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Title
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Sugli inediti giovanili di Mao Zedong
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Creator
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Fabio Lanza
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Date Issued
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1994-01-01
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Is Part Of
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Studi Storici
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volume
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35
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issue
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1
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page start
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265
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page end
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284
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Publisher
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Fondazione Istituto Gramsci
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Language
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ita
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Format
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pdf
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Rights
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Studi Storici © 1994 Fondazione Istituto Gramsci
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Source
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https://web.archive.org/web/20231101201711/https://www.jstor.org/stable/20565612?searchText=Foucault&searchUri=%2Faction%2FdoBasicSearch%3FQuery%3DFoucault%26sd%3D1994%26ed%3D1994%26efqs%3DeyJsYV9zdHIiOlsiYVhSaCJdfQ%253D%253D%26so%3Dold%26acc%3Doff&ab_segments=0%2Fbasic_search_gsv2%2Fcontrol&refreqid=fastly-default%3A88e4376caa934076e39096f490b53975
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Subject
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episteme
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extracted text
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Sugli inediti giovanili di Mao Zedong*
Fabio Lanza
Gli studi storiografici sulla rivoluzione cinese e soprattutto sulla figura ed il pensiero di Mao Zedong non hanno certamente attraversato, negli ultimi anni, un periodo di particolare fortuna: anzi, nel panorama generale di crisi profonda non solo della cosiddetta storiografia marxista ma anche della storiografia sui movimenti di ispirazione marxista, ogni discussione non pregiudizialmente denigratoria sul pensiero maoista, ogni tentativo di fare un bilancio equilibrato del «caso cinese» sembra impossibile o, quel che è peggio, inutile. Uno stato di oblio, quando non di insofferenza ed esecrazione, che è, a mio parere, solo in parte omologabile e riconducibile e alla fine degli Stati e dei modelli socialisti e alla crisi storiografica generale a cui si è accennato.
Innanzi tutto in Cina, il «nuovo corso» denghista non ha dimostrato la benché minima intenzione di «fare i conti» con tutta una serie di questioni politiche sollevate durante i cinquant’anni di rivoluzione cinese, che sono state spesso frettolosamente liquidate e allontanate dal dibattito storico1. Né del resto sarebbe possibile per l’attuale leadership ridiscutere seriamente il ruolo e la figura di Mao - il cui pensiero, lo ricordiamo, è ancora alle basi della costituzione cinese - senza rimettere contemporaneamente in questione l’esistenza stessa dello Stato cinese: meglio quindi la-
* Mao Zedong, Mao Zedong zaoqi wengao. 1912-16/1920-11 [Note giovanili di Mao Zedong], a cura del centro di ricerca sui documenti del Cc del Pcc e del gruppo editoriale del «Mao Zedong zaoqi wengao» del comitato provinciale dello Hunan del Pcc, Changsha, Hunan chubanshe, 1990 (d’ora in poi indicato come WG); Mao Zedong, Mao’s Road To Power. Revolutionary Writings 1912-1949, voi. I, The Pre-Marxist Period, 1912-1920, S.R. Schram ed., Armonk (New York) & London, M.E. Sharpe, 1992; Mao Zedong, ]iandang he dageming shiqi Mao Zedong zhuzuo ji. [Scritti di Mao Zedong del periodo dell’edificazione del partito e della grande rivoluzione], a cura del centro di ricerca sui documenti del Cc del Pcc e del gruppo editoriale del «Jiandang he dageming shiqi Mao Zedong zhuzuo ji» del comitato provinciale dello Hunan del Pcc, non pubblicato (d’ora in poi ]D).
1 Mi sembra esemplare, sia per sua rilevanza storica ma soprattutto per la rapidità e la decisione con cui è stato «cancellato», il caso della rivoluzione culturale.
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sciare a Mao uno status quasi sacrale, di benigno protettore nazionale, denigrandone magari progressivamente la personalità e il privato, e attuando una sorta di scissione fra Mao, la sua storia e il suo pensiero. In realtà, la produzione cinese di scritti storiografici su Mao ha tuttora proporzioni gigantesche: su ogni aspetto della vita e della produzione intellettuale viene tuttora prodotta una grande quantità di lavori, magari dettagliati e minuziosi. Ciò di cui almeno la maggioranza di questi difetta è però la capacità e la volontà di affrontare le questioni propriamente politiche che la figura di Mao pone.
Né d’altro canto mi sembra accettabile la prospettiva, che è stata ed è condivisa da parti della sinologia occidentale, di analizzare il maoismo soltanto dal punto di vista della integrazione fra «marxismo» e «Cina»: una analisi spesso unicamente volta a ritrovare quelle caratteristiche che permettono una visione «tradizionale», «cinese» di Mao, in cui il marxismo diventa solo un mezzo più efficace nelle mani dell’imperatore, del confuciano, del mandarino. Un modo efficace per riportare la rivoluzione cinese nel solco di una storia ciclica millenaria, per «esorcizzarne» la singolarità e la novità.
Di fronte ad un simile panorama intellettuale, la necessità di pensare, o meglio di ripensare, la storiografia su Mao trova una sua prima elementare giustificazione: bisogna studiare Mao perché quasi nessun altro lo fa. Soprattutto mi sembra che vadano riconsiderati i modi e le ragioni stesse per cui affrontare la politica maoista. La novità, l’originalità e l’importanza della politica di Mao risiedono in ciò per cui essa è in eccesso rispetto non solo alla politica marxista e alla tradizione cinese, ma alla stessa idea di rivoluzione socialista: vale a dire, innanzi tutto, la convinzione che una politica rivoluzionaria non può esaurirsi in un modello di Stato e nel dogmatismo di rapporti e soggetti di classe prefissati.
Per certi versi, è ancora più importante, quasi essenziale, vorrei dire, studiare Mao adesso, se è vero, come sostiene Valerio Romitelli sulla scia di Foucault, che si è definitivamente conclusa un’epoca, un episteme segnata proprio dalla categoria di rivoluzione2: un episteme in cui il pensiero di Mao si è sviluppato, da cui ha tratto categorie e filosofie e la cui fine coincide, concettualmente e cronologicamente, proprio con l’ultima sperimentazione politica maoista, la rivoluzione culturale.
Negli ultimi anni, quasi a sottolineare la necessità e l’improrogabilità di ripensare sin da ora la storiografia su Mao, si è resa improvvisamente e inaspettatamente disponibile una grande quantità di materiale di prima mano, relativo soprattutto agli anni giovanili della vita di Mao, finora ben poco
2 Si veda V. Romitelli, Storiografia, cronologia e politica. Ipotesi sulla modernità delle questioni del tempo, Napoli, Liguori, 1993.
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conosciuti. Durante gli anni Ottanta, in ampi settori della storiografia della Repubblica popolare cinese è stato compiuto un importante lavoro di ricerca, relativo alle fonti documentarie della storia del pensiero politico e intellettuale della Cina moderna: fra i risultati, senza dubbio di estremo interesse, di questo sforzo storiografico, occupano un posto centrale i due volumi che raccolgono l’intero corpus degli scritti di Mao Zedong dal 1912 fino al luglio del 1927 e che rappresentano un avvenimento editoriale di estrema importanza. In realtà, parlare di «avvenimento editoriale» per questi due testi può sembrare paradossale, viste le traversie che hanno accompagnato e tuttora vincolano la pubblicazione di questo materiale.
Il primo volume, Mao Zedong zaoqi wengao, in cui sono inclusi gli scritti dal 1912 al novembre 1920, è stato pubblicato e distribuito neibu, cioè a diffusione limitata e in solo diecimila copie. Le restrizioni, comunque, non sono state cosi rigide da impedire che il «John King Fairbank Center for Asian Studies» acquisisse il volume e ne pubblicasse una traduzione integrale, curata da Stuart Schram3. Come fa intendere la titolazione dell’edizione americana e come si spiega chiaramente nelle note introduttive, il progetto, presentato già nel 1988 dalle autorità cinesi, era molto più ampio e ambizioso: a questa prima raccolta di scritti giovanili doveva far seguito una seconda (fino al 1927), già pronta per le stampe, e si annunciavano in lavorazione i successivi volumi, almeno fino agli anni Trenta. Dopo i tragici eventi del 1989, la pubblicazione di questa, che si presentava come la prima edizione completa delle opere di Mao, è stata bruscamente interrotta e la data di uscita del secondo volume posticipata indefinitamente.
Non è chiaro per quale motivo reale il governo centrale abbia impedito la pubblicazione di un testo già pronto, atteso, redatto dallo stesso gruppo di lavoro che aveva già curato l’edizione del Wengao, di cui si presentava come logica continuazione. Con ogni probabilità, alcune questioni ancora non risolte nella storia del Pcc si intrecciano con possibili contraddizioni e attriti tra le autorità centrali e il gruppo di redazione, che ha sede a Changsha, capitale dello Hunan, provincia natale di Mao. Il testo di cui ora siamo in possesso è una fotocopia del bonne-à-tirer di questo secondo volume, Jiandang he dageming shiqi Mao Zedong zhuzuo ji, stampato in soli dieci esemplari, che è stata donata a due ricercatori dell’Università di Bologna, Alessandro Russo e Claudia Pozzana, nel corso di un viaggio di studio in Cina.
3 L’edizione americana (da qui in avanti indicata come MRP) contiene in realtà 16 brani in più rispetto all’edizione cinese: si tratta di testi in prosa la cui attribuzione a Mao non è assolutamente certa e di alcune poesie.
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La storiografia su Mao prima e dopo le nuove pubblicazioni. Prima della compilazione di queste due raccolte, la ricerca storiografica sul giovane Mao, e in generale, sui luoghi e gli eventi che ne segnarono la formazione intellettuale e politica, restava vincolata dall’esiguità e dalla frammentarietà del materiale di prima mano: a poche certezze, suffragate dalla scarna evidenza documentaria, si alternavano enormi lacune, lunghi periodi, anni interi, per cui mancavano fonti e testimonianze dirette. Né del resto, i depositari primari del vasto corpus di scritti maoisti, vale a dire le autorità cinesi, avevano mai fatto intendere, almeno fino a questi ultimi tempi, di voler rendere pubblica anche solo parte degli archivi. Basti ricordare che, nell’unica antologia di testi maoisti fornita dei crismi dell’ufficialità, le Opere scelte4, sono inclusi solo due testi antecedenti al 1928, uno del 1926 e uno del 19275.
La fonte principale su cui per anni si sono basate tutte le ipotesi e le ricostruzioni degli storici occidentali è stata dunque la raccolta di scritti maoisti pubblicata in Giappone, a cura di Takeuchi Minoru: ai primi dieci volumi di Opere di Mao Zedong [Mao Zedong pi]6, editi a Tokyo fra il 1970 e il 1972, sono seguiti alcuni anni dopo dieci volumi di Supplementi [BujuanP. I primi due volumi di entrambe le edizioni si riferiscono allo stesso periodo delle raccolte qui trattate (dalla giovinezza al 1927), ma le edizioni giapponesi comprendono, complessivamente, circa metà del materiale contenuto nelle nuove pubblicazioni cinesi. Sull’edizione giapponese del 1972, si basa l’ottimo lavoro di M. Henry Day, Mao Zedong, 19171927. Documents3, che riporta un’ampia selezione di testi maoisti, ben tradotti, corredata da un apparato critico e filologico dettagliato e da altri documenti coevi esplicativi.
Oltre al citato Mao Zedong ji, l’altro caposaldo per la conoscenza del pensiero e attività del giovane Mao è stata, ed in parte è tuttora, la biografia giovanile curata da Li Rui, Le prime attività rivoluzionarie del compagno Mao Zedong: ad una prima edizione di quest’opera, pubblicata nel 1957 e
4 Mao Zedong, Mao Zedong xuanji, Beijing, Renmin Chubanshe, 1952, 4 voli.; trad. it., Mao Tse-Tung, Opere scelte, Pechino, Casa editrice in lingue estere, 1969.
5 Precisamente si tratta di Analisi delle classi nella società cinese (voi. 1, pp. 9-18 dell’edizione italiana) e Rapporto d’inchiesta sul movimento contadino nello Hunan (voi. 1, pp. 19-58). .
6 Mao Zedong, Mao Zedong ji, a cura di Takeuchi Minoru, 10 voli., Tokyo, Hokubo-sha, 1970-1972; seconda edizione Tokyo, Sososha, 1983. Da qui in avanti indicato come MZJ.
7 Mao Zedong, Mao Zedong ji. Bujuan, 10 voli, a cura di Takeuchi Minoru, Tokyo, Sososha, 1983-1986.
8 M.H. Day, Mao Zedong 1917-1927. Documents, Stockholm, 1975.
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tradotta in inglese nel 19779, è seguita, dopo un lungo periodo di silenzio, dovuto probabilmente alle disgrazie politiche dell’autore, una seconda edizione riveduta e ampliata (circa cento pagine in più), datata 198010. Il racconto di Li Rui è evidentemente agiografico, carico della simbologia e del repertorio eroico del biografismo socialista; tende, con chiare reinterpretazioni, ad arretrare indefinitamente l’adesione al marxismo da parte di Mao; ad un esame attento, le citazioni di scritti finora ignoti risultano a volte modificate nel senso, grazie a sostituzioni di soggetto, riferimenti, interpolazioni. Comunque, a prescindere da questi difetti, è grazie a questa biografia che abbiamo potuto finora ricostruire la giovinezza di Mao, abbiamo avuto notizie, per quanto filtrate e indirette, di scritti finora ignoti, e non è esagerato dire che anche e soprattutto su questo resoconto si è fondata la storiografia occidentale sul giovane Mao.
In lingua occidentale, a parte le traduzioni sopra citate, vanno ricordati i lavori di Stuart Schram, e in particolare il suo The politicai thought of Mao Tse-tung, che attraverso ampi estratti da scritti originali, anche del periodo giovanile, cerca di tracciare una linea evolutiva organica del pensiero maoista. Dell’opera esiste una fortunata edizione italiana, nella quale gli originali sono stati ritradotti direttamente dal cinese da Renata Pisu11. Di Schram vanno ricordati fra gli altri le traduzioni commentate di Uno studio sull’educazione fisica (1917) e di La grande unione delle masse popolari (1919)12. Né deve essere dimenticato, anzi assume nuovo valore, il racconto autobiografico fatto dallo stesso Mao al giornalista americano Snow
9 Li Rui, Mao Zedong tongzhi de chuqi geming huodong, Beijing, Zhongguo nianqing chubanshe, 1957; traci, ingl., The Early Revolutionary Activities Of Comrade Mao Tse-Tung, trans, by A.W. Sariti, ed by J.C. Hsiung, intr. of S.R. Schram, White Plains, N.Y., M.E. Sharpe ine. publisher, 1977.
10 Li Rui, Mao Zedong de chuqi geming huodong [Le prime attività rivoluzionarie di Mao Zedong], Changsha, Hunan Renmin Chubanshe, 1980. Negli ultimi anni, Li Rui è stato autore di altri lavori sul giovane Mao: ricordo Li Rui, Mao Zedong de zaoqi yu wannian [Giovinezza e vecchiaia di Mao Zedong], Guizhou renmin chubanshe, 1992, e il recentissimo Li Rui, Zaonian Mao Zedong [Gli anni giovanili di Mao Zedong], Shenyang, Liaoning renmin chubanshe, 1993. Dello stesso autore si veda anche Qin-gnian Mao Zedong de sixiang fangxiang [Gli orientamenti ideologici del giovane Mao Zedong], in «Lishi Yanjiu», n. 1, Jan. 1979, pp. 33-51, articolo che ha segnato il ritorno di Li Rui sulla scena editoriale.
11 S.R. Schram, The Politicai Thought of Mao Tse-tung, New York, Praeger, 1963, revi-sed edition, 1969; trad. it., Il pensiero politico di Mao Tse-tung, Firenze, Vallecchi, 1971 (Milano, Oscar Mondadori, 1974).
12 Mao Zedong, Une étude de l’éducation physique (translation, with an introduction), Paris, Mouton, 1962; S.R. Schram, From thè «Great Union of Popular Masses» to thè «Great Alliance», in «The China Quarterly», n. 49, 1972, pp. 76-105.
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nel 1936: gli spartiacque che Mao indica nella sua evoluzione intellettuale vanno riletti e reinterpretati alla luce delle recenti edizioni cinesi13.
In italiano, l’unico lavoro rilevante su fonti originali relative al giovane Mao è la traduzione integrale, a cura di Giorgio Mantici, dei quattro numeri della «Rivista del fiume Xiang», alla cui redazione, nell’estate del 1919, Mao partecipò attivamente, scrivendo quasi tutti gli articoli14. La rivista, la cui pubblicazione fu interrotta per intervento del governatore militare della regione, rappresentò comunque il più importante fenomeno editoriale verificatosi nell’Hunan in piena alta marea del «quattro maggio»: fu in questa rivista che Mao pubblicò, in tre parti, quello che è stato finora considerato come il suo primo testo politico di rilievo, La grande unione delle masse popolari [Minzhong de dalianhef Il prezioso lavoro di Mantici permette di inserire la compilazione di questo testo in un panorama culturale più ampio, e di chiarire in che modo Mao si misurasse con la complessità e la varietà dei temi del movimento di nuova cultura.
Questo breve e scarno elenco rappresenta un bilancio, seppure incompleto, di quali fossero finora le fonti documentarie e bibliografiche relative al giovane Mao15; un bilancio lacunoso e a volte contraddittorio che deve essere rimesso in discussione dalle nuove possibilità che queste due raccolte offrono. I due volumi, nell’insieme circa 1.500 pagine, rappresentano una rassegna che, al di là di ogni ragionevole dubbio, si può dire completa di tutti gli scritti maoisti, dall’infanzia all’epoca delle prime inchieste contadine, quando l’esperienza del primo fronte unito stava per concludersi rovinosamente. Si tratta di un materiale estremamente diversificato e composito: accanto a scritti «intenzionalmente» politici, in forma di breve trattato o di saggio, troviamo una grande quantità di lettere personali, appunti, dichiarazioni collettive, brevi note. Tutto, anche l’apparentemen-te insignificante, viene qui riportato, corredato di un apparato critico e filologico preciso e dettagliato, senza il quale molti testi risulterebbero so-
13 E. Snow, Red Star over China, London, Gollanez, 1937; ed. it., Stella rossa sulla Cina, a cura di E. Collotti Pischel, Torino, Einaudi, 1965. In particolare si veda la parte quarta, Genesi di un comunista, pp. 138-220 dell’edizione italiana.
14 Mao Zedong, Pensieri del fiume Xiang, a cura di G. Mantici, Roma, Editori Riuniti, 1981.
15 Fra le più importanti opere storiografiche che trattano anche la giovinezza di Mao ricordo inoltre S.S.K. Chin, The Thought of Mao Tse-tung. Form and Content, trans, by A.H.Y. Lin, Centre of Asian Studies, University of Hong Kong, 1979; F. Wakeman jr., History and Will. Philosophical Perspectives of Mao Tse-tung Thought, Berkeley-Los An-geles-London, University of California Press, 1973; R.A. Scalapino, The Evolution of a Young Revolutionary. Mao Zedong in 1919-1921, in «Journal of Asian Studies», voi. 42, n. 1, Nov. 1982; B. Womack, The Fundation of Mao Zedong s Politicai Thought, 19171933, Honolulu, The University Press of Hawaii, 1982.
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stanzialmente incomprensibili16. Più della metà degli scritti presentati sono inediti: in parte si tratta di testi di cui si aveva conoscenza indiretta, spesso limitata solo al titolo o all’argomento generico, ma di cui mancava l’evidenza documentaria, o di cui si possedevano solo frammenti avulsi dal contesto. Compare in questa raccolta un grande numero di opere di cui si ignorava perfino l’esistenza, «ritrovate» solo in questi ultimi anni negli archivi statali. Inoltre di alcuni scritti, già conosciuti e spesso anche ampiamente studiati, vengono riproposte edizioni finalmente complete, reintegrate dei passi emendati.
A tutto l’impianto dei testi è stata assegnata una collocazione cronologica il più possibile precisa, correggendo anche datazioni finora universalmente ritenute esatte: operazione questa particolarmente importante per un periodo di grandi convulsioni e mutamenti, in cui, da un mese all’altro o da un giorno all’altro, un evento politico, un incontro, una lettura, potevano mutare anche radicalmente non solo l’orizzonte soggettivo del giovane Mao, ma l’intero panorama intellettuale cinese.
Sempre per quanto concerne la periodizzazione, può apparire quanto meno insolita la scelta di concludere il primo volume nel novembre del 1920, tanto più se si pensa che la fondazione del Partito comunista cinese, chiaro spartiacque fra due periodi della vita di Mao, risale al giugno 1921. In realtà, si tratta di una scelta abbastanza tradizionale e condivisa17, motivata da una lettera di Mao ai compagni della Xinmin xuehui18 in Francia, datata 1-12-1920, in cui è possibile rintracciare la prima adesione, seppure sfumata e vaga, da parte di Mao alle idee e ai metodi marxisti19.
La compilazione di queste raccolte rappresenta la punta di diamante di un più ampio e variegato lavoro di ricerca sulla storia moderna del pensiero politico cinese, portato avanti nell’ultimo decennio da un gruppo di
16 Le note sono state ritradotte e inserite, con poche aggiunte e varianti, anche nell’edizione americana del primo volume.
17 La stessa periodizzazione è utilizzata nei primi due volumi del MZJ e dei Supplementi.
18 La Xinmin xuehui [Società del popolo nuovo] è l’associazione fondata nel 1918 da Mao e alcuni colleghi della Scuola normale e che fino agli anni Venti fu l’ambito privilegiato delle iniziative di un gruppo di giovani intellettuali hunanesi. Gran parte della documentazione relativa alla Società era già conosciuta, per cui non ritengo necessario trattarla in questa breve nota. Si vedano: Xinmin xuehui wenxian huibian [Collezione di documenti della Società di studio del popolo nuovo], a cura del Dip. di storia del museo provinciale dell’Hunan, Changsha, Hunan renmin chubanshe, 1979; Xinmin xuehui ziliao [Materiali sulla Xinmin xuehui], a cura del Museo della rivoluzione cinese e del Museo provinciale dell’Hunan, Beijing, Renmin chubanshe, 1980. L’unica novità di rilievo rispetto a questi testi contenuta nel JD è il Secondo rapporto sulle attività della Xinmin xuehui [Xinmin xuehui huiwu haogao (dierhao)], pp. 79-110, un documento di grande importanza per ripercorrere le vicende e l’evoluzione della società.
19 Zhi Cai Hesen, Xiao Zisheng bing zai Fa zhu huiyou xin (1-12-1920), in JD, pp. 1-12.
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studiosi, che ha sede primaria a Changsha, nell’Hunan, e che proprio alla storia culturale, peraltro ricchissima, della regione hunanese ha dedicato grandissima attenzione20. Le iniziative editoriali di cui questo gruppo è stato protagonista' rappresentano, oltre al loro valore intrinseco, una documentazione completa, e finora sconosciuta, di tutto il panorama politico e intellettuale hunanese in cui si formò il pensiero del giovane Mao: documentazione che non può essere ignorata per un approccio alla storiografia maoista e in genere alla storia del pensiero cinese moderno21.
Passiamo ora a descrivere, più nel dettaglio, il contenuto di questi due volumi: per esigenze di brevità e per la vastità del materiale trattato, abbiamo scelto di limitare la descrizione solamente alle «novità», agli inediti, tralasciando tutti quegli scritti o quei periodi, già ampiamente studiati in passato, per i quali le nuove edizioni non presentano sostanziali mutamenti. Anche cosi facendo, ci dovremmo comunque limitare a degli accenni sintetici e inevitabilmente schematici che non rendono ragione della complessità e dell’importanza del soggetto. Per comodità di esposizione, piuttosto che seguire uno sviluppo rigidamente cronologico si è preferito raggruppare il materiale secondo alcuni argomenti principali.
La formazione intellettuale. Negli anni compresi tra il 1912 e il 1918, si compie la formazione scolastica di Mao: dopo aver lasciato l’esercito, Mao frequenta per un semestre la scuola media superiore dello Hunan, che abbandona, disgustato, per dedicarsi a un lungo periodo di studio individuale presso la Biblioteca provinciale22. Nel 1913 Mao supera l’esame per l’ammissione alla Prima scuola normale dell’Hunan, dove resta fino al conseguimento del diploma, nel giugno 1918: per questi cinque anni essa sarà il centro di gravità di tutte le attività del giovane Mao, il punto d’incontro con i compagni e gli amici, il luogo privilegiato in cui prendono for-
20 L’Hunan era stato la patria, fra gli altri di Zeng Guofan (1811-1872) uomo politico e comandante militare, responsabile della soppressione della rivolta dei Taiping e di Tan Sitong (1856-1898) filosofo e riformatore che fu protagonista sfortunato del tentativo di riforma in senso monarchico-costituzionale dell’impero (le cosiddette «riforme dei cento giorni»). L’influenza che queste figure esercitarono sul giovane Mao è ben documentata nel WG.
21 Fra i vari lavori sulla recente storia dell’Hunan cito solo Lin Zengping, Fan Zhong-cheng, a cura di, Hunan jinxiandai shi 1840-1949 [Storia moderna e contemporanea dell’Hunan 1840-1949], Changsha, Hunan shifan daxue chubanshe, 1991. Per un’analisi dettagliata sul rapporto tra Mao e la cultura hunanese si veda Peng Dacheng, Hunan wenhua yu Mao Zedong [La cultura hunanese e Mao Zedong], Changsha, Hunan chubanshe, 1991.
22 Per un esame dettagliato delle letture e degli studi giovanili di Mao si veda Li Rui, Mao Zedong zaonian dushu shenghuo [La formazione scolastica del giovane Mao], Shenyang, Liaoning renmin chubanshe, 1992.
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ma le sue iniziative23. Nell’ambiente già particolarmente vivace di Changsha, capitale provinciale, erede di una tradizione intellettuale di grande originalità, la Scuola normale è l’esperimento scolastico più moderno, il luogo in cui si recano gli intelletti più attivi della regione, alla ricerca di un nuovo sapere: personaggi che giocheranno un ruolo di primo piano durante gli anni successivi, si ritrovano come studenti o insegnanti nell’atmosfera eccezionalmente ricca e complessa della Scuola normale.
I testi maoisti di questo periodo, per la grande maggioranza inediti24, documentano nel dettaglio le reazioni del giovane studente di fronte agli stimoli che l’atmosfera intellettuale di Changsha e della Scuola normale offriva, permettono di rintracciare le influenze di letture e insegnanti, ne descrivono la vita fin negli aspetti più personali: comprendono soprattutto appunti, annotazioni di lettura, brevi composizioni scolastiche e un grande numero di lettere.
Il primo brano incluso nella raccolta, datato giugno 1912, è una breve composizione, scritta durante il semestre alla Scuola media dello Hunan, sulla controversa figura di Shang Yang, uno dei fondatori della scuola legista, alle origini del pensiero politico cinese25. Risalgono invece all’anno successivo le trenta pagine di appunti, che Mao annotò durante le lezioni di lingua e di «educazione morale» fra novembre e dicembre: due corsi particolarmente importanti per la formazione di Mao, tanto che dopo più di vent’anni lo stesso Mao ricorderà con simpatia a Snow i due insegnanti, Yuan «il barbone» e Yang Changji26. Soprattutto la figura di quest’ultimo, professore di etica all’Università di Pechino, insegnante, amico e poi suocero di Mao, è centrale nell’evoluzione intellettuale di Mao in questo periodo27: è su suo consiglio che Mao studia e annota l’edizione cinese di System der Ethik, del neokantiano tedesco Friedrich Paulsen, un testo oggi
23 Per ulteriori informazioni sulla storia della Scuola normale si veda Hunan diyi shifan xiao shi. 1903-1949 [Storia della Prima scuola normale dell’Hunan. 1903-1949], Shan-ghai, Shanghai jiaoyu chubanshe, 1983. Per una testimonianza diretta su questi anni si veda Xiao San, Mao Zedong de qingshaonian shidai [Adolescenza e giovinezza di Mao Zedong], Changsha, Hunan, daxue chubanshe, 1988. •
24 L’eccezione più importante è lo Studio sull’educazione fisica già citato in precedenza.
25 WG, pp. 1-3; MRP, pp. 5-6.
26 Cfr. E. Snow, op. cit., pp. 162-163 dell’ed. it.
27 Di Yang Changji sono stati recentemente pubblicati il diario (Yang Changji, Dahuazhai riji, Changsha, Hunan renmin chubanshe, 1981), e le opere scelte (Yang Changji xuanji, a cura di Wang Xinguo, Changsha, Hunan jiaoyu chubanshe, 1983); esiste inoltre una ristampa anastatica di alcuni scritti sull’etica occidentale (Yang Changji, Xiyang lunlizhuyi shuping, 1923). Si vedano inoltre: Wang Xinguo, Yang Changji de shengping yu sixiang [Vita e pensiero di Yang Changji], Changsha, Hunan renmin chubanshe, 1981; Li Shicheng, Yang Changji jiaoyu sixiang jianlun [Breve saggio sul pensiero pedagogico di Yang Changji], Changsha, Hunan jiaoyu chubanshe, 1983.
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completamente dimenticato, ma che, soprattutto nei primi decenni del secolo, godette di una grande fortuna editoriale in Cina e in Giappone, e che ebbe un ruolo primario nella trasmissione e nella diffusione delle categorie e del lessico filosofico europeo (soprattutto kantiano) in Estremo Oriente28. Nel Wengao accanto alla traduzione del testo vengono riportate le note marginali dello stesso Mao, per un totale di più di 160 pagine. Si tratta di un documento indispensabile per chiarire finalmente il senso di quello che Mao stesso chiamò il suo periodo «idealista»29: i ragionamenti, magari poco interessanti, di Paulsen offrono a Mao il destro per riflessioni e confutazioni su temi quali l’individuo, l’egoismo e l’altruismo, il dovere e per un confronto, spesso contraddittorio, con la tradizione culturale cinese (duemila anni di «sapere privo di pensiero»)30.
La scuola autodidattica. «L’educazione è la mia professione» scriveva Mao non più tardi del novembre 192031, e per molti versi, si può affermare che tutta la prima parte della giovinezza di Mao trascorra sotto il segno
28 F. Paulsen, System der Ethik, 2 voli., Stuttgart and Berlin, J.G. Cotta’sche Bu-chhandlung Nachfolger, varie edizioni. La traduzione di Cai Yuanpei, che fu condotta sulla versione giapponese, comprende solo il secondo volume: cfr. Cai Yuanpei quanji, Beijing, Zhonghua shuju, 1984, voi. 1, pp. 411-578. Il testo di Paulsen è effettivamente di scarsa rilevanza filosofica, ma era pienamente rappresentativo della corrente filosofica più diffusa agli inizi del secolo negli ambienti accademici tedeschi, vale a dire il neokantismo: pur mancando di originalità, l’opera di Paulsen riassume, spesso annacquandoli e semplificandoli, concetti e idee kantiane. Forse proprio per questo, Cai Yuanpei,. che si era laureato a Leipzig, lo scelse come libro di testo per i corsi di etica dell’Università di Pechino. Cai Yuanpei (1868-1940), fu senza alcun dubbio il più importante esponente della riforma in campo scolastico ed educativo della Prima Repubblica: durante il suo rettorato (1916-1921) l’Università di Pechino divenne il centro di tutto il movimento di Nuova Cultura, e soprattutto il primo esperimento riuscito nel realizzare un nuovo modello di luogo per l’educazione. La traduzione di Paulsen inaugura il rapporto, diretto e indiretto, fra Cai e Mao, che prosegui negli anni seguenti ed ebbe grande influenza nello sviluppo del pensiero pedagogico e nelle sperimentazioni scolastiche del giovane Mao.
29 E. Snow, op. cit., p. 163.
30 WG, p. 135; MRP, p. 194. Si veda, per una discussione sulle «note» a Paulsen, il primo capitolo di Mao Zedong zaoqi zhexue sixiang yanjiu [Studi sul pensiero filosofico del giovane Mao], a cura del centro studi filosofici del Dip. di filosofia e scienze sociali dell’Hunan, Changsha, Hunan renmin chubanshe, 1980, pp. 8-65. Molto è stato scritto sul pensiero «filosofico» di Mao e sul rapporto con la tradizione cinese e quella occidentale. Ricordo qui solo due opere: Li Yongqin, Zhongxi wenhua yu Mao Zedong zaoqi sixiang [La cultura cinese e occidentale e il pensiero del giovane Mao Zedong], Chengdu, Sichuan daxue chubanshe, 1988; Jiang Pengbai, Mao Zedong sixiang yu Zbongguo wenhua chuantong [Il pensiero di Mao Zedong e la cultura tradizionale cinese], Xiamen, Xiamen daxue chubanshe, 1991.
31 ZhiXiangjingyu xin [Lettera a Xiang Jingyu], 25-11-1920, in WG, p. 548; MRP, p. 595.
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dell’educazione: studia a Changsha per diventare maestro, e in qualità di insegnante lavora prima e dopo il diploma; gran parte delle iniziative che promuove, almeno fino al 1921 ma anche oltre, riguardano la scuola e l’educazione. Come sintetizza Day, il periodo 1917-1927, grosso modo quello che le due raccolte prendono in considerazione, «begins with Mao as a student (at First Normal School) and a teacher (at thè Workers’ Night School); at its end we find him as a teacher (at thè Peasant Movement Training Institute) and a student (of thè peasant movement)»32.
La scelta da parte di Mao di dedicarsi all’insegnamento e alla riforma della scuola, avviene in un panorama di grande e profonda crisi della politica educativa cinese; la decadenza e la fine del sistema degli esami imperiali avevano lacerato quell’unione intima fra «pedagogia» e «governo» che aveva informato per secoli la politica imperiale, senza però che nessun sistema realmente alternativo fosse venuto a sostituirla33. Una situazione estremamente confusa, in cui fra il perseverare delle pressioni burocratiche e l’ansia per la modernità occidentale si apriva però anche uno spazio per la sperimentazione di nuove forme: è su questa linea che si muove la ricerca di Mao. Troppe sono le iniziative, alcune effimere, altre che ebbero risonanza nazionale, di cui il Wengao porta nuovi riscontri documentari per poterle citare tutte: vale la pena di ricordare le principali34.
Le prime esperienze di Mao nel campo della sperimentazione scolastica risalgono al 1917, anno in cui con alcuni colleghi della Scuola normale, assume la gestione della Scuola serale per lavoratori: già prima del 1917 Mao aveva cercato di reagire alle carenze e al clima burocratico dell’educazione cinese, ma è solo con la fondazione della Scuola serale che la critica diviene ricerca di un modello alternativo. Nel Diario della Scuola serale, di cui Mao curò la compilazione dal 5 al 26 novembre 1917, metodi, compiti, fini e organizzazione della scuola vengono progettati e descritti con incredibile meticolosità e con attenzione anche ai più piccoli dettagli: d’altro canto alcune proposte qui formulate sulla necessità di un apprendimento pratico, di un «banco di lavoro», e sul rapporto scuola-società, rimangono dei cardini delle idee pedagogiche maoiste anche nella piena maturità35.
32 H.M. Day, op. cit. (il corsivo è mio).
33 Per un’ampia trattazione sui problemi e le riforme dell’educazione in Cina, si veda A. Russo, Le rovine del mandato: la modernizzazione politica dell’educazione e della cultura cinesi, Milano, Angeli, 1985.
34 Per un esame dell’attività in campo educativo di Mao in questo periodo si veda Ye Qingke, Mao Zedong jiaoyu sixiang chulun [Breve saggio sul pensiero pedagogico di Mao Zedong], Nanning, Guangxi jiaoyu chubanshe, 1990, in particolare il cap. 2.
35 Cfr. Yexue rizhi shoujuan [Primo volume del diario della Scuola serale], in WG, pp. 96-108; MRP, pp. 145-156.
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La tematica dell’integrazione fra lavoro e studio cosi come quella del rapporto tra nuova scuola e nuova società, viene ripresa in considerazione in un interessante testo del dicembre 1919, Il lavoro degli studenti: Mao propone di fondare una specie di comunità utopica, di ispirazione tolstoiana e anarchica, un nuovo villaggio, un luogo per l’educazione, basato sul metodo studio-lavoro, che avesse «come idea fondamentale riunire nello stesso luogo la nuova famiglia, la nuova scuola e anche la nuova società»36.
Ma il risultato più importante della sperimentazione scolastica del giovane Mao è certamente rappresentato dalla fondazione della Università autodidattica dello Hunan, di cui, grazie al secondo volume, possiamo ora ripercorrere l’intero percorso teorico37. «L’uomo non può non cercare il sapere. Ciò richiede un luogo [difang] e un’organizzazione Izuzhiì»38: l’Università autodidattica si propone, attraverso un bilancio originale tra le forme tradizionali e quelle moderne dell’educazione, come luogo e organizzazione dell’educazione per l’Hunan. Scuola che per non ridursi al ruolo di amministratrice di un sapere precostituito, burocratico, per uscire dai vincoli della speculazione politica di governo, deve necessariamente autogestirsi, anche nella didattica.
Il suicidio della signorina Zhao. Fra il 14 e il 28 novembre del 1919 Mao abbandona tutte le sue attività per gettarsi a capofitto nella discussione di un fatto abbastanza comune all’epoca, il tragico suicidio di una giovane donna, costretta dalla famiglia ad un matrimonio combinato con un uomo anziano e sgradevole. In parte forse per una situazione psicologica particolare (la madre era morta il mese precedente), Mao sembra dedicarsi a questo fatto con un’intensità straordinaria anche per lui: dieci articoli in due settimane, di cui finora si aveva solo una conoscenza parziale e frammentaria39. In uno stile chiaro ma carico di partecipazione emotiva, vengono affrontati alcuni fra i temi fondamentali di quel «movimento di
36 Cfr. Xuesheng zhi gongzuo, 1-12-1919, in WG, pp. 449-457; MRP, pp. 450-456.
37 Per una raccolta completa di tutti i testi (non solo di Mao) relativi all’Università autodidattica si veda Zhang Tengxiao, a cura di, Zhongguo Gongchandang ganbu jiaoyu yanjiu ziliao congshu (Di yi ji, Hunan Zixiu Daxue ji Xiang Jiang Xue Xiao) [Collezione di materiale di ricerca sull’educazione dei quadri del Partito comunista cinese (voi. 1, L’Università autodidattica dello Hunan e la Scuola del Fiume Xiang)], Beijing, Zhongguo Renmin Daxue Chubanshe, 1988.
38 Mao Zedong, Hunan zixiu daxue chuangli xuanyan [Manifesto di fondazione dell’Università autodidattica dello Hunan], in JD, pp. 119-123.
39 I dieci articoli si trovano alle pp. 413-448 del WG, e alle pp. 421-444 del MRP. Su frammenti di questi articoli finora conosciuti si basano le traduzioni di Roxane Witke inserite nel suo articolo Mao, Women and Suicide in thè May Fourth Era, in «China Quarterly», 31, luglio-settembre 1967, pp. 123-147.
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nuova cultura» che proprio pochi mesi prima aveva raggiunto il suo apice: istituzione del matrimonio, critica al sistema familiare, superstizione, il rapporto fra sessi e quello fra diverse generazioni.
L’analisi di Mao è stringente, lucida e lapidaria: la colpa di questo «crimine» non è da ricercarsi tanto nella personalità della suicida, a cui, come sostiene Mao, non era neppure concesso di possedere una propria personalità. E forse neppure nelle famiglie della sposa e dello sposo: «l’origine del loro crimine risiede nella società»40, conclude Mao. E finché si permetterà al «capitalismo e ai vecchi» di interferire nel matrimonio, fatti di questo genere si ripeteranno: solo quando il «matrimonio capitalista» (cioè basato sull’interesse economico) sarà abolito «solo allora si potrà fondare, un matrimonio basato sul vero amore»41.
La Repubblica dell’Hunan. Fra la fine del 1919 e il primo semestre del 1920 Mao è particolarmente attivo nel movimento per l’espulsione di Zhang Jingyao, governatore militare dell’Hunan, contro il quale scrive una quindicina di testi (lettere, petizioni, articoli)42: è per raccogliere consensi e appoggi a questo movimento che Mao si reca per la seconda volta a Pechino, dove soggiorna dal dicembre 1919 al marzo 1920. Quando finalmente Zhang Jingyao viene cacciato daU’Hunan, non tanto per merito dei compagni di Mao, quanto per una serie di lotte militari, nella regione si sviluppa un forte movimento a favore dell’autonomia e dell’indipendenza della regione. A questo dibattito, particolarmente intenso fra il settembre e l’ottobre 1920, Mao prende parte in prima persona come sostenitore dell’autogoverno hunanese: scelta questa che non ha mancato di suscitare perplessità fra gli storici43.
La documentazione completa che ci fornisce il Wengao permette di comprendere con chiarezza quale fosse realmente la posizione di Mao all’interno del dibattito sull’autonomia. Di fronte ad una situazione in cui le istituzioni repubblicane, ben lungi dall’essere un fattore di unificazione nazionale, erano preda degli interessi localistici dei vari signori della guerra e in cui l’Hu-nan, per la sua posizione geopolitica, era devastato dalle lotte fra gli eserciti dèi vari governatori militari, Mao decide di abbandonare qualsiasi progetto di riforma nazionale. «Non c’è alcuna speranza di stabilire un governo po-
40 «Shehui wan’e» yu Zhao nushi [I mali della società e la signorina Zhao], 21-11-1919, in WG, p. 425; MRP, p. 427.
41 Lian ai wenti - shaonianren yu laonianren [La questione dell’amore - Giovani e vecchi], 25-11-1919, in WG, p. 437; MRP, p. 441.
42 WG, pp. 458-461 e pp. 651-670; MRP, pp. 457-516.
45 L’opera più completa sul movimento indipendentistico hunanese si deve ad A. McDonald, Mao Tse-tung and thè Hunan Self-Goverment Movement, 1920: An Introduction and Fine Translations, in «China Quarterly», 68, dicembre 1976, pp. 1-55.
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polare [minzhi] in Cina nei prossimi vent’anni»44, afferma, e, parafrasando Hu Shi ribadisce: «io propongo di non parlare di politica del governo centrale per vent’anni»45. E quindi più per una necessità pratica e contingente che Mao si dichiara contrario all’unificazione, è per aver compreso l’impossibilità presente di uscire dalla falsità della «grande Cina» che si schiera per la verità rappresentata dalle «molte Cina». Il movimento si concluderà in un nulla di fatto, con la presa del potere da parte di un nuovo signore della guerra, e con la fine di quello a cui Mao aveva frettolosamente attribuito addirittura il nome di «governo rivoluzionario»: ma i testi degli anni successivi dimostrano come proprio il fallimento di questo esperimento autonomistico abbia indotto Mao a ripensare ex-novo la sua strategia contro i signori della guerra per un governo popolare.
Scioperi operai. Dopo la fondazione del Partito comunista cinese (Shanghai, giugno 1921), Mao, a parte l’esperienza della Hunan Zixiu Daxue, sembra dedicarsi quasi esclusivamente ad una serie di attività condotte sotto l’egida del partito: fondazione e ampliamento delle sezioni comuniste, reclutamento di nuovi membri per la Lega dei giovani socialisti, ma soprattutto l’organizzazione a Changsha di un movimento operaio e di una Unione dei lavoratori. Mao fu segretario del Sindacato dei lavoratori hunanesi (Hunan laogong hui) dal giugno del 1921 fino all’aprile del 1923, due anni in cui il movimento del lavoro di ispirazione comunista riuscì a soppiantare completamente sia le tradizionali corporazioni, che le nuove e diffuse associazioni anarchiche. Il successo delle organizzazioni comuniste fu rapidissimo e culminò nei grandi scioperi che scossero Changsha e l’intera provincia durante il 1922-23: più di 28.000 operai vennero mobilitati ed organizzati in meno di due anni46. A un successo talmente rapido segui una disfatta altrettanto improvvisa, quando
44 Hunanren zai jin yibu [La gente dell’Hunan deve fare un altro passo avanti], 11-61920, in WG, p. 484; MRP, p. 523.
45 Fandai tongyi [Contro l’unificazione], 10-10-1920, in WG, p. 533; MRP, p. 581. La frase di Hu Shi (1891-1961) riformista «moderato» ed educatore di ispirazione deweya-na, era esattamente «non parlare di politica e non fare politica per vent’anni» (cfr. B. Keenan, The Dewey Experiment in China, Educational Reform and Politicai Power in thè Early Repuhlic, Cambridge, Mass., Harvard U.P., 1977, p. 26). Il Wengao offre nuova evidenza dell’influenza di Hu Shi su Mao, che fu sicuramente più rilevante rispetto a quanto gli storici della Repubblica popolare cinese abbiano voluto farci credere: in questo caso specifico, mi sembra di poter registrare un tentativo da parte di Mao di recuperare un senso all’improduttiva posizione antipolitica di Hu Shi, all’interno del rapporto regione-stato centrale. Qui, come in altri scritti dell’epoca, la politica in cui Mao dichiara di non volersi immischiare, non è tanto la politica tout court, quanto quella politica incarnata dalle fallimentari istituzioni nazionali.
46 Cfr. L.N. Shaffer, Mao Tse-tung and thè Hunan Lahor Movement, New York, Columbia University Ph. D. dissertation, 1974, in cui si analizzano nel dettaglio quattro
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con l’incidente del 7 febbraio, la reazione armata dei signori della guerra soppresse nel sangue il movimento operaio.
Gli otto testi contenuti nel /D47, sei dei quali inediti, mostrano quale fu il ruolo di Mao nell’organizzazione del sindacato operaio, un ruolo, che in assenza di testimonianze dirette, era stato messo in discussione e spesso sottovalutato48. D’altro canto fu proprio attraverso il contatto diretto con i lavoratori di Changsha, attraverso l’esperienza del successo e del tragico fallimento del movimento operaio hunanese che cominciò a prendere forma in Mao la convinzione dell’assoluta necessità di una mobilitazione contadina, che diventerà il tema centrale della sua speculazione e della sua attività nel periodo successivo49.
Il primo fronte unito. Dal 1923 Mao, ormai abbandonata qualsiasi prospettiva di autonomia regionale, partecipa attivamente alla politica di collaborazione con il Guomindang (il cosiddetto «Primo fronte unito»), che per circa quattro anni, sarà il cardine della strategia rivoluzionaria del Partito comunista cinese: scopo finale di questa alleanza la riunificazione del paese, attraverso una spedizione militare verso il nord, controllato dai signori della guerra. In questi anni, Mao occupa cariche importanti nel Pcc e, soprattutto, nel Gmd: partecipa ai lavori del primo e del secondo congresso del Gmd (gennaio 1924 e gennaio 1926) in cui viene eletto membro del comitato centrale esecutivo; dall’estate del 1923 agli inizi del 1924 dirige lo «Xiangdao zhoubao» [Settimanale guida]; nel 1925, in qualità di responsabile dell’ufficio di propaganda del Gmd, pubblica e dirige lo «Zhengzhi zhoubao» [Settimanale politico]; dal 1926, poi, è direttore dei corsi presso l’Istituto del movimento contadino di Canton50.
I testi di questo periodo sono per la maggior parte già noti, ma la nuova edizione comprende tutta una serie di scritti «di contorno», attraverso i quali è possibile seguire nel dettaglio il processo di maturazione da parte
fra gli scioperi più importanti. Allo sciopero degli operai edili è dedicato un articolo della stessa autrice, Mao Ze-dong and thè October 1922 Changsha Construction Workers’ Strike: Marxism in Preindustriai China, in «Modem China», voi. 4, n. 4, ottobre 1978, pp. 379-418.
47 JD, pp. 128-131, pp. 144-145, pp. 523-549.
48 Va ricordato che assieme a Mao, altri dirigenti del calibro di Liu Shaoqi e Li Lisan contribuirono al lavoro organizzativo.
49 Day, fra gli altri, sostiene che proprio in questo periodo, con il contatto con lavoratori di origine contadina, si possa rintracciare l’origine della coscienza di un ruolo dei contadini nella rivoluzione. Cfr. H.M. Day, op. cit., p. 149.
50 Per una trattazione completa delle attività di Mao durante questo periodo, si veda Li Yongqin, Mao Zedong yu da geming [Mao Zedong e la grande rivoluzione], Chengdu, Sichuan renmin chubanshe, 1991.
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di Mao della strategia di mobilitazione contadina: è possibile quindi chiarire il rapporto spesso contraddittorio fra il formarsi di questa consapevolezza e l’adesione attiva e partecipe al Fronte unito, nonché il faticoso percorso logico attraverso il quale Mao cerca, senza successo, di porre al centro della strategia dei due partiti proprio la questione contadina.
Fra gli inediti più importanti di questo periodo vanno ricordati i suoi interventi al primo congresso del Gmd, e in particolare le quattro mozioni formulate durante il congresso, in cui Mao propone una decentralizzazione a livello locale dell’organizzazione partitica51. Sicuramente uno dei risultati filologici di maggiore rilevanza di questa edizione è la pubblicazione integrale della prima edizione di Analisi delle classi della società cinese, datata 1° dicembre 1925, vale a dire di alcuni mesi precedente alle edizioni finora conosciute: una retrodatazione che, per quanto minima, ha un grande valore per una corretta comprensione dello sviluppo del pensiero maoista52. Alla famosa domanda posta in questo testo «chi sono i nostri amici, chi sono i nostri nemici» Mao darà una prima risolutiva risposta nei grandi scritti sulla questione contadina dei mesi successivi.
La questione contadina. La scoperta politica del ruolo dei contadini all’interno della rivoluzione, viene tradizionalmente collocata in coincidenza con il soggiorno di Mao nel villaggio natale, fra l’inverno del 1924 e l’autunno del 192553: in realtà, come la nuova edizione aiuta a comprendere, si trattò di un processo lungo e complesso, condotto sostanzialmente da una posizione minoritaria, e che negli anni 1926-27 raggiunse la piena consapevolezza. Dalla certezza che «il problema dei contadini è il problema centrale della rivoluzione nazionale»54 e che senza la partecipazione dei contadini la rivoluzione non potrà ottenere alcun risultato; all’inchiesta contadina come procedura primaria per comprendere le necessità e i desideri delle masse contadine, vale a dire l’unica verità rivoluzionaria con cui si deve confrontare l’organizzazione di partito: tutto il percorso con cui Mao arriva a definire la sua «svolta contadina» è documentato fin nei dettagli55.
51 JD, pp. 191-195.
52 II testo incluso nelle Opere scelte, riveduto in più parti è datato marzo 1926, ed è stato incluso nel ]D di seguito alla nuova edizione (cfr. JD, pp. 219-241); il testo del MZJ risale invece al 1° febbraio 1926.
53 Riferendosi a quel soggiorno Mao stesso racconta a Snow: «Fino ad allora non avevo valutato nella giusta misura l’importanza della lotta di classe tra i contadini» (E. Snow, op. cit., p. 185 dell’ed. it.).
54 Guomin geming yu nongmin yundong [La rivoluzione nazionale e il movimento contadino], 1-9-1926, in ]D, p. 589.
55 Per ulteriori informazioni sul movimento contadino nell’Hunan, si veda Hunan nongmin yundong ziliao xuanbian [Antologia di documenti sul movimento contadino
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Fra gli scritti degli anni 1926-27 relativi alla questione contadina contenuti in questa antologia (circa 150 pagine per la gran parte inedite) va segnalata innanzi tutto la nuova edizione del Rapporto d’inchiesta sul movimento contadino dello Hunan, che presenta numerose differenze rispetto alla versione inclusa nelle Opere scelte (riveduta anni dopo dallo stesso Mao) e da quella MZJ56. Di notevole interesse sono anche i quattro interventi con cui Mao contribuì all’assemblea del Comitato per la terra dell’aprile del 192757: è interessante notare come di fronte all’ormai evidente crisi dell’alleanza Pcc-Gmd e alla sua personale emarginazione all’interno del partito, Mao non rinunci a proporre soluzioni sempre piu radicali al problema contadino, quali la confisca forzosa delle terre dei grandi proprietari.
Alla questione contadina e al problema dell’educazione dei contadini sono dedicate le due lezioni tenute da Mao presso l’Istituto per il movimento contadino di Canton58: oltre ad offrirci un esempio dello stile didattico di Mao questi due inediti rappresentano una sintesi di grande chiarezza su un problema «complesso e importante», ma che, come sostiene lo stesso Mao, «non è mai stato studiato prima».
Organizzare la singolarità. Questo pur schematico riassunto di parte del contenuto delle nuove edizioni, dovrebbe comunque essere sufficiente per fornire un’idea se non altro della vastità del materiale ivi raccolto e della varietà di modi, forme, temi ed esperienze che Mao affronta nei quindici anni qui presi in esame. A questo punto ci si potrebbe chiedere cosa costituisca l’unità, se di unità si può parlare, di tutto questo materiale. Se non per il pericolo di cadere nella psicologia storica, si potrebbe rispondere facendo riferimento al «temperamento» di Mao; più correttamente, si deve parlare di un atteggiamento, di uno stile nell’affrontare la realtà. Di fronte agli eventi, e in particolar modo agli eventi politici, Mao si pone sempre dal punto di vista della singolarità dell’evento stesso, nel tentativo di conoscere e comprendere ciò che di questo evento costituisce l’unicità, ciò che lo differenzia dalla situazione precedente. E questa comprensione può avvenire solo dall’interno della singolarità: dalla associazione studentesca all’autogoverno hunanese, dalla signorina Zhao al movimento
dell’Hunan], a cura del Museo della rivoluzione cinese e del Museo provinciale dell’Hu-nan, Beijing, Renmin chubanshe, 1988, e W. A. McDonald, The Urban Origins of Ru-ral Revolution. Elites and thè Masses in Hunan Province, China, 1911-1927, Berkeley and Los Angeles, Un. of California Press, 1978.
56 ]D, pp. 418-493 (anche in questo caso è riportata di seguito la versione delle Opere scelte}.
57 JD, pp. 503-514.
58 JD, pp. 599-631.
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contadino, Mao sembra possedere la peculiare capacità di trovarsi sempre «nel mezzo» delle cose.
Questo atteggiamento, questo buttarsi a capofitto potrebbe essere liquidato semplicemente come un grande attivismo, o, dai più malevoli, come espressione di un grande protagonismo, se non fosse sempre accompagnato da una necessità profonda, quasi fisiologica, di organizzazione', gli innumerevoli statuti e regolamenti di associazioni spesso effimere, le tante pagine di diari e rapporti, curati fin negli aspetti più pratici, sono testimonianza di questa instancabile tensione per l’organizzazione. Organizzazione che non può, per Mao, essere pensata come successiva alla conoscenza, ma che anzi rappresenta l’unico modo con cui sia possibile rapportarsi alla singolarità dell’evento, sia esso la crisi della scuola, l’autonomia regionale, o il movimento contadino59. Questa necessità di organizzare la singolarità degli eventi resta costante nell’evoluzione del pensiero maoista, anche se mutano (e non potrebbe essere altrimenti) i modi in cui essa si esprime. Due testi riassumono, a mio parere, meglio di qualsiasi altro due momenti cardine di questa evoluzione nel rapporto tra organizzazione e singolarità: il primo, lo Statuto della Società per lo studio dei problemi60, scritto poco dopo il movimento del quattro maggio, incarna appieno lo spirito dell’epoca. Il testo è costituito da una straordinaria rassegna di questioni (divise in 71 gruppi), una specie di summa dei problemi della nuova cultura, che Mao propone ai membri della società di studiare e affrontare teoricamente. I problemi, vale a dire «tutte quelle cose e quei principi, essenziali o meno alla vita dell’uomo con temporaneo, che non sono ancora stati risolti e che influenzano il progresso della vita dell’uomo contemporaneo»61, sono potenzialmente infiniti, e la lista proposta da Mao potrebbe allungarsi indefinitamente. Allo stesso modo, se è vero che per formare una associazione bastano due persone (forse addirittura un solo individuo)62 e un problema da studiare, allora anche il numero delle associazioni è potenzialmente infinito. In sostanza, Mao, con la Società per lo studio dei problemi, viene a proporre una sorta di «matrice» per tutte le possibili organizzazioni (in questo caso, teoriche): la molteplicità dei problemi richiede quindi una molteplicità coerente dei modi di affrontarli.
Otto anni dopo, con l’inchiesta sul movimento contadino dello Hunan Mao porta a compimento la sua ricerca di una «procedura di verità», di
59 Cfr. B. Womack, op. cit., pp. 62-63.
60 Wenti yanjiuhui zhangcheng, in WG, pp. 3 96-403; MRP, pp. 407-413.
61 WG, p. 396; MRP, p. 407.
62 Nello stesso testo Mao, parlando dei metodi di studio, cita per primo lo studio individuale; in una lettera a Luo Xuekan (26-9-1920), in riferimento al sistema matrimoniale tradizionale, Mao fa riferimento ad una «alleanza per il rifiuto del matrimonio» che dichiara di aver già formato da solo (cfr. WG, p. 567; MRP, p. 609).
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un metodo per la comprensione della singolarità politica63. Il metodo dell’inchiesta rappresenta per Mao il procedimento pratico attraverso il quale trovare finalmente una soluzione a quella questione tattica fondamentale espressa all’inizio dACAnalisi delle classi', «chi sono i nostri amici? chi sono i nostri nemici?». La scoperta cruciale del ruolo politico centrale dei contadini, che il centro di gravità del partito rivoluzionario «si cela tra la grande maggioranza delle masse contadine sfruttate»64 porta con sé la necessità di un numero sempre maggiore di elementi rivoluzionari che vadano nei villaggi, «prendano le mani dei contadini e chiedano loro quali sono le loro sofferenze, quali i loro bisogni»65. Se quel «centro di gravità», da cui dipende il successo del partito, è celato, nascosto tra le masse, l’inchiesta rappresenta il metodo per trovarlo: all’interno delle masse l’inchiesta permette di decodificare ed organizzare la pluralità dei ruoli politici, i diversi atteggiamenti nei confronti della rivoluzione. L’analisi e il metodo proposti da Mao si pongono consapevolmente in una posizione di antitesi netta rispetto all’unicità di quello che si stava ormai definendo come il «centro» dell’impresa rivoluzionaria, il luogo politico «per eccellenza», vale a dire il partito66: alla formulazione dogmatica e «prefabbricata» di un antagonismo di classe, Mao oppone la ricerca di una pluralità di ruoli politici; al compito di supporto docile che il fronte unito attribuiva alle masse contadine, Mao oppone la capacità e la necessità da parte dei contadini di essere fino in fondo «soggetti attivi» della rivoluzione67. E soprattutto all’idea stessa di un governo centrale «salvatore», portatore delle certezze e delle vittorie sovietiche, Mao contrappone, attraverso l’analisi e la scomposizione della realtà sociale delle campagne, la molteplice verità dei diversi e mutevoli luoghi della politica, celati appunto fra le masse sfruttate. Proprio in questa opposizione e in questa ricerca di pluralità si può già ritrovare una prima ragione per cui non è possibile considerare il
63 Cfr. il già citato Rapporto d'inchiesta sut movimento contadino dell'Hunan, in JD, pp. 418-493.
64 Risoluzione sulla propaganda del II Congresso nazionale del Guomindang, riportato in H.M. Day, op. cit., p. 240.
65 Guomin geming yu nongmin yundong, cit., in JD, p. 391.
66 Proprio per questa scelta in netto contrasto con l’idea di un unico possibile luogo politico, Mao si ritrovò, all’interno del partito, a dover occupare una posizione minoritaria, periferica, di sostanziale emarginazione: posizione che rimase fondamentalmente invariata almeno fino alla Lunga Marcia.
67 «L’occhio del contadino non sbaglia. I contadini si rendono perfettamente conto di chi è cattivo e di chi non lo è ...», scriveva Mao nel Rapporto (cfr. Opere scelte, cit., p. 24). Nello stesso testo, più oltre, Mao affermava la necessità che fossero gli stessi contadini, una volta raggiunta la piena coscienza, ad abbattere gli idoli religiosi, simbolo dell’oppressione, che essi stessi avevano contribuito a creare (ivi, p. 44).
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maoismo solo come una combinazione tra marxismo e rivoluzione cinese: o almeno, non senza «aggiungere che quel che di più interessante il maoismo ha lasciato va ricercato nei resti incongiungibili di quella combinazione»68.
Fra lo «studio dei problemi» come metodo per organizzare la molteplicità delle questioni e l’inchiesta contadina, quale procedura di verità per la scoperta di nuovi, fondamentali soggetti politici, è compreso quasi interamente lo sviluppo del pensiero politico di Mao in questi quindici anni: una serie di questioni, a mio parere di estremo interesse, e che per dirla con lo stesso Mao, forse non sono mai state studiate prima.
68 A. Russo, op. cit., p. 123.