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Title
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La Riforma in Italia
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Creator
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Susanna Peyronel
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Date Issued
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1979-07-01
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Is Part Of
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Studi Storici
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volume
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20
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issue
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3
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page start
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643
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page end
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646
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Publisher
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Fondazione Istituto Gramsci
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Language
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ita
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Format
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pdf
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Rights
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Studi Storici © 1979 Fondazione Istituto Gramsci
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Source
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https://web.archive.org/web/20231101114243/https://www.jstor.org/stable/20564635?searchText=Foucault&searchUri=%2Faction%2FdoBasicSearch%3FQuery%3DFoucault%26sd%3D1979%26ed%3D1979%26efqs%3DeyJsYV9zdHIiOlsiYVhSaCJdfQ%253D%253D%26so%3Dold%26acc%3Doff&ab_segments=0%2Fbasic_search_gsv2%2Fcontrol&refreqid=fastly-default%3Ac9ba8b7f06fa41b20381202aa0ace213
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Subject
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confinement
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exclusion (of individuals and groups)
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normalization
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pathological
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extracted text
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La riforma in Italia
Susanna Peyronel
L’interpretazione che Achille Olivieri * dà del sorgere, svilupparsi e tramontare di una « riforma » in Italia nel Cinquecento si inserisce in quella storia della « mentalità » e della « sensibilità collettiva » che va esercitando tante suggestioni sull’odierna storiografia. All’interno della storia di questa sensibilità tuttavia l’Olivieri ha scelto di ancorare il proprio discorso, che troppo spesso rischia di scivolare sulle insidiose ed incerte onde della « psicologia collettiva » e delle « strutture mentali », ai rapporti tra intellettuali, architetti, artisti ed « eretici » italiani e il potere nell’ambito della città, come terreno di elaborazione prima e di scontro poi.
Uno sforzo ambizioso dunque, in cui tuttavia il largo spazio dato a moduli interpretativi come le « tipologie » e i « codici » urbani, le strutture e i meccanismi mentali, troppo spesso non riflette un’analisi ed una ricerca storica adeguate. Quel vasto campo di studi sulla vita religiosa, che già Cantimori indicava e che va da fatti culturali come i testamenti, alle prediche e ai testi devozionali, alla fortuna di Erasmo, all’interesse per un caso come quello dello Spierà, tutti aspetti che « si possono bene studiare storicamente, cioè differenziando e specificando » \ è un campo ancora oggi gravemente sguarnito, nel quale è certamente assai facile cadere in generalizzazioni pericolose. Le brillanti e certo suggestive interpretazioni che Olivieri dà della vita religiosa italiana in generale e del fenomeno ereticale in particolare appaiono quindi troppo spesso storicamente poco determinate, per cui ad esempio l’Italia controriformistica, dal punto di vista della sensibilità religiosa e del suo modificarsi, è accomunata senza alcuna mediazione alla Ginevra calvinista o alle città tedesche, olandesi o svedesi, interpretate attraverso il comune avvento della chiesa a pianta longitudinale (pp. 116417). La città dunque e le strutture urbane sono al centro di questa interpretazione. Dal ’200 al ’500 l’Olivieri riconosce una sostanziale omogeneità e continuità del tessuto religioso ed ecclesiastico urbano, inteso come funzione politica e sociale della religione dominante e della Chiesa, così come delle strutture economico-
* Achille Olivieri, . Strutture e simboli, classi e poteri, Milano, Mursia, 1979, pp. 182.
1 D. Cantimori, Prospettive di storia ereticale italiana del Cinquecento, Bari, 1960, p. 18.
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sociali, che determina ed influenza la sensibilità religiosa collettiva, le « strutture » mentali, e su cui si esauriranno senza risultato tutti i tentativi di rinnovamento degli intellettuali. Il rapporto tra intellettuale e potere viene individuato anzitutto come rapporto tra l’architetto, inteso come avanguardia culturale e sociale (il Brunelleschi e l’Alberti), e la sua città. Ma il progetto della città a misura d’uomo, di uno spazio razionalmente progettato e misurato, con la morte di Brunelleschi fallisce, poiché non riesce a contrapporsi radicalmente alle oligarchie patrizie dominanti. Alla fine del Quattrocento quindi l’intellettuale è pienamente inserito nel tessuto urbano e la « città palazzo » è il coronamento di questo inserimento, cosi come la « città fortezza » che emerge tra il 1535 e il 1540 ne sarà il necessario sviluppo.
Attraverso queste tipologie urbane dunque viene definito il fallimento dell’intellettuale architetto, di un’avanguardia critica e razionalista che Olivieri definisce « eretica », di cui saranno eredi nel Cinquecento gli « eretici » e poi i libertini, anch’essi visti come coloro che cercheranno di modificare il carattere repressivo delle strutture urbane.
La Chiesa, anch’essa definita un « codice » urbano, compirà la sua opera di mediazione in funzione di un nuovo assetto sociale, di una progressiva clericalizzazione della società, di una compenetrazione tra Chiesa e intellettuali, Chiesa e classi dirigenti, Chiesa e potere politico che condizionerà le strutture urbane, trasformandole in strutture assistenziali da lei con trollate: l’espansione dei monasteri femminili da un lato e degli ospedali-ospizio dall’altro ne sarebbero un’espressione significativa, ratificando il processo di alleanza e di unificazione tra ceti dirigenti nobiliari e potere ecclesiastico. Si compirà quindi un processo di riconquista delle masse urbane alle suggestioni degli intellettuali, architetti ed eretici (ma quali i rapporti e le influenze resta qui solo come ipotesi), riconquista tramite il predicatore, visto come organizzatore di cultura, cultura di « un mondo barocco e controriformista; una religiosità gerarchica e mariana; un universo di valori che si avvale di emblemi: dal predicatore del ’400 alla centralità nel ’600 del confessionale ».
La profezia e la stregoneria sono per Olivieri la risposta precipua delle collettività urbane e rurali a questa restaurazione cattolica. Folklore e magia divengono dunque, anche in questo caso, punti di riferimento obbligati per spiegare la realtà religiosa urbana e contadina, mentre fenomeni certamente altrettanto vasti, per lo meno nel breve periodo, come l’anabattismo ne vengono inspiegabilmente esclusi. La stregoneria in par-ticolar modo viene interpretata come espressione profetica delle masse rurali, come proposta addirittura di nuovi assetti sociali, come radicale alternativa degli esclusi e degli emarginati.
Nella prima metà del Cinquecento tuttavia si va formando nella realtà sociale urbana una nuova « struttura mentale », l’eretico, attraverso l’accentuarsi di alcune tematiche di « riforma » della Chiesa, di ritorno alla purezza evangelica, di rifondazione della società su basi evangeliche.
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L’eretico, termine che in questo contesto viene enormemente dilatato nei suoi significati, svuotato della problematica teologica e religiosa piu specifica, tanto da giungere a comprendere lo stesso Machiavelli, è dunque colui che si oppone agli « schemi mentali tradizionali ». L’eretico esprime « un uso della ragione apertamente critico di fronte alle tipologie urbane e sociali con cui si trova a contatto, oltre ad essere in grado di fornire nuovi modelli di soluzione al dipanarsi dei rapporti tra i diversi gruppi sociali ». L’ampio, articolato ed estremamente ricco bagaglio ideologico degli « eretici » italiani viene ridotto ad alcune componenti particolari, che ruotano intorno al problema della città e delle strutture urbane. Nella vasta trattatistica ereticale i dibattiti sulla fuga e il martirio e poi sul nicodemismo vengono dunque interpretati, in modo sostanzialmente analogico piuttosto che analitico, come problema dell’autonomia critica dell’intellettuale, così come anche gli architetti lo avevano proposto nel ’400 nella loro città moderna e razionale.
Pur ancora ruotante intorno ad una problematica « cristiana » questa trattatistica ereticale per Olivieri tende a cogliere soprattutto gli « elementi portanti della città oppressiva, dei suoi poteri coercitivi ». Sarebbe dunque una critica radicale all’« edificio giuridico della città, quale si era formato dopo il 1540 (...) e, con esso, tutto l’apparato di norme e di discriminanti culturali che la città aveva imposto alla campagna ». Proprio perché la dimensione culturale del movimento ereticale italiano è cittadina, l’eretico è interessato a cercare nuovi quadri interpretativi in primo luogo della città, che troverà nell’ideale repubblicano e soprattutto nel mito di Venezia, come repubblica fondata sulla giustizia, in cui Stato e Chiesa siano autonomi come ruoli e funzioni. La mancanza tuttavia di una adeguata analisi ed esemplificazione di questa trattatistica lascia aperti molti dubbi e la necessità di un discorso piu solido e circostanziato. Cosi anche riesce difficile, nell’analisi del problema ancor cosi poco studiato della propaganda ereticale, definita « uno degli esperimenti piu importanti, “moderna” nelle sue connotazioni, attuati nell’Europa del Cinquecento », accettare, senza motivazioni sufficienti, come forma di questa propaganda, fenomeni come la bestemmia, a cui in realtà verrà data una connotazione di vera e propria eresia solo nella seconda metà del Cinquecento proprio dagli inquisitori, nella loro opera sempre più attenta di controllo e di repressione dei comportamenti sociali. Ben altro significato avranno invece altri strumenti di questa propaganda, non sappiamo ancora quanto organizzata e cosciente, strumenti, dice Olivieri, elaborati dai ceti intellettuali urbani e che furono anzitutto i predicatori, visti come strumenti coscienti di propaganda ereticale e come diffusori dei messaggi ereticali; i « catechismi » luterani, valdesi, « ereticali » in senso lato, usati dai maestri di grammatica, dai precettori delle famiglie nobiliari; i processi stessi infine diffusi in copie e riassunti in funzione già apologetica dei martiri dell’inquisizione. Questa propaganda tuttavia fallirebbe la sua opera di penetrazione nelle campagne per « l’incapacità dei suoi gruppi
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dirigenti di elaborare un codice religioso e propagandistico capace di inserirsi nelle pieghe profonde di questo mondo »; nella città invece, in cui si sviluppa già dalla metà del Quattrocento « un movimento di sensibilità che si orienta verso forme razionali » indifferenti verso « ogni forma spirituale », il razionalismo popolare urbano ricupererebbe il fallimento organizzativo e propagandistico dell’eresia. Nella città dunque, dai ceti produttivi urbani, emergerebbe, attraverso « una strumentazione mentale complessa », una diversa sensibilità religiosa caratterizzata non solo da una carica comunitaria (l’Olivieri cita ad esempio le rivolte degli « arsenalotti » veneziani dal 1555 al 1570) ma anche da un razionalismo « che individua nell’uomo, e negli strumenti che usa, che controlla, che modifica, l’unico orizzonte con cui confrontarsi ». Si tratterebbe dunque per Olivieri di « una organizzazione mentale collettiva delle masse urbane » piuttosto che « una strutturazione “ideologica” in grado di superare interamente le divisioni fra i vari gruppi sociali », che tuttavia attraverso « l’eliminazione di una tradizione di grandezza ed unicità di Dio » e il recupero invece della dimensione umana del Cristo, « contrappone le sue puntuali esigenze di attuazione, nel cuore delle “città”, di strutture liberatrici per l’uomo ed imperniate su una nuova idea di “giustizia” ».
Il mugnaio Menocchio2, la cui esperienza culturale e religiosa nella sua sostanziale, nonostante tutto, atipicità sembra difficilmente generalizzabile, tuttavia diviene in questo contesto uno dei pochissimi esempi che testimoniano questo razionalismo popolare, in cui Dio si ridurrà sempre più ad esigenza morale e che alla fine del Cinquecento darà un nuovo assetto alla sensibilità « tale da incidere nella storia dei movimenti sociali dal ’500 alT800 ». C’è dunque da rammaricarsi che queste suggestive interpretazioni siano corredate da un bagaglio analitico ancora tanto scarso e insoddisfacente che lascia aperto ogni dubbio sulla loro applicabilità ad una realtà storica determinata.
L’ultima parte del saggio infine raccoglie « un insieme di prospettive », cioè un tentativo di introdurre in modo più organico nel discorso storico l’analisi delle forme artistiche, l’architettura in particolare, come canone interpretativo della società urbana di questi secoli e soprattutto dei mutamenti nella sensibilità religiosa, da un lato (dalla chiesa a pianta centrale a quella a pianta longitudinale ad esempio) e degli interventi degli intellettuali su questa società, dall’altro.
Il testo infine è corredato da un buon apparato bibliografico, qualche documento e la presentazione di alcuni problemi ed interpretazioni (le « deviazioni » mentali, la bestemmia, Dio e natura, l’inquisizione come punizione collettiva, le minoranze religiose, l’utopia, scienza ed eresia, il libertinismo) svolti sinteticamente attraverso riferimenti che vanno dalle tesi in particolar modo di Michel Foucault agli scritti di Alberto Tenenti.
2 C. Ginzburg, Il formaggio e i vermi, Torino, 1976.