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Titolo
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Bandiera tricolore con motivo floreale
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Creator
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Manifattura sconosciuta
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Spatial Coverage
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ignoto
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Date Created
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1861 circa
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Temporal Coverage
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post 1848
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Format
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tessuto dipinto, 88 x 79 cm, rettangolare.
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Source
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https://bbcc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=53318
Faenza (Ravenna), Museo del Risorgimento e dell’Età Contemporanea, n. U.1.
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Rights
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© Museo Risorgimento Faenza
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Subject
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tricolore
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Description
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L’elemento botanico si ricollega a uno dei temi patriottici per eccellenza, ovvero il tricolore. Nelle collezioni del Museo del Risorgimento di Faenza è conservata una bandiera che reca al centro un fiore a cinque petali (due rossi, due bianchi, uno verde), a cui è a sua volta incastonata una stella a cinque punte. Sotto il fiore – molto simile a una viola – è presente l’iscrizione «Viva l’Italia». L’esistenza di questa bandiera nelle collezioni del museo faentino è segnalata fin dalla sua fondazione, in occasione della Esposizione Regionale Romagnola di Ravenna del 1904. L’oggetto ha una storia particolare: si dice sia stato sottratto nel 1861 dal maggiore Clemente Querzola, originario di Faenza, che prese parte a tutte le guerre di indipendenza, ai briganti della Capitanata, che l’avevano sottratta alla Guardia Nazionale. Nel 1860-1861, infatti, in quella particolare zona della Puglia fu scossa da una serie di proteste e disordini, sfociati in un’apposita campagna contro il brigantaggio (Capone 2015).
Come è noto, il tricolore italiano quale bandiera nazionale nacque il 7 gennaio 1797 a Reggio Emilia, su proposta del deputato del Parlamento della Repubblica Cispadana, Giuseppe Compagnoni. A quell’epoca le sue bande erano disposte talvolta verticalmente all’asta, talaltra orizzontalmente. In seguito, al principio del secolo successivo, esso assunse la forma quadrata con tre quadrati racchiusi uno nell’altro. Abolito alla caduta del Regno Italico, il tricolore fu ripreso nella sua variante rettangolare dai patrioti del 1821 e del 1831 e durante i moti del 1848 divenne il simbolo di una riscossa nazionale che attraversò tutta l’Italia. La particolarità della rappresentazione sulla bandiera conservata presso il museo faentino consiste nel fatto che essa riconduce alla radice etimologica del termine tricolore, ovvero alla sua origine botanica, seguita alla volgarizzazione del termine latino viola tricolor, nome scientifico di quella particolare varietà floreale meglio nota come viola del pensiero. Il vocabolo è, di fatto, una delle numerose «mutuazioni francesi» del Risorgimento italiano, sia dal punto di vista dei colori che da quello semantico: un «francesismo araldico […] tra i più tangibili di un’influenza culturale e politica oltramontana così profonda da lasciare tracce indelebili in molti altri aspetti del processo di nation building» (Tomasin 2010, p. 59). Ma la connessione tra il tricolore e il mondo floreale non si arrestava all’ambito della rappresentazione visuale. Nel corso dell’Ottocento, infatti, si assistette alla diffusione di un gran numero di stornelli, canzoni e poesie popolari in onore del vessillo nazionale con precise allusioni botaniche. Il brigidino, uno dei più famosi Stornelli italiani raccolti da Francesco Dall’Ongaro (datato «Siena, 4 agosto 1847»), così recitava: «E lo mio amore se n’è ito a Siena, / M’ha porto il brigidin di due colori. / Il bianco gli è la fè che c’incatena, / Il rosso l’allegria de’ nostri cori. / Ci metterò una foglia di verbena, / Ch’io stessa alimentai di freschi umori, / E gli dirò che il rosso, il verde, il bianco / Gli stanno bene, colla spada al fianco. / E gli dirò che il bianco, il verde e il rosso, / Vuol dir che Italia il suo giogo l’ha scosso. / E gli dirò che il bianco, il rosso, il verde / È un terno che si gioca e non si perde» (Dall’Ongaro 1963, p. 15). Con il termine brigidino, infatti, si indicavano all’epoca le coccarde, per la somiglianza con certi dolci popolari toscani che dovevano il loro nome alle monache di Lamporecchio, devote a Santa Brigida. Dello stesso autore lo stornello intitolato La camelia toscana (Firenze, 1847), lo stornello giocava sul mettere insieme i colori della dinastia Austro Lorenese, il bianco e il rosso, col verde delle foglie, e leggenda vuole che Garibaldi lo cantasse a Montevideo prima di salpare per l’Italia: «Bel fior che in rosso e in bianco vi tingete / E fra due verdi foglie vi posate, / Ditemi da qual terra esule siete? / Ditemi in che stagion vi colorate?» (Dall’Ongaro 1963, p. 20). Lo stesso tema si ritrova nei versi di Giuseppe Regaldi, composti nel febbraio del 1848: «Bella Italia, su’ tuoi gioghi / Fioccan nevi e freme il gelo; / Pur ti diè nel verno il cielo / Dell’aprile il primo onor; / Ti diè un fiore – tricolore, / Che d’Italia è il più bel fior» (Regaldi 1848, p. 103). Un altro celebre canto popolare dell’epoca, quello del Giovanettin dalla pupilla nera, riproponeva il tema botanico: «– Giovanottin dalla pupilla nera, / Dimmi, qual’ è [sic] il color di tua bandiera? / – Se una rosa vermiglia e un gelsomino / A una foglia d’allôr metti vicino, / I tre colori avrai più cari e belli / A noi che in quei ci conosciam fratelli; / I tre colori avrai che fremer fanno / L’insanguinato imperator tiranno. / Beato il dì che li vedrà Milano! / Sono Italiano» (Anonimo 1887, p. 140). Al contrario, la parodia di un rispetto popolare diffuso a Firenze e a Livorno alludeva all’insegna gialla e nera dell’Austria: «Tonino che tornò da Barlassina / Portommi un fiorellin di due colori: / Il giallo, un’itterizia malandrina, / Il nero, il lutto delli nostri cori. Io v’unirò una zampa di pollina / Usa a raschiar ne’ più fetenti odori, / E gli dirò che il dindio, il giallo e il nero / Emblema son d’un aborrito impero. / E gli dirò che il dindio, il nero e il giallo / Treman perché l’Italia torna in ballo; / E gli dirò che il nero, il giallo e il pollo /Andranno, quanto prima, a rompicollo» (Martini 1892, pp. 25-26). Il collegamento fiore-tricolore si ritrova poi in una serie di oggetti di uso quotidiano, come il ventaglio tricolore a forma di fiore conservato presso le collezioni del Museo del Risorgimento – Leonessa d’Italia di Brescia.
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Contributor
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Elisa Bassetto
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Bibliographic Citation
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Anonimo, Sono italiano. Canto popolare, in Metodo pratico e naturale per lo studio della lingua italiana, proposto agli studenti americani da T. E. Comba, New York, W.R. Jenkins, 1887, Parte 2. I. Poesie o canti polari, pp. 140-141.
M. Baioni, La Romagna in mostra. L’Esposizione Regionale Romagnola di Ravenna del 1904, in «Memoria e Ricerca», 6, 1995, pp. 99-113.
G. Ballardini, Come fu fondato il Museo del Risorgimento Nazionale a Faenza (1 dicembre 1904), in «La Romagna. Rivista di storia e di lettere», 3-4, 1909, pp. 173-177.
A. Capone, Legittimismo popolare e questione demaniale: I repertori della protesta nella Capitanata del 1860-1861, in «Meridiana», 84, 2015, pp. 213-235.
F. Dall’Ongaro, Stornelli italiani, Milano, G. Daelli e Comp. Editori, 1863.
P. Martini, Diario livornese. Ultimo periodo della rivoluzione del 1849, Livorno, Tip. della Gazzetta Livornese, 1892.
G. Regaldi, Canti nazionali, Napoli, [s.n.], 1848.
L. Tomasin, Tricolore, in «Lid’O. Lingua italiana d’oggi», VII, 2010, pp. 59-63.