenze e Lucca in modo particolare, mostrarono un atteggiamento più tollerante verso la sodomia. Nel Quattrocento e nei primi anni del Cinquecento prevalse quasi sempre il criterio di punire solo con sanzioni pecuniarie gli adulti e con lievi sanzioni afflittive gli adolescenti.5 La creazione di magistrature « ad hoc » da parte dei governi cittadini non trova peraltro riscontro negli altri stati italiani
3 Per un inquadramento generale cfr. G. Guidi, Il Governo della Città-Repubblica di Firenze nel primo Quattrocento, Firenze, Olschki, 1981; sui mutamenti procedurali dell’amministrazione della giustizia nel Quattrocento come preludio ai nuovi ordinamenti cinquecenteschi e granducali cfr. A. Zorzi, Aspetti e problemi dell'amministrazione della giustizia penale nella Repubblica fiorentina. II: Gli assetti quattrocenteschi e dell’ultimo periodo repubblicano, « Archivio Storico Italiano », 145, 1987, pp. 527-578. Per gli aspetti più inerenti alla moralità e all’ordine pubblico rimando alle ricerche di R. Trexler, Prostitution fiorentine au Moyen Age, « Annales », 36, 1981; per uno studio più specifico sull’omosessualità e sulla magistratura che a Firenze fu creata per reprimerla, cfr. M. Rocke, Il controllo dell’omosessualità a Firenze nel XV secolo: gli « Ufficiali di Notte », « Quaderni Storici », n. 3, Dicembre 1987, pp. 701-723. Su Venezia cfr. G. Ruggero, The Boundaries of Eros: Sex Crime and Sexuality in Renaissance Venice, Oxford, Oxford University Press, 1985, in particolare pp. 109-145. Sull’istituzione della magistratura lucchese cfr. S. Bongi, Inventario del R. Archivio di Stato di Lucca, IV, Lucca, 1872, p. 213.
4 Non a caso Girolamo Savonarola, nume tutelare del Maggior Consiglio, esortava i cittadini all’autocensura o quantomeno ad una maggiore discrezione nell’affrontare un simile argomento, avvertendo forse il pericolo che una tale circolazione di idee potesse in effetti preparare il terreno ad un atteggiamento più tollerante: « Item è necessario che la Signoria faccia legge contra quello maledetto vizio della soddomia, del quale tu sai che per tutta Italia Firenze ne è infamata, e questa infamia nasce forse perché tanto di questo vizio tu ne parli e cianci, che forse non è tanto in fatto, quanto se ne dice (...) ». G. Savonarola, Prediche sopra Aggeo, Roma, Belardinetti, 1965, p. 20. Sulla discussione dei vari testi legislativi, cfr. U. Mazzone, « El buon governo ». Un progetto di riforma generale nella Firenze savonaroliana, Firenze, Olschki, 1978.
5 M. Rocke, Il controllo cit.



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governati da corti signorili dove un tale problema non sembra emergere con chiarezza.6
Le teorie del « governo di molti » e i modelli repubblicano/ oligarchici, che avevano caratterizzato quelle società mercantili, avevano influito, in una dimensione di lunga durata, sulla formazione di una base politica più ampia (il consorzio dei cittadini in opposizione alla successiva assimilazione di questi a sudditi). La tendenza alla compartecipazione in strutture associative, dalle confraternite alle brigate dovevano favorire l’incontro e la Alia tra gli uomini. Ad un livello più alto si situava la ripresa del modello dell’amore socratico, per il tramite del Ficino, « Plato redivivus », che dalla elaborazione filosofica doveva influenzare le concezioni artistiche e quindi per una naturale osmosi interessare l’universalità dei cittadini.7
La Firenze rinascimentale si era abituata a fare i conti con la figura del sodomita. I predicatori lo dipingevano a tinte fosche e ancor più spesso stigmatizzavano i suoi eccessi e la sua mancanza di verecondia nel mettere in atto le sue mire.8
6 Sulla situazione milanese cfr. M. Benvenuti, Come facevasi giustizia nello Stato di Milano dall’anno 1471 al 1763, « Archivio Storico Lombardo », 9, 1882, pp. 442-482; nel caso di Bologna vengono citate alcune sentenze di condanna all’evirazione, cfr. L. Frati, La vita privata di Bologna dal secolo XIII al XVIII, Bologna, Zanichelli, 1900; sulla corte papale cfr. M. Masini-G. Portigliotti, I Famuli di Sisto IV, « Archivio di Antropologia Criminale », 37, 1916, pp. 462-481, sulla corte dei Gonzaga a Mantova e in particolare sull’atteggiamento del marchese Federico cfr. A. Luzio, Pietro Aretino nei primi suoi anni a Venezia e la corte dei Gonzaga, Torino, Loescher, 1888.
7 « Il s’agit d’une inclination commune à Florence, sous Laurent, chez les lettrés et les humanistes, si leurs moeurs semblent, sauf pour Politien et quelques autres, avoir été pures, elle n’en caractérise que mieux la société di-stinguée du XV siede, où la grace et la perfection de l’adolescent avaient une valeur si remarquable qu’elles ont inspiré les trois versions inoubliables du jeune David nu, qui sont les trois chefs-d’oeuvre de la sculpture fiorentine», A. Chastel, Art et Humanisme à Florence au temps de Laurent le Magnifique, Paris, P.U.F., 1961, p. 293; l’influenza sui giovani di questa arte, erede dei canoni ellenistici, era avvertita lucidamente dal Savonarola: « figure disoneste rispetto a fanciugli [...] doverreste fare incalcinare e guastare quelle figure disoneste », G. Savonarola, Prediche sopra Amos e Zaccaria, Roma, Belardinetti, 1971, p. 148.
8 «Egli non ha paura della pena [...] in tutto egli non ha pensiero se non di mittare a esecutione l’apititio suo. Egli non pensa di riguardare né luogo né tempo per adempire il suo volere, egli va in vescovado, nel luogo dove si ce-



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Se dal versante religioso viene presentata come un tabù, la sodomia rinascimentale nelle consuetudini civili diventa un argomento di conversazione. Di sodomia si parlava, si cicalecciava e si cantava pubblicamente sulla piazza. Il « sodomitto » era immancabilmente messo alla berlina, in modo canzonatorio e comico dalle « berte », componimenti poetici recitati o cantati sulla pubblica piazza e che attiravano un folto pubblico. Si trattava di una tradizione canzonatoria diffusa che colpiva anche altre figure tipiche della città come i magniloquenti dottori e notai.9
2. Modelli e Ruoli - I contorni dell’atto. - Manuali per confessori e opere teologiche confinavano la sodomia tra gli atti di lussuria in una gradazione che comprendeva gli atti di « bestialitas » e, più lieve, la masturbazione.10 Ciò che li accomunava era il loro essere contronatura perché compiuti « in vase indebito », o comunque significanti lo spreco del seme e il rifiuto del dovere procreativo imposto dalla chiesa. Ciò che preoccupava era dunque l’atto in se stesso, e in sintonia con questa linea di pensiero teologi e giurisperiti troveranno innumerevoli motivi di cavillazione, ad esempio se si dovessero o meno addebitare le polluzioni notturne alla stessa rubrica di atti contronatura oppure intorno alla quantità di peccato di atti sessuali compiuti « in sogno ».n
Da questo genere letterario normativo e necessariamente
lebra a Dio, e ponsi ine a vagheggiare il garzone [...] », San Bernardino, Prediche volgari, Milano, Rizzoli, 1936, p. 913.
9 A. Lanza, Polemiche e berte letterarie nella Firenze del primo Quattrocento, Roma, 1972, cfr. pp. 103-108. La legge del 1415 proibiva, a quanto pare con scarso esito, che si cantassero canzoni ispirate a tale argomento: «Et qui-cumque de tam turpi sedere faceret, vel cantaret aliquam cantilenam, vel aliquod simile condemnatur in libris centum (...) », Statuta Populi et Communis Floren-tiae, t. I, Friburgi, 1415.
10 Summa dello arcivescovo Antonino, Omnis Mortalium Cura, Firenze, 1507; G. Savonarola, Confessionale, Brixiae, Marchettj, 1581.
11 M- A. Savelli, Pratica Universale estratto in compendio per alfabeto delle principali leggi, bandi ecc. massime criminali, veglianti in Toscana, Firenze, 1696, p. 380.



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universalistico sono assenti notazioni intorno a quei caratteri che hanno una rilevanza sociale. Mentre più esplicite sono le numerose prediche dedicate all’argomento.
Sulla base della documentazione, in massima parte proveniente dagli archivi criminali, risulta come il modello di rapporto prevalente fosse quello pederastico 12 e l’analisi deve inevitabilmente affrontare in modo più specifico i « mores » giovanili. Nell’ambiente sociale maschile, predominante nella città tardo medievale e rinascimentale, il rapporto di tipo pederastico era diffuso e quasi radicato nel costume sociale, tanto da divenire presto un luogo comune ed una delle accuse più frequenti che i predicatori lanciassero dal pergamo.
Diffusione massima dell’omosessualità e comprensione/in-comprensione sociale dovevano andare di pari passo. Nella misura in cui riguardava soprattutto giovani e giovanissimi era stata infatti per lungo tempo sottovalutata se non ignorata.13 In questo senso rappresentava uno stadio della vita del tutto interno alle consuetudini e alla vita sessuale maschile.
Non esisteva però soltanto questa forma di omosessualità, più o meno inconsapevole. Esistevano stadi diversi di presa di coscienza o, nella sua valutazione negativa, di « caduta nel vizio » e differenti attitudini a seconda anche della condizione
12 Solo un caso, tra quelli osservati in Archivio, si riferisce con certezza ad un rapporto omosessuale tra due adulti. Il ribaltamento del ruolo (adulto passivo e giovane attivo) è scarsamente documentato. Forse perché inaccettabili secondo le mentalità del tempo i rapporti di questo tipo venivano mascherati e in qualche modo ricondotti al modello dominante? Nella sua ricerca sul controllo della moralità la Pavan riporta alcuni documenti veneziani che comprovano la presenza non irrilevante della omosessualità di adulti, cfr. E. Pavan, Police des moeurs, « Revue Historique », 536, 1980, pp. 241-288.
13 « Tutto il male procede dal cattivo reggimento de’ padri e delle madri: li lasciano andar fuora tutta notte, stanno coi ribaldi a giocare, e fanno di molti altri peccati che per onestà voglio tacere. [...] Voi state qualche volta là al fuoco o a mensa, e comincerete a entrare in qualche cosa lasciva, e motteggiate così sottecchi, e voi credete che e’ non intendine, e loro apprendono ogni cosa e imparano la malizia da voi (...) Tengono in casa, alle lettiere e a’ lettucci, figure disonestissime, fanciulli ignudi con uomini, con certi atti e modi disonesti, che sarebbero indecenti nel luogo pubblico, e credono poi che i fanciulli si contengano », G. Savonarola, Predica sopra il salmo Quam Bonus.



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della persona 14 (ed infatti le leggi graduavano le pene secondo età e status dell inquisito). Bernardino (1380-1444) lascia intendere come l’omosessualità sia in qualche modo accettabile fino a una certa età dopodiché questo vizio
rade volte si abbandona massimamente quando vi sarai invecchiato drente, infino valichi i trenta due anni.15
Mentre alla fine del Quattrocento, il Savonarola nel deprecare i costumi di certi anziani li accusa di aver « fatto faccia di meretrice » 16 e di corrompere e sviare i giovani.
Nel modello dell’amore greco che rimarrà prevalente nella omosessualità maschile fino alle soglie del XX secolo, venivano distinti con precisione i rispettivi ruoli del partner attivo (l’adulto) e di quello passivo (l’adolescente) all’interno di uno schema di corteggiamento e seduzione che doveva risolvere la disparità tra i partner col raggiungimento di una duratura filia e l’ingresso del giovane, tra i suoi pari, nel mondo degli adulti.17
La rinnovata ispirazione ai modelli classici della « nuova Atene » e la stessa similitudine della città stato italiana con il modello della « polis » greca doveva con tutta probabilità favorire questo tipo di rapporto.18 All’immagine mitica della nuova
_ 14 Mi riferisco qui all’epistolario machiavelliano che in più punti fa rife-
rimento a una tale presa di coscienza, a una dimostrazione pubblica e priva di falsi pudori di tendenze omosessuali da parte di amici del Machiavelli stesso, cfr. N. Machiavelli, Epistolario, in Opere, a cura di S. Bertelli, Milano, G. Salerno, 1968. Una categoria di sodomiti è paragonata da S. Bernardino agli istrici, che « scagliano da lontano dardi avvelenati » non mostrando alcun timore nel manifestare le loro tendenze omosessuali. Ancora si può connnettere ad essa il tentativo del regime fiorentino di introdurre una legge che precludesse l’accesso ai pubblici uffici agli adulti celibi.
15 Bernardino da Siena, Le Prediche volgari, II, Pistoia, Pacinotti, 1934, p. 35.
16 G. Savonarola, Prediche sopra l'esodo, II, Roma, Belardetti, 1955, p. 372.
17 M. Foucault, L'uso dei piaceri, Milano, Feltrinelli, 1984, p. 204; K. J. Dover, L'omossessualità in Grecia, Torino, Einaudi, 1985.
18 « Homosexuality was changing from a stage in fife or a parte of a marginai subculture to a threatening aspect of urban fife at every social level. The timing of this transition and its upper class partecipation may imply



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Atene, veniva però contrapposta, soprattutto dal partito piagnone e antimediceo, quella della « nuova Gerusalemme ». Punto d’arrivo della vagheggiata teocrazia savonaroliana, la città santa e pia, veniva reclamata sull’onda della « terrifica praedi-catio » e con un preciso programma di riconversione dei « lascivi giovinetti della città di Firenze ».19
Minor peso è stato però assegnato alle separazioni che caratterizzavano le società d’ancien regime. Quella maschile/fem-minile innanzitutto e quelle per classi d’età che costituivano la « main frame » di una società che sanzionava e privilegiava l’autorità assoluta dell’adulto sul giovane, del padre sul figlio, del marito sulla moglie.
Donna e matrimonio rappresentano figure e status lontani da raggiungere per la maggioranza dei giovani. La tendenza a sposarsi in età matura e una lunga adolescenza sono stati giustamente osservati come altrettanti fattori che dovettero influire sulla predisposizione all’omosessualità.20
3. Fanciulli e bardasse. - Se il modello più diffuso era quello pederastico occorrerà delineare la figura dell’adolescente e il suo inserimento nella vita sociale per meglio comprendere i termini di questo rapporto.
La purezza del fanciullo era un carattere spesso esaltato nei confronti dell’opposta rapacità e corruttela del vecchio. Il modello classico simboleggiato nel racconto mitologico di Zeus e Ganimede lo vede preda ambita e vittima del volere del padre degli dei e ancora ad esso si richiamerà lo scultore Benvenuto
that it was related in some way to thè growth of humanistic studies and thè respect for thè classics and classical life-styles », G. Ruggero, The Boundaries of Eros cit., p. 137.
19 «[...] negli ornamenti e capigliature come fanciulle apparivano, ancora più come pubbliche meretrici, nel parlare et opere impudichi et maxime in quel vitio indicibile, cosa abominevole a dire, giucatori, golosi, vanagloriosi, lascivi et in molti altri peccati inviluppati », P. Burlamacchi, Vita del Beato Jeronimo Savonarola, Firenze, 1937, p. 119.
20 J. L. Flandrin, Mariage tardif et vie sexuelle, « Annales », XI-XII, 1972, pp. 4351-1378.



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Cellini dinanzi alla corte medicea per difendersi da un’accusa di sodomia. La funzione assegnatagli è quella di mediatore tra la società umana e la divinità,21 il sacrificio di Isacco — il fanciullo come ostaggio — per sanzionare l’autorità assoluta del Dio unico, si rispecchia nel trionfo del fanciullo Davide, giustiziere e Re.
La liminalità della condizione adolescenziale e il suo carattere di purezza, in opposizione alla corruzione dei adulti,22 avevano determinato l’ingresso dei gruppi adolescenziali nella ritualità cittadina. Soprattutto nei momenti di crisi essi apparivano come elemento salvifico, di riappacificazione della comunità, rea della violazione dell’ordine divino.23
A prescindere da questi momenti di fervore religioso la condizione giovanile si caratterizzava per la sua inferiorità e assenza sui piani sociali e istituzionali.
Una credenza diffusa giudicava i bambini come appartenenti ad un mondo di sragione e di follia, appartenenza che li metteva al riparo da determinati obblighi sociali, e soprattutto da un ventaglio di tabù e di norme religiose.24 Il giudizio dei filosofi dell’umanesimo a tal proposito aveva mostrato comprensione verso la sragione giovanile, rilevandone i suoi aspetti di intemperanza e focosità che nessuna medicina tranne il tempo e l’esperienza avrebbero potuto correggere.25
La scarsa attenzione verso i figli ancor più che dalla inesistenza di una pedagogia sensibile ai problemi dell’adolescenza o dalla latitanza del padre, e soprattutto dell’affetto paterno, dalle mura domestiche,26 doveva dipendere dall’allontanamento del fanciullo per entrare a far parte di un gruppo che con i suoi rituali di maschilizzazione avrebbe rappresentato per lui il banco di prova più importante per l’ingresso nella società adulta e
21 O. Niccoli, Compagnie di bambini nell'Italia del Rinascimento, « Rivista Storica Italiana», 19, 1990, pp. 346-374.
22 « Li vecchi ancora hanno guasto il mondo col malo esempio, non hanno più vergogna, ma fanno el male apertamente: egli hanno fatto faccia di meretrice. Adolescentibus impudice abusi sunt et pueri in ligno corruerunt. Egli hanno usato i giovanetti malamente, e’ gli hanno messi nelle libidine loro e hannogli fatti ribaldelli », G. Savonarola, Prediche sopra l'Esodo, II, Roma, Belardetti, 1955, p. 372.



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maschile. Altrettanto si può dire per la struttura corporativa che assorbiva il lavoro giovanile e che richiedeva un distacco fisico a volte definitivo dai legami familiari. I ragazzi dovevano presto imparare a cavarsela da soli uscendo dal piccolo universo protettivo matricentrico.
4. Filia e omosessualità nelle brigate. - Rispecchiando la tradizione moralistica propagandata dai predicatori, la legge del 1527 apparenta esplicitamente la sodomia agli eccessi del Gioco e alla Bestemmia. Le « tentazioni inhoneste et libidinose maxime di sogdomie » sono paventate, a chiosa degli « item » del testo legislativo, perché « molte volte ne segue disordini, eccessi et peccati grandissimi ».27.
Questi eccessi erano spesso opera di gruppi o brigate, formate da adolescenti e giovani quasi sempre coetanei, ai quali a volte si univano i fanciulli.
L’elemento « gruppo » - e brigate e fazioni avevano sostenuto sempre un ruolo di primo piano nelle vicende politiche fiorentine - riemerge quindi sulla scena della « dèraison » cittadina esibendosi nei suoi rituali scanditi dalla violenza. Talvolta percorsi da fremiti luddistici28 ma più spesso legati alle scan-
23 Decisivo fu il ruolo dei fanciulli nel periodo dell’egemonia savonaroliana (1494-98). Le processioni dei fanciulli del frate dovevano servire come esempio per condannare l’immoralità e il lusso smodato e si concludevano spesso con i « roghi delle vanità », cfr. O. Niccoli, Compagnie cit.
24 « E questo solo è colpa, che non fanno stima de’ peccati, del padre e della madre, che mai gli fanno confessare perché non fanno stima de’ loro peccati, e scusangli per ignoranzia. È però fanciullezza! », Bernardino da Siena, Le Prediche volgari, II, Firenze, Rinaldi, 1958, p. 42.
25 Secondo l’Alberti «A tutti prima che XXV anni pare che sia dannoso accostare la gioventù volenterosa e fervente a simile opera, ove ella spenga quella vampa e calore della età, più atto a statuire e confermare se stessi che a procreare altrui », L. B. Alberti, Opere volgari, Bari, Laterza, 1960, p. 109.
26 D. Herlihy, Vieillir à Florence au Quattrocento, « Annales », annata 1969, p. 1345.
27 Archivio di Stato di Firenze (d’ora in poi ASF), Provvisioni, Dupl. 232, c. 22.
^ AllTmpruneta, nei dintorni di Firenze, per esempio «habita parechi giovani et vi fanno molte dishoneste et tristi chose et ogni notte si ragunano insieme et per le logge delle fornare guastano vasi et orci et altri lavori che



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sioni generazionali, ai riti di passaggio. Tali erano i gesti, solo apparentemente inconsulti dell’emergente presenza giovanile, legati forse da una remota ascendenza a culti di fertilità.29 La fondamentale suddivisione per classi d’età30 influiva in modo determinante sulla gènesi e formazione delle brigate, all’interno delle quali si dovevano cementare vincoli di filìa e gli approcci sessuali potevano spesso essere rivolti e consumati nei confronti dei ragazzi più giovani, secondo la stessa logica di preminenza geriatrica. Nel 1510 si notava come in una casa fiorentina:
[...] vienvj parechi garzoni [...] sonvj sempre parechi fanciu-gli et quivi non si fa maj se non male et fanno le più belle Iettate et quegli garzoni fotono quegli fanciugli.31
Le finalità erotiche dei giochi di brigata erano più spesso secondarie o accessorie essendo il principale fine del gruppo giovanile quello di compiere scorrerie, baie o altre intemperanze. Nel 1511 qualcuno si lamentava contro un gruppo di giovani, in prevalenza appartenenti a nobili casati, definendoli una « setta di ribaldi » che assaltano la notte e derubano i malcapitati et chi non lascia la chappa o la scharsella anno tanto ardire che è danno delle ferite e mazate.
con questi ladrocinii finanziano le attività stesse del gruppo:
et questo è publico et manifesto che se none facessino di queste chose non potrebbono tenersene e gharzoni et le bardasse elle pu-tane che non anno danarj se non n’è di questo.32
si rasciughano [...] », ASF, Otto di Guardia. Partiti e Deliberazioni (d’ora in poi O.P.D.), Serie Repubblicana (d’ora in poi S.R.), 147, c. 62.
. 29 Un aspetto che accomuna le attività dei giovani nelle loro « uscite » in brigata è rappresentato dal continuo e abbondante ricorso a forme verbali di esaltazione del fallo e della potenza sessuale, ad es.: «[...] vanno per quegli borghi dicendo parole di tanta dishonestà che si disdirebbe al luogho perché uno dice io l’o’ grosso et l’altro io lo farei 6 volte et molto più dishoneste », ASF, O.P.D. S.R., 147, c. 62.
30 Sulle classi d’età cfr. N. Eisenstadt, Da generazione a generazione, Milano, Etas Kompas, 1971.
31 ASF, O.P.D. S.R., 152 bis, c. 158.
32 ASF., O.P.D. S.R., 152 bis, c. 122.



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5. Modi e luoghi. — La nozione moderna di sessualità come di un qualcosa di profondamente correlato al singolo si è imposta dopo un processo di secolarizzazione e di intimizzazione della sfera affettiva.33 Le esigenze di privatizzazione del corpo erano invece assai meno sentite dalla società « ancien regime » e la soglia di tolleranza/ripugnanza rispetto a molte espressioni della fisicità era diversamente posizionata. La promiscuità favoriva d’altronde quel disordine. All’interno delle mura cittadine gli spazi privati potevano esistere in pratica soltanto nelle dimore signorili ed anche in questi ambienti la « privacy » non sempre era possibile:
Int.us, an ipse umquam vidit dictum franciscum jocavi cum dictis viris nobilibus vel facere aliqua gesta inonesta. Re.t, Io veddi francesco più volte scherzare col sig.r Corrado, et sig.r Carlo Gratiani, et poi si ritiravano in una camera scherzando, che noi altri servitori non guardavamo quello facevano.34
Mentre nelle abitazioni popolari e nelle botteghe, fino alle carceri e alle sale d’armi, si assiste piuttosto ad un brulicare di umanità che doveva condividere spazi ristretti e malamente illuminati. Stanze nelle quali più persone coabitavano, dormendo su pagliericci o sui loro stessi « ferraioli » stesi sopra qualche « casserano ».35 Quando esisteva un letto erano sovente più persone, anche di differenti età, a servirsene:
[...] et lo tenne a dormire seco nel letto dove anchora era la madre et Sylvio et un suo chierico et la madre si levorno di letto avanti di loro, et allora il prete che era da capo venne da piedi dove
33 R. Sennett, Les Tyrannies de l'intimité, Paris, Editions de Seuil, 1979.
34 Processo contro alcuni nobili perugini, ASF, Tribunale Nunziatura Apostolica, Atti Criminali, 854, c. 10^ (1609).
35 «Et detto Roccho cavatosi una pelliccia di torno la buttò in su una baula, o cassa et disse dormirai li, et domattina una bora avanti giorno ritornerai et parrà che tu babbi fatto la guardia, et così coricatosi in detto luogo il detto Roccho si spogliò et spense il lume et avanti che entrasse in letto domandò a esso constituto se havea padre et madre et se andava a scuola [...], Processo contro Roccho Berlacchini, Archivio di Stato di Lucca (d’ora in poi ASL), Ufficio deirOnestà (d’ora in poi ONE.), 1, c. 7r (1568).



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era detto constituto [...] Int.us, se Sylvio senti questa cosa rispuose noi lo sapere perché era da capo et non sa se dormiva.36
I gesti di una sociabilità di gruppo potevano diventare codice esclusivo ad uso e consumo di un segmento di società reclusa come il convento o il « gineceo », che rimanevano per gli estranei un mondo a parte e misterioso. In un ambiente di club, a Lucca nel 1638, alcuni uomini vengono sospettati, perché praticano sempre insieme:
[...] tutti questi fanno la dishonestà di tal sodomia contro li suddetti poi che sono tutti in camerata et quasi tutti una cosa stretta.37
Una mappa parziale dei luoghi « deputati » alla prostituzione e agli incontri maschili indica come punti nevralgici alcuni dei gangli vitali del tessuto urbano, a Firenze, gli Uffizi nuovi col loro ampio loggiato dalla fine del XVI secolo, le logge di Mercato, la loggia del grano, Pontevecchio e soprattutto lo spazio circostante numerose taverne e osterie di malaffare.
Case private 19
Campagna 7
Strade, piazze, logge 25
Osteria 10
Bottega 8
Edifici pubblici 4
L’approccio pederastico verso il fanciullo viene tradotto in un gergo che rispecchia ed enfatizza, anzi, gli opposti termini del rapporto eterosessuale. L’adolescente si prestava infatti « ad uso di donna »,38 come « una cagna ».39 Il corpo impubere veniva femminilizzato secondo la logica maschile del possesso di
36 Processo contro prete Piero da Pescia, ASL, ONE., 1, c. 6r (1570).
37 ASL, ONE., 5, c. 22r.
38 «Et esselo tenuto proprio chome si tiene la donna», ASF, O.P.D. S.R.,
152 bis, c. 11.
39 ASF, O.P.D. S.R., 152 bis, c. 94.



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un oggetto passivo e sottomesso, come appunto quello della donna. Indispensabile era comunque l’assenza di connotati troppo marcatamente virili.40
Il partner adulto viene chiamato « sodomito » o « buggerone », mentre l’adolescente, soprattutto quando si prostituisce, è chiamato spesso il « bardassa », un termine che ne connota sprezzantemente la subordinazione.
In questo senso non stupisce che gli adulti potessero arrivare a contendersi un fanciullo nei modi più cruenti:
Ghagliano fornaio fu ferito per amore di detto Zanobi da Cammillo spedale [...].41
I partners di un rapporto pederastico potevano apparire pubblicamente come coppia nella quale il giovane fungeva da donna:
[...] detto fornaio [...] à voluto bene et è stato guasto uno tempo d’uno gharzone da bene pistoiese chiamato Jacopo di Bernardino del Cimata oggi d’età d’anni 20 e 21 in circha el quale fu sviato dal detto Francesco fino l’anno 1504 et del continuo fino all’anno 1507 si tenne pubblicamente detto gharzone come sua donna sanza rispetto alcuno o d’iddio o di legge umana [...].42
Il rapporto tra i due durò all’incirca quattro anni e si interruppe quando il ragazzo, ormai raggiunti i 18 anni, era giunto a un grado di maturità che gli impediva di continuare in quel rapporto:
[...] quando detto Jacopo non era più buono di adoperarlo [...] 43 che sottintende chiaramente la difficoltà da parte di un giovane ormai uscito dal « limbo » adolescenziale a sottoporsi ad atti sessuali passivi.
40 Suscita sospetto, ad esempio, accompagnarsi ad un « giovenetto sbarbato, di statura alto, bianco di viso, di prima lanugine », ASF, Tribunale Nunziatura Apostolica. Atti Criminali, 866, c. s.n.
4i ASF, O.P.D. S.R., 147, c. 173.
42 ASF, O.P.D. S.R., 147, c. 56.
43 Ibid.



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Nella quasi totalità dei casi censiti il rapporto omosessuale rientra in effetti in questa categoria. Accanto alla persistenza del modello occorre però evidenziare la dissimetria che si è accentuata soprattutto a scapito degli elementi più deboli del rapporto. In effetti lo scambio sessuale pederastico risente della complessa e forte stratificazione di ruoli che permea la società rinascimentale e più estensivamente le società preindustriali.
Violenza e stupro ai danni di minori caratterizzano in effetti una parte consistente dei casi giudicati dalla magistratura degli Otto. Gli adolescenti, insieme alle donne sole e alle vedove, erano spesso le vittime predestinate di violenze, innanzitutto per la condizione di inferiorità, istituzionale e sociale, che ne contraddistingueva invariabilmente lo status.
6. La Bottega. - L’apprendistato nelle botteghe rappresentava imo tra gli sbocchi più probabili per i giovani delle città preindustriali. Gli Statuti delle arti prevedevano norme precise sulla durata e sulle modalità del periodo di apprendistato. Alcuni storici hanno voluto interpretare in modo romantico e forse troppo ottimistico questo tipo di rapporto di impiego, almeno per quanto riguarda botteghe dove operavano pittori e scultori.44 Uscire dalla tutela della famiglia per accedere ad un rapporto di lavoro di apprendistato implicava spesso il passaggio a una tutela ancora più rigida da parte di un maestro spesso esigente e autoritario. In questo nuovo ambiente il ragazzo doveva conoscere subordinazione e spesso asservimento verso il padrone/ maestro, doveva inoltre deferenza verso gli altri lavoranti più anziani della bottega e solo alla fine dell’apprendistato, che in talune Arti durava fino a 8-10 anni, passava dal rango di discepolo a quello dì lavorante.45 Tra questi ultimi potevano formarsi
“ È il caso di J. C. Lebenszteyn che coglie appieno un aspetto del rapporto di apprendistato ma sembra trascurare le circostanze generali di severo sfruttamento del lavoro minorile: « Una sorta di contratto - economico, pedagogico, erotico - regola più o meno tacitamente, nell’Italia del Rinascimento, l’apprendistato della pittura. Io ti do il pane e l’alloggio e tu mi sbrighi faccende della casa e del lavoro, io ti trasmetto la mia scienza e il mio talento, e in cambio tu mi concedi la tua giovinezza e all’occasione la tua bellezza, che



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concreti legami di solidarietà e di amicizia, che si esternavano in maniera evidente nella condivisione dei momenti di vita extralavorativa come ricorda il Davidsohn: « Tra gli speziali, i mereiai e i mercanti di tela si dovettero espressamente proibire con minaccia di severe punizioni i convegni notturni nei negozi dove i discepoli avevano in parte i loro giacigli ».46 Gli spazi e i momenti per una filia di gruppo esistevano soprattutto se si tiene conto dell’elevato numero di giornate festive in uso nel calendario del mondo di « ancien regime ».
I casi di violenze ai danni degli apprendisti non erano rari e sembrano essere la spia di modelli e attitudini educative assai diffuse che non disdegnavano il frequente ricorso a sistemi correzionali afflittivi.
Nel mese di maggio 1625 a Lucca, madonna Maddalena vedova di Ventura Martini riesce, con l’aiuto di un sensale, a mettere a bottega a « imparare l’arte del legnaiuolo », suo figlio Venturino di undici anni. La morte del padre poteva spesso far piombare un nucleo familiare in condizioni di miseria. Era la vedova a doversi assumere il ruolo di capo-famiglia e il compito di provvedere al sostentamento dei figli. Nello stesso tempo il suo status risultava indebolito e la vedova affrontava pressioni esterne e non di rado assalti in piena regola da parte di malintenzionati.
Anche in questo caso una vedova doveva fare fronte ad una situazione difficile. Da una deposizione apprendiamo infatti che la vedova aveva un’altra figlia, una « fanciulla grande », ormai prossima all’età del matrimonio. Era divenuto indispensabile trovare un mestiere al ragazzo che aveva « undici anni forniti », facendo così sgravare di un peso il già magro bilancio familiare.
L’allontanamento fisico del giovane sembra sanzionare la
entreranno nella mia arte e torneranno a te quando le avrai perdute »: J. C. Lebenszteyn, Specchio Nero, « Bullettino Storico Empolese », cc. 5-6, 1985, p. 199.
45 R. Davidsohn, Storia di Firenze, IV, p. II, Firenze, Sansoni, 1965, p. 168.
46 R. Davidsohn, Storia di Firenze cit., p. 171.



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ritualità di una separazione che si compie con l’ingresso ad altra tutela.
[...] et havendo servito il detto Antonio circa 15 giorni, un giorno secondo che mio figlio mi ha detto lo rinchiuse in uno stam-bugiolo contiguo alla bottega [...] et per forza usò seco il vitio nefando [...] et essendo venuto mio figlio a casa mi disse, non so se fu lo stesso giorno o il seguente, ‘ madre mia Jacinto mi ha trovato un buon padrone ’, adomandatoli che cosa voleva inferire, mi confessò quanto ho detto di sopra et io lo volsi vedere, et conobbi che era stato usato, et era scorticato, et non volsi che tornasse a lavorare come lui me ne pregò.47
Il meccanismo che porta alla denuncia ed al processo stenta a mettersi in moto. Come è comune in casi che coinvolgono l’onore del minore e della famiglia il ricorso agli organi di giustizia è tutt’altro che immediato. Altri fattori sembra debbano entrare in scena perché si compia il passaggio all’intervento dei magistrati cittadini. Maddalena deve preoccuparsi di curare il figlio « usato e scorticato » e non potendosi permettere le cure a domicilio, che avrebbero probabilmente consentito di passare sotto silenzio l’intera vicenda, è costretta a portarlo all’ospedale. E da lì che probabilmente comincia a trapelare la verità sulla violenza subita da Venturino. Il legnaiuolo, per quanto macchiatosi di un’azione abominevole, non è un estraneo e sconosciuto stupratore. È pur sempre un maestro dell’arte col quale Maddalena aveva stretto un contratto, il datore di lavoro e anche temporaneo albergatore del figlio. Per questo Maddalena decide di recarsi personalmente in bottega:
Int. R. e Io non potei star forte vedendo crescere il male a mio figlio, andai un giorno a bottega dal detto Antonio et li dissi del mal termine usato con mio figlio, et esso diventato smorto procurava di quetarmi, ma io li dissi molte parole in collera havendomi vituperato quel figlio.48
47 ASL, ONE., 5, c. s.n.
45 Ibid.



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Antonio cerca in tutti i modi di contenere Tira della vedova e di mantenere la disputa su di un binario privato. Si tratta però di un privato allargato: se era stato un « sensale », amico di famiglia, a darsi da fare per trovare il lavoro a Venturino, così ora un conoscente più vicino al legnaiuolo ad intervenire per un ultimo tentativo di ricomposizione. Antonio infatti offre a Maddalena, con la mediazione dell’amico, una somma a titolo di risarcimento e che consente alla madre di far curare il ragazzo.
Ma ormai la violenza compiuta da Antonio supera l’entità del danno fisico e morale arrecato a Venturino. L’atto si ripercuote sull’integrità morale della famiglia, e soprattutto sulla purezza della figlia maggiore. Maddalena deve agire anche per difendere l’onore e le « chances » matrimoniali della figlia. Come testimonia eloquentemente la madre:
[...] et che l’ha ve va misso una maschera al viso havendo una fanciulla grande [...].49
Solo a questo punto la donna ricorre al tribunale chiedendo giustizia per l’offesa subita. Antonio, resosi nel frattempo irreperibile, viene condannato alla pena prevista dalla legge per i contumaci.
[...] in pena di essergli tagliata la testa in modo che muoia et l’anima dal corpo si dissepari.50
7. La Scuola. - Il contatto tra il mondo degli adulti e i ragazzi trovava nella scuola un luogo privilegiato. Soprattutto per quei maestri che tenevano scuola presso le loro abitazioni e che spesso alloggiavano gli scolari come era consuetudine diffusa nel Rinascimento.51 Sul rapporto allievo-maestro, e sulle libertà che quest’ultimo poteva facilmente concedersi esiste già una pre-
Ibid.
50 Ibid.
51 S. Adorni Braccesi, Maestri e Scuole nella Repubblica di Lucca, « Società e Storia », 33, 1986, pp. 559-594.



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coce letteratura imbastita di facezie e frecciate sull’ambiguità della figura del maestro.52
Nel 1570 Giovanni di Francesco da S. Anna denuncia agli ufficiali dell’Onestà di Lucca il prete Piero da Pescia per aver stuprato i suoi due figli. Benedetto di 10 anni e Archangelo di 8 andavano a scuola dal prete per « imparar lettere virtù et buoni costumi ».53 Dopo pochi mesi dall’inizio delle lezioni comincia a spargersi nel vicinato la voce sulle imprese del maestro. Un altro genitore « qual manda ancora lui un suo figlio a scuola al detto prete » mette sull’avviso Giovanni:
Giovanni vedete interrogare un poco i vostri figli se il maestro li ha fatto cosa nissuna, accennandoli se l’havesse sogdomitati perché haveva inteso dal suo figlio che li haveva voluto far simil cosa.54
Giovanni deve « circuire » a lungo i suoi due figli prima di riuscire a farsi confessare da loro ciò che era successo. Dalle deposizioni del genitore emerge la figura del capo clanico più che quella di un genitore effettivamente vicino ai propri figli. Nei confronti dell’accusato Giovanni inizia ad operare cautamente. Oltre che difficile da provare l’accusa è rivolta verso un sacerdote, una figura che accentra in se potere e autorità all’interno della comunità e che comunque non è perseguibile dalle magistrature secolari. Giovanni si reca dal prete limitandosi a
52 « E so io che c’è patria che ninno toscano vi può abitare, e tale città che ninno maestro di scuola può essere toscano, acciò che non corrompino e loro figliuoli. Qui se ne fa arte! Annole posto nome l’arte gentile della seta», S. Bernardino da Siena, Le Prediche volgari, Pistoia, Pacinotti, 1934, p. 35. Anche i maestri a domicilio, a quanto pare, non erano alieni dalle intemperanze carnali: « Un fiorentino aveva in casa un giovane che doveva istruire i suoi figli. Per la continua frequentazione della casa, questi si fece per prima la serva, poi la nutrice, la padrona e finalmente i suoi stessi allievi. Quando il padre, che era persona gioviale, se ne fu accorto, fece venire il maestro di nascosto nella sua camera: visto che gli disse - vi siete servito di tutta la mia famiglia (e che buon prò vi faccia), è bene che non manchi nessuno e dovrete ora servirvi anche di me », P. Bracciolini, Facezie, Milano, Rizzoli, 1983, p. 323.
53 ASL, ONE., 1, c. 3r.
54 Ibid.
55 ASL, ONE., 1, c. 3^.



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ritirare i suoi figli dalla scuola e, quasi timoroso, gli paga comunque quanto dovuto per le lezioni:
Int. Se ha parlato cosa alcuna di questo al detto prete R. e Che se ne è doluto destramente et pagatolo di quello li doveva et fattosi dare i libri de suoi figli et il prete và negando et scusandosi et esso constituto di nuovo per non errar interrogò detti suoi figli separatamente et stanno nel medesimo proposito.55
Il giorno seguente i magistrati interrogano Benedetto, la deposizione del bambino mostra chiaramente quanto il maestro facesse ricorso alle intimidazioni e alle vessazioni per costringere i suoi scolari a piegarsi alle sue voglie:
[...] disse com’è la verità che prete Piero da Pescia cappellano in la chiesa di S. Anna al quale esso et suo fratello et molti altri andavano a scuola a lui a imparar, et che l’ha sogdomitato 3 volte, et la prima fu il dì fatto S. Anna dell’anno passato, et andò in questo modo, che il detto prete lo chiamò su in colombaia, et li disse mi vuoi dar quella cosa, et dicendoli che cosa li disse che li metter il membro et dicendo noi volere li disse li darebbe un cavallo, et persistendo che noi voleva, allora, il prete li mandò giù i calzoni et con una bacchetta che haveva li de’ parecchie bacchettate et do poi di li a poco lo richiamò in colombaia et li disse se tu noi me lo dai te ne darò un’altro più forte, et così lo puose bocconi in su un caserano et ne lo misse dentro et fece quello che volse, et li comandò che noi dicesse a suo padre ne altri se noi le harebbe un gran cavallo.56
Dopo gli interrogatori dei figli di Giovanni e di altri bambini che frequentavano la scuola di maestro Piero, gli atti del processo si interrompono bruscamente e non ci è consentito sapere se il maestro venne deferito ad un tribunale ecclesiastico e ivi sottoposto a giudizio. L’assenza di qualsiasi indicazione in proposito fa piuttosto pensare che il fatto fosse messo a tacere.
La cautela con la quale si mossero gli accusatori sembra indicare la consapevolezza della grande difficoltà a provare le ac-
56 ASL, ONE., 1, c. 4r.



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cuse - difficoltà resa ancor maggiore dallo status dell’accusato -che indica anche una certa riluttanza a voler intraprendere procedimenti del genere. Gli avvenimenti che portarono al processo di Piero da Pescia mostrano quanto meno la mobilitazione dell’ambiente sociale, del vicinato, a difesa dei bambini. Le violenze commesse dal prete non furono taciute bensì generarono quelle vociferazioni che alla fine si trasformarono in un atto d’accusa vero e proprio.
8. La repressione granducale. - Nel 1542 la magistratura degli Otto di Guardia di Firenze nel riesaminare il complesso delle leggi sulla pubblica moralità emanate dal precedente governo repubblicano riconosceva come
[...] nelli tempi preteriti le persone si sono poco guardate dal nefando vitio della sodomia rispetto alle piccole pene imposte dalle leggi insino a qui ordinate.57
Le nuove leggi avrebbero dovuto, almeno sulla carta, assestare un colpo definitivo alla diffusione di quel « crimine nefando » per il quale Firenze si era guadagnata, a torto o a ragione, una solida fama anche al di fuori dei confini italiani. Certo, occorre tenere conto del fatto che sulle reprimenda della magistratura del principato influiva una certa volontà tesa a mettere in cattiva luce le precedenti giurisdizioni repubblicane, nondimeno rilevanti cambiamenti sono avvenuti non soltanto sul fronte giuridico (che ne rappresenterebbe in effetti la sanzione) quanto nelle percezioni e nella vita sociale. Il bando del 1542 prosegue riformulando i meccanismi punitivi.58 Le pene vengono sensibilmente aggravate, le antiche sanzioni corporali e pecu-
57 « Bando sopra la bestemmia e la sodomia del dì 8 luglio 1542 » in ASF, Regia Consulta, 48 (« Leggi di Toscana riguardanti affari criminali »).
58 La gradazione delle sanzioni prevedeva, nel periodo repubblicano, la pena di morte alla terza recidiva: i casi rilevati sono però rarissimi, assai difficilmente venivano superati i primi livelli di sanzione pecuniaria per gli adulti e di semplice fustigazione « in nares » per gli adolescenti.



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niarie tendono ad essere sostituite da gravose condanne al carcere o nelle galere di Sua Altezza Serenissima. La pena di morte viene ripristinata per la seconda recidiva e non più alla terza.59
La persecuzione sale quindi di intensità già negli anni intorno alla metà del secolo. Nei decenni successivi pur assistendo a una rarefazione del numero dei casi sui quali il tribunale degli Otto interviene, le sanzioni vengono applicate con un grado di inflessibilità assai maggiore di quello mostrato dalla giurisdizione degli Ufficiali di Notte.
Caduto in disuso il sistema delle Tamburagioni (denunce anonime) che aveva conosciuto una larga fortuna fino agli inizi del Cinquecento, il controllo dello spazio pubblico diventa più capillare. Si infittiscono le ronde dei birri del Bargello, che setacciano spazi pubblici e luoghi « riposti » della città, soprattutto nelle ore della notte, durante le quali si sospetta una maggior circolazione di sodomiti.60
Una rilevazione sullo status socio-economico delle persone inquisite di sodomia mostra una presenza che rispecchia l’universo sociale della città.61
Negli ambienti presi in considerazione di Firenze e Lucca i lavoratori, in particolare quelli del predominante ramo tessile, sono presenti per il 42,1 %. Artigiani e commercianti (tra i quali apotecari, pizzichagnoli, speziali, becchai, spadai ecc.) appaiono con una percentuale del 33,6 %. Cospicua è la presenza (21,7 %) di membri del patriziato.
59 L’escalation nella persecuzione degli omosessuali raggiungerà il suo livello più alto nei primi decenni del XVII secolo. Per questo periodo la Lista dei Giustiziati, compilata cronologicamente a partire dal 1420 riporta 7 condanne capitali eseguite contro 8 nei due secoli precedenti. La Lista dei giustiziati era tenuta dalla confraternita dei Neri che aveva il compito di assistere i condannati nei loro ultimi momenti di vita, cfr. Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, II, i, 138.
60 Sulla notte intramuros, cfr. S. Mantini, Per un’immagine della notte fra Trecento e Quattrocento, « Archivio Storico Italiano », 143, 1985, pp. 565-594.
61 Una simile distribuzione non si verifica nell’ambiente veneziano dove, secondo la Pavan, emergono zone circoscritte legate soprattutto alla marineria ed alla vita ecclesiastica. E. Pavan, Police des Moeurs cit.



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Adulti Fanciulli
Lavoratori arti tessili 16 13
Lavoratori altre qualifiche 13 8
Accattoni e baroncelli 5
Artigiani 26 14
Nobili 14 10
La pratica giuridica di condannare a lievi sanzioni afflittive o addirittura di assolvere i giovani pazienti di sodomia, ancora largamente diffusa fino agli inizi del Cinquecento, viene mutando nel corso del secolo: le condanne al carcere diventano normali anche per gli adolescenti. Continua ad essere applicata la sanzione della fustigazione o « cavallo » ma sempre più spesso appare la precisa volontà di occultarne l’esecuzione per non ledere l’onore dei ragazzi. Le condanne di questo tipo erano sempre state eseguite alla colonna del mercato e rappresentavano un’onta difficilmente rimediabile soprattutto per i giovani appartenenti ai ceti superiori.
Piero di Lotto del Mazza venne condannato nel 1603 alla fustigazione alla colonna, con l’avvertenza che se il giovane si fosse « giustificato come cittadino » l’esecuzione si sarebbe effettuata al riparo delle mura del Bargello.62
Anche nei confronti di Tubbia di Bastiano da Scarperia i magistrati, sebbene lo condannino a 4 mesi di carcere, si mostrano sensibili verso l’onore della sua famiglia. Il giovane benché sia un semplice lavoratore viene condannato a subire 50 staffilate:
[...] da darseli dentro al Bargello nonostante non sia cittadino fiorentino, hauto rispetto alle sorelle che ha.63
L’abbassamento dell’età media degli inquisiti di sodomia che scende a 19 anni verso la fine del XVI secolo,64 dimostra l’accre-
62 ASF, O.P.D., 215, c. 73p.
63 ASF, O.P.D., 221, c. 38^ luglio 1605; anche Niccolò di Pasquino legnaiuolo ottiene che la punizione gli sia inflitta dentro al Bargello.
64 I dati quattrocenteschi indicano un’età media superiore ai 22 anni, c£r. M. Rocke, Il controllo cit., pp. 712-713.



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scinta preoccupazione verso il mondo dei giovani che vengono giudicati assai più severamente.65
Numerose, tra le sentenze degli Otto, le condanne erogate per semplice « sospetto di sodomia ». Nel 1594, Cosimo di Giovanni del Cortizano e Francesco di Alessandro delle Corti vengono
catturati all’osteria del Drago a bere insieme dalla famiglia del bargello di Firenze per sospetti di sodomia.
I due verranno assolti soltanto dopo essere stati sottoposti alla tortura della corda per purgare un sospetto basato probabilmente soltanto sulla differenza d’età che intercorre tra i due.66
Stessa sorte tocca ad un tintore trovato insieme ad un legnaiuolo di 16 anni:
catturati dal Bargello di notte a sedere su un muricciuolo per sospetti di sodomia67
Ancora l’invenimento di un giovane e di un adulto in luogo sospetto e soprattutto nelle fatidiche ore della notte erano suffi-centi per istruire un capo d’accusa. Nel 1603 un uomo sconsigliava la madre di suo nipote di mandare il ragazzo a servire tra i frati:
[...] perché il ragazzo era bello et non voleva che havessi qualche mormoratione.68
Nell’agosto del 1610 due uomini vengono processati per sodomia dagli Otto. Sono entrambi maggiori di venti anni ed il fatto assume in questo caso dei connotati che lo rendono parti-
65 Nel 1610, ad esempio, tre ragazzi di 13 anni vengono torturati e condannati per atti sessuali compiuti su di un bimbo di 6 anni: ASF, O.P.D., 236, c. 49.
66 ASF, O.P.D., 189, c. 202v.
67 ASF, O.P.D., 221, c. 48^
68 ASF, Tribunale della Nunziatura Apostolica, 854, c. s.n.



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colarmente reprensibile, tanto che i magistrati si sentono in dovere di far presente al Granduca di voler rinunciare al rituale cartello, il « breve » con la scritta infamante:
Per non diffamare la città del nefando vizio.69
La medievale paura del peccato contronatura, raramente o quasi mai connessa con considerazioni di tipo sociologico, ha ormai lasciato il posto ad una politica di controllo e prevenzione nel corpo sociale.70
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69 Ettore da Salerno e Marco detto il Bertuccia, entrambi battilana, vengono condannati alla fustigazione sull’asino e alla galera a vita, ASF, O.P.D., 236, c. 61.
70 Michel Foucault ha riassunto efficacemente la nascita della marginalizza-zione della «categoria» degli omosessuali: « [...] Mentre il sodomita era un recidivo, l’omosessuale è ormai una specie », M. Foucault, La volontà di sapere, Milano, Feltrinelli, 1978, p. 43.